Incidente di Villeneuve, dopo quasi sette anni risarcimento milionario per l’ingegner Chabod

03 Gennaio 2018

Alla base dell'incidente che ha visto, il 16 marzo 2011, un grosso masso staccarsi da un terreno nel comune di Villeneuve e finire sulla strada sottostante, colpendo la macchina su cui viaggiava l'ingegnere Michel Chabod, rimasto gravemente invalido nel sinistro, vi sono "omissioni dei diversi soggetti in causa", tutte "interdipendenti una dall'altra".

Lo scrive nella sentenza del giudizio civile promosso dal libero-professionista e dalla consorte, oggi separata, il giudice del Tribunale di Aosta Eugenio Gramola. La pubblicazione del verdetto è di ieri, martedì 2 gennaio, e con lo stesso il magistrato condanna il progettista dei lavori di ammodernamento della strada Luciano David, la Regione (committente dell'opera) e il comune di Villeneuve (proprietario dell'arteria) a risarcire a Chabod danni per oltre un milione 528mila euro.

L'affittuaria del terreno da cui si staccò il masso, Anna De Santis, è stata assolta da ogni domanda, mentre il proprietario del fondo (la società semplice "Malga", con l'aostano Gianni Gabriele quale unico titolare di quote) dovrà versare – nuovamente assieme al geometra David ed alle amministrazioni regionale e comunale – 48mila euro all'ex moglie della vittima. Gabriele e De Santis sono, inoltre, imputati in uno dei procedimenti penali aperti a seguito dell'incidente ed è a tale sede che il giudice civile ha rinviato l'eventuale risarcimento da loro dovuto a Chabod, costituitosi in quel processo.

La mancata verifica dei rischi di frane

Secondo il giudice Gramola, nessuna delle parti condannate al risarcimento si è occupata "di verificare se i luoghi presentassero rischi di eventi franosi, pur dovendolo". Le rispettive "condotte omissive hanno cagionato l'evento", essendone "stata ciascuna 'conditio sine qua non'".

Il concorso di colpa è stato attribuito dal magistrato per il 10% a carico del proprietario del terreno ("che comunque non aveva specifiche competenze tecniche" ed è "ovviamente estraneo" ai lavori ed "all'esercizio della strada"), per il 20% al geometra David ("responsabile di una progettazione incompleta ed inadeguata"), per il 30% alla Regione ("che nulla ha rilevato circa l'incompleto progetto che ha fatto redigere, sì da giungere a disporne l'esecuzione senza minimamente curarsi della pubblica incolumità") e per il restante 40% al comune di Villeneuve ("cui era ben più che nota la pericolosità dei luoghi").

La sentenza poggia, in particolare, su una consulenza geologica che non è stata "oggetto di reali contestazioni" delle parti, ma della quale "ciascuno dei soggetti in causa estrae le parti che meglio gli accomodano", anche se le risultanze della stessa – osserva preliminarmente il giudice Gramola – sono "chiare, precise e prive di vizi logici nelle ampie ed attente motivazioni esposte".

In sostanza, i lavori di ammodernamento (iniziati nel 1989 e terminati nell'aprile 1990, sulla base del progetto del geometra David concluso nel maggio 1984) hanno visto un "muro a gravità di contenimento del versante" poggiato "direttamente al pendio, senza intercapedine di materiale drenante e senza un canale di gronda" che abbia "la funzione di intercettare le acque o il materiale fangoso proveniente da monte".

L'assenza di questi "sistemi di intercettazione", sottolinea il consulente tecnico, "ha comportato il 26 aprile 2004 l'invasione della carreggiata da parte di una colata di fango di 5-8 metri di larghezza, generata da una rottura dell'impianto di irrigazione sovrastante" e ciò "avrebbe dovuto rappresentare un segnale di allarme relativamente alla vulnerabilità della strada da parte di fenomeni innescati sul pendio sovrastante".

Non è tutto, perché i decreti ministeriali in vigore al momento della redazione del progetto e della deliberazione del finanziamento dell'opera prevedevano, per i lavori in questione, "come obbligatoria la redazione di una relazione geologica eseguita appositamente", sostituita negli elaborati progettuali – scrive il giudice – da una relazione tecnica "scarna e priva di qualsiasi riferimento alla geologia dei luoghi e alla stabilità dei versanti".

Vero è che, dopo l'incidente, il "comune di Villeneuve e la Regione sono subito intervenuti per la messa in sicurezza dei luoghi, collocandovi barriere paramassi", ma la loro necessità "avrebbe dovuto essere chiara sin dagli interventi di ammodernamento della strada", sia limitandosi a tenere conto delle "condizioni di rischio generico cui questa era sottoposta (tanto che nel 1997 l'area era stata dichiarata inedificabile proprio per ragioni di rischio idrogeologico)", sia che si fossero "acquisiti migliori elementi dalla relazione geologica" prevista dalle norme come obbligatoria, ma sostituita "con una generica relazione che nulla dice in ordine alla stabilità del versante sotto il profilo idrogeologico, quasi che occuparsi della possibilità di eventuali franamenti che possano interessare la sede stradale sia una sorta di superfluo optional".

Per il giudice, "appare dunque chiaro che mantenendo condotte diligenti, prudenti e rispettose dei principi tecnici" e quindi "istituendo prima e non dopo del fatto le protezioni oggi in essere sul tratto stradale ove si verificò l'evento, quest'ultimo non si sarebbe realizzato". Anzi, "a questo punto può dunque ritenersi provato che il fatto era prevedibile ed evitabile".

Le posizioni dei singoli

Dicendo poi delle condotte dei singoli, il magistrato Gramola annota come il proprietario del fondo Gianni, per la società "Malga", "ben sapeva della presenza del grosso masso" e "anche, ovviamente, di aver installato un impianto di irrigazione, a seguito della cui rottura in un'occasione aveva inondato di fango, detriti e blocchi lapidei la sede stradale", così come era infine a conoscenza "(o doveva sapere) che il proprio terreno era stato dichiarato inedificabile per la possibilità di eventi franosi".

Un insieme di conoscenze per cui "quantomeno doveva attivarsi per comunicare al comune la presenza del grosso masso" e "curare che il pericolo venisse rimosso". Una responsabilità non unica ("altri soggetti" – scrive il giudice – "hanno, con la propria condotta omissiva, contribuito concretamente e più gravemente dello stesso Gianni, a cagionare l'evento"), che non può essere estesa a carico della donna conduttrice del fondo, Anna De Santis, "che va quindi mandata assolta da ogni domanda".

Per parte sua, il progettista Luciano David avrebbe dovuto far presente al committente dell'opera (l'Amministrazione regionale), vista l'assenza di valutazioni geologiche, "che il proprio progetto non poteva essere posto in esecuzione se non previo accertamento delle condizioni di sicurezza della strada, e con riserva di integrare la progettazione sulla base delle risultanze degli accertamenti di carattere geologico".

La responsabilità della Regione, invece, è ritenuta "manifesta" per aver "disposto una progettazione rivelatasi insufficiente ed incompleta", non aver "fatto eseguire le integrazioni richieste dalle norme regolamentari in materia" ed aver "proceduto con l'esecuzione dei lavori in assenza di qualsiasi valutazione del rischio cui la strada poteva essere (e in realtà era) sottoposta, concorrendo in tal modo a cagionare l'evento".

Il comune di Villeneuve, infine, è responsabile "per non aver fatto sì che la cosa custodita non fosse sottoposta a generali situazioni di pericolo". L'amministrazione municipale aveva "classificato l'area tra quelle dissestate" e aveva già assistito ad un primo smottamento nell'anno 2004, che aveva interessato la sede stradale". "Nonostante tutto ciò – è la perentoria conclusione della sentenza – ha atteso che un masso di un metro cubo trasformasse un ragazzo di 34 anni in un invalido per mettere in sicurezza l'area".

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