La ‘Ndrangheta ad Aosta, all’ombra di piazza Chanoux

24 Gennaio 2019

Un’ombra si allunga sul Comune di Aosta. Nelle 920 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare indirizzata ai 17 indagati nell’inchiestaGeenna, infatti, si scorgono altri rappresentanti della politica regionale che non risultano comunque indagati.

Per quello che riguarda l’aula nell’ordinanza compaiono – e si ribadisce che non sono indagati – l’ex assessore ai Lavori pubblici Valerio Lancerotto e l’attuale assessore all’Istruzione Andrea Edoardo Paron, che vengono citati assieme all’ex assessore regionale Ego Perron.

Il provvedimento parla di “altri esponenti, come Paron Andrea, Lancerotto Valerio e Perron Ego (di cui si è detto), che hanno mantenuto legami con il sodalizio” a dimostrazione cioè della “capacità del medesimo nell’intrecciare rapporti con esponenti politici ed istituzionali di primo piano della realtà valdostana” e la sua “elevata capacità di penetrazione nelle istituzioni amministrative e politiche della Regione”.

“Durante le indagini – scrive il giudice per le indagini preliminari Silvia Salvadori – sono state intercettate alcune conversazioni dalle quali emerge come Antonio Raso e Marco Di Donato entrambi arrestati e considerati nell’indagine i capi del ‘locale’ in Valle) abbiano, almeno in parte, appoggiato anche Valerio Lancerotto”.

In una intercettazione telefonica Di Donato parla ad un conoscente che sta eseguendo una serie di lavori in Comune, e gli spiega: “buono buono! Vedi che è servito votare Lancerotto!”.

Sono gli inquirenti stessi, comunque, a sgomberare il campo poco dopo, non solo su Lancerotto ma anche sul conoscente di Di Donato. E lo scrivono chiaramente: “Va detto, tuttavia – si legge –, che l’appoggio degli esponenti del locale a Lancerotto Valerio è stato infatti marginale e, verosimilmente, dettato dalla necessità di mantenere buoni rapporti” con un altro conoscente “soggetto che ha dimostrato di essere in grado di stringere accordi con altri candidati alle elezioni in cambio di voti, senza tuttavia appartenere al sodalizio di tipo mafioso per cui si procede. Inoltre non sono state registrate conversazioni tra i promittenti i voti e Lancerotto o un suo intermediario”.

Per Paron – secondo l’ordinanza – si sarebbe spesa un’altra persona. Questi, scrive il gip, intercettato durante un incontro in una cantina in via Porta Pretoria ad Aosta “riferisce che per accreditarsi con il suo interlocutore, gli ha illustrato (ai suoi interlocutori, ndr) i recenti successi ottenuti in qualità di collettore di voti, facendo riferimento al fatto che in ben tre elezioni comunali i candidati da lui sostenuti fossero stati eletti”.

“Inoltre – scrive ancora il gip – nelle due ultime consultazioni elettorali per il Comune di Aosta, Andrea (Paron Andrea) aveva ottenuto un bel numero di voti nonostante si fosse candidato con un ‘partitino’”.

“Emerge chiaramente che i partecipanti all’incontro nella cantina di Via Porta Pretoria abbiano sostenuto con i loro voti Paron Andrea, candidato con la coalizione ‘Creare VDA’ alle ultime elezioni comunali di Aosta nel magg10 2015, il quale è stato eletto e ricopre attualmente la carica di Assessore”.

Gli arrestati

Dalle carte si scorrono le intercettazioni, telefoniche e ambientali, che hanno visto il consigliere regionale Marco Sorbara e quello comunale di Aosta Nicola Prettico – arrestati ieri – interloquire con diversi “attori”.

Centrale la figura di Antonio “Tonino” Raso, dal quale per gli inquirenti partivano tutti i “fili tirati”. E scrivono come sia “indubbio come Raso Antonio svolga un ruolo centrale nella tessitura delle relazioni tra il sodalizio e gli esponenti politici ed amministrativi che rivestono ruoli di rilievo a livello comunale e regionale”, tra intercettazioni telefoniche e ambientali prese all’interno del locale che dirige.

La “questione” calabrese

L’ordinanza calca sull’“appartenenza”, ma soprattutto sul bacino di voti dei cittadini di origine calabrese in Valle. Sorbara, in più di un’occasione – ma non solamente lui – si lamenta della scarsa coesione dei calabresi di origine.

In una lunga conversazione intercettata all’interno de “La Rotonda” il 20 marzo 2015, due mesi prima delle elezioni comunali, tra Raso, Petullà e Sorbara gli inquirenti vedono – e scrivono – un dato ai loro occhi preciso: “Durante la conversazione – si legge –, gli interlocutori ripercorrono varie fasi della politica aostana e nuovamente affermano la necessità di non disperdere i voti dell’elettorato calabrese, commentando che, se fossero stati più uniti, avrebbero potuto mettere in lista come vice sindaco di Aosta un ‘calabrese’. Così facendo quel candidato di origine calabrese, di diritto sarebbe entrato in Consiglio Comunale ed il resto dei voti avrebbero potuto essere dirottati su altri candidati calabresi”.

Sorbara, l’intercettazione è ambientale e nel ristorante, lo dice ai suoi interlocutori: “Sai qual è il problema? Che io continuo a dirlo eeeh in più occasioni… ho provato a dirvelo e ormai no… uno dei motivi per cui dico avanti seriamente l’altra sponda… perché se non si capisce e in particolar modo noi calabresi che se all’interno di una lista ci sono quattro o cinque che pescano dallo stesso posto…”.

E prosegue: “allora basta… allora certo che se oggi mettevano su… se oggi mettevano Sorbara vice sindaco…”.

Qui sta una delle chiavi dell’accusa, ed è scritto chiaro nell’ordinanza: “Sorbara propone la propria candidatura e chiede conferma ai suoi interlocutori di un loro forte sostegno elettorale sicuro di trovarsi davanti a coloro i quali possono fare la differenza”.

Ma non solo, si legge ancora: “Sorbara Marco, quindi, una volta eletto al Consiglio Comunale di Aosta e nominato Assessore per le politiche sociali si interfaccia continuamente, nella sua attività di amministratore pubblico, con esponenti del ‘locale’ di ‘ndrangheta che lo hanno appoggiato per le elezioni, ed in particolare con Raso Antonio in merito a questioni politiche e amministrative pertinenti alla Giunta, ricevendo dal ristoratore pure consigli sul da farsi”

Secondo gli inquirenti Raso, chiamando poi un’altra persona, lo conferma direttamente, parlando di Sorbara: “… lui qualsiasi cosa che, che, che… gli dà il cane per le mani, viene e mi dice: ‘Sai Tonino, passa questo cosa mi dici di fare’”.

Il “pacchetto” di Prettico

Nelle carte, stando agli inquirenti, c’è la prova dei voti che Raso riusciva a spostare. Nelle fattispecie in un caso segnalato la sera del 5 febbraio 2015 quando Raso telefona a Marco Di Donato e gli “rappresenta che Prettico Nicola, a causa della pressione della campagna elettorale, è molto inquieto al punto da arrivare a dubitare, del tutto immotivatamente, dell’appoggio” di Raso e Di Donato nella competizione elettorale.

I due “commentano stupiti i dubbi” di Prettico, con Di Donato che dice “ascolta, ogni volta mi dice: ma da Tonino sei passato no? Nicola devo passare… e passa passa, mi ha detto… ma c’è bisogno che me lo dici dieci volte, gli ho detto stasera… eh…”.

Nella presunta “compravendita” di voti una telefonata in cui per gli inquirenti si chiarisce che Prettico ha parlato con un interlocutore in Calabria “perché sta cercando l’appoggio elettorale della comunità sangiorgese dimorante in Valle d’Aosta”.

In cambio di una parte degli incassi della serata di inaugurazione della Discoteca Prince – di cui Prettico era uno dei gestori, serata comunque poi non fatta – da spedire in Calabria, sarebbero arrivati i voti diretti da San Giorgio.

L’interlocutore, intercettato, dice: “eh, ma secondo me lui lo fa, giustamente dice questi mandano sangiorgesi e io raccolgo voti”.

L’incontro tra Centoz e Raso

Nelle intercettazioni spuntano anche quelle ambientali, alla “Rotonda” tra il prossimo Sindaco di Aosta Fulvio Centoz – si parla del febbraio 2015 –, Raso e un altro interlocutore.

Per gli inquirenti Raso vuole “certificare ulteriormente la sua forza elettorale” e fa esempi di come sia riuscito a spostare o meno voti. “Inoltre, Raso si rivolge a Centoz Fulvio – si legge – chiedendogli esplicitamente se la sentisse (” … ma tu come te fa senti?’), intendendo chiaramente se avesse intenzione di gettarsi nella competizione politica. Centoz nel frangente prende tempo e non si sbilancia a dare una risposta definitiva ‘non lo so … adesso vediamo io non mi espongo’”.

Per gli inquirenti la prova che “scagiona” il Sindaco: “Non era necessario, oltretutto – prosegue l’ordinanza –, che nell’ambito della trattativa il metodo mafioso costituisse oggetto di esplicita pattuizione, in ragione della già nota caratura delinquenziale di Raso che, infatti, sottolinea lui stesso la sua capacità di procurare un elevato numero di voti, con un atteggiamento di evidente diffidenza da parte di Centoz (“io non mi espongo’), in realtà significativo della consapevolezza da parte del potenziale promissario dello status del suo interlocutore”.

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