Furto da “Gal Sport”: tutti fermati i presunti autori, un processo già celebrato, a breve un altro

Ripercorriamo come, a quattordici mesi dai fatti e alla vigilia dell'avvio di un nuovo procedimento, le quattro persone ritenute responsabili del colpo da 200mila euro nel negozio aostano sono state individuate dalla Questura e dove sono state fermate.
Gli autori del furto
Cronaca

Tecnicamente, il caso non può dirsi chiuso, perché mancano ancora delle sentenze, ma per la Polizia il lavoro è finito. La palla passa ora alla magistratura, con una sentenza di condanna già arrivata e un altro processo in calendario per la prossima settimana. Parliamo del furto perpetrato, nella notte tra il 6 e il 7 novembre 2016, ai danni del negozio “Gal Sport”, nel piazzale della telecabina per Pila, ad Aosta. Delle cinque persone emerse dalle indagini come responsabili, quattro sono state arrestate (due lontano dall'Italia, in forza dei mandati internazionali spiccati nei loro confronti) e la quinta ha visto stralciata la sua posizione, per aver dimostrato la sua estraneità ai fatti.

Quel mattino di poco più di un anno fa, Roberto Gal, il titolare dell'attività, arriva alle 8 del mattino per aprire, come sempre. La scena che si trova davanti è di devastazione, ma la forza della natura non c'entra, a colpire è stato il crimine: ignoti hanno sfondato il cancello, la porta d'ingresso del negozio e messo tutto a soqquadro, per arraffare ciò che gli interessava. Da subito, non era parsa opera di sprovveduti. Non solo avevano puntato sui capi maggiormente pregiati – giacche Salomon, Millet, Rossignol e orologi Sunto, per un valore non lontano dai 200mila euro – ma si erano anche portati via l'hard disk del sistema di videosorveglianza dei locali, che li aveva immortalati.

Il proprietario allerta la Questura. Dopo i rilievi tecnici, il caso viene seguito dalla terza sezione della Squadra mobile, quella che si occupa dei reati contro il patrimonio. L'assenza di immagini è una bella ipoteca sulla soluzione, ma di impianti in zona, a partire da quelli della vicina stazione della telecabina, ne esistono diversi altri e, nel cuore della notte, Aosta non vede certo il traffico senza fine di Manhattan: se si circola, difficile non incrociare qualche “occhio elettronico”.

Gli agenti, allora diretti dal commissario capo Mattia Falso, che nel frattempo è stato sostituito dalla dirigente Eleonora Cognigni che ne ha proseguito il lavoro, iniziano a comporre il puzzle, fotogramma dopo fotogramma. Mettono a fuoco, incrociando tutte le registrazioni recuperate, che per il “colpo” sono stati usati un furgone e un'auto e che la banda entrata in azione era composta da cinque persone, di cui determinano una prima identificazione. Arrivano, inoltre, a quella che reputano essere una “base” dei ladri, un casolare non lontano da Ivrea, a Borgomasino.

Manca poco alla primavera 2017 e nei corridoi del piano terreno degli uffici di corso Battaglione, alcuni lo ricordano come l'inizio di un periodo di “notti bianche”, affrontato assieme ai Carabinieri del comune piemontese, anche se biblioteche e musei sono fuori discussione. Quelle ore notturne servono a studiare, osservando i movimenti di ognuno, le relazioni tra gli occupanti dell'edificio e altre persone che vi gravitano attorno, tutte di nazionalità rumena. Il 13 marzo dell'anno scorso, un evento inatteso spinge ad accelerare l'operazione: uno degli “attenzionati” per i fatti di Aosta viene arrestato dai militari dell'Arma di Moncalieri, per rapina impropria. E' Adrian Razvan Tinca, 25 anni.

Il fatto rischia di compromettere l'attività in corso, per cui scatta l'irruzione nel casolare, nell'intento di eseguire gli altri quattro ordini di arresto. Tra quelle mura, però, c'è solo il fratello del precedente fermato, Valeriu Tinca, 23 anni, incensurato, che viene preso e condotto nel carcere di Ivrea. Degli altri presunti responsabili – il 31enne Dan Marius Rus, il 24enne Cristian Marinel Jarda e il 28enne Ioan Lucian Rus – non v'è traccia. Verosimilmente – è il ragionamento degli inquirenti – preoccupati per la situazione, hanno lasciato l'Italia (tutti avevano, tra l'altro, precedenti a carico) e vengono spiccati, su ognuno, dei mandati di cattura internazionali.

L'intuizione era giusta: il primo ad essere “pizzicato” è il maggiore dei due Rus, Dan Marius. La “Metropolitan Police” del Regno Unito gli mette le manette in un esclusivo quartiere di Londra, Belgravia, un giorno di maggio 2017. Alla Corte di Westminster, nelle settimane dopo, si susseguono le udienze per la sua estradizione. "Nemmeno un mese e, a giugno (ma lo si è appreso soltanto ora), nella rete finisce anche Jarda: inciampa nella “Police nationale” di Bordeaux, in Francia, dopo un furto aggravato in un esercizio commerciale. Controllandolo, gli agenti realizzano il mandato a suo carico e lo incarcerano. L'altro Rus, Ioan Lucian, viene stralciato dal fascicolo aperto alla Procura di Aosta (di cui è titolare il pubblico ministero Eugenia Menichetti): non era lui, per quanto somigliante, l'uomo nelle immagini.

Processualmente parlando, la prima sentenza arriva il 13 settembre scorso. Valeriu Tinca chiede di essere giudicato con rito abbreviato e il giudice Giuseppe Colazingari gli infligge un anno e quattro mesi di reclusione. Il procedimento a carico di Dan Marius Rus e Cristian Jarda è iscritto al ruolo dei dibattimenti monocratici al Tribunale di Aosta della prossima settimana, per la precisione per venerdì 19 gennaio. Dovranno rispondere, nell'udienza dinanzi al giudice Marco Tornatore, di furto aggravato in concorso.

Sono passati quattordici mesi dalla razzia nel negozio e la Polizia, indagando, ha cercato non solo gli autori, ma anche il bottino, determinando che purtroppo buona parte (si ritiene almeno il 90%) sia stato ricettato, finendo sul mercato sommerso. Una risposta che forse Roberto Gal (che già nel marzo 2015, ma nel negozio di Pollein, si era visto rubare otto bici da corsa, elettriche e mountain bike, per circa 30mila euro) immaginava, per quanto non sarà stato particolarmente soddisfatto di sentirla, ma – investigativamente – il cerchio attorno ai fatti del novembre 2016 si è chiuso. I processi che ancora mancano potranno confermarlo, o meno.

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