Oltraggio e minacce ai finanzieri, 7 mesi all’ex deputata Cunial

27 Marzo 2024

Nei confronti della pattuglia della Guardia di finanza che la controllò nel centro di Aosta il 24 aprile 2021, in periodo pandemico, l’allora deputata Sara Cunial non commise rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale (reato da cui è stata assolta “perché il fatto non sussiste”), ma si rese responsabile di oltraggio e minaccia ai militari. E’ l’esito del processo all’ex parlamentare, chiusosi oggi, mercoledì 27 marzo, al Tribunale di Aosta, con la condanna dell’imputata a 7 mesi di reclusione, da parte del giudice monocratico Marco Tornatore.

La sentenza

La pena sarà sospesa se, entro tre mesi, Cunial risarcirà il danno, quantificato in 4mila euro, al finanziere costituitosi parte civile nel processo (che aveva avanzato, tramite il suo legale, una richiesta di 10mila euro). La sentenza include anche che l’ex onorevole si faccia carico del compenso dell’avvocato che ha assistito il militare, per quasi 3.600 euro. Nel decidere, il magistrato ha stabilito pure la trasmissione alla Procura degli atti relativi alle deposizioni di cinque testimoni sentiti in varie udienze, affinché venga valutata l’ipotesi di falsa testimonianza da parte loro. Il pm Francesco Pizzato aveva invocato una pena complessiva di 8 mesi.

Il processo sospeso a lungo

Il processo, iniziato il 4 febbraio 2022 (e durato quindi poco più di due anni), era rimasto a lungo “in pausa”, in attesa del pronunciamento della Camera dei Deputati sulla possibilità di procedere nei confronti dell’allora parlamentare, visto che l’imputata aveva sollevato la questione di insindacabilità rispetto ai fatti alla base del giudizio. Dopo il “via libera” parlamentare, l’udienza è ripresa per concludersi nella mattinata di oggi, dopo l’audizione di un altro testimone d’accusa.

Le contestazioni alla parlamentare

Gli episodi da cui trae origine il procedimento risalgono ad un giorno in cui Cunial (che non è stata rieletta il 25 settembre 2022 e concluse la precedente legislatura nel Gruppo misto, dopo l’espulsione dal M5S) si trovava ad Aosta (allora in “zona rossa”) per prendere parte ad una manifestazione contro la didattica a distanza e le misure di contenimento del Covid-19.

Secondo l’accusa, Cunial in un primo tempo – dinanzi ad un locale di via Gramsci, dove la pattuglia delle “Fiamme Gialle” era intervenuta su segnalazione di un assembramento – non aveva consegnato documenti ai militari. In seconda battuta, dopo che i finanzieri l’avevano raggiunta vicino al palco della manifestazione in piazza Chanoux, nell’impostazione accusatoria avrebbe consegnato un tesserino della Camera, per poi riprenderlo arbitrariamente dalle mani di un operante.

Inoltre, nel capo d’imputazione della Procura, la ex Deputata avrebbe minacciato uno dei due finanzieri di fargli avere dei problemi qualora il locale del controllo iniziale fosse stato raggiunto da sanzioni o provvedimenti (fatto che, peraltro, si verificò, vista la chiusura temporanea in ragione dell’assembramento riscontrato).

La ricostruzione divergente in aula

Le circostanze di quel giorno erano state ricostruite in modo divergente nel corso del processo, tanto che il pm Pizzato aveva ipotizzato, subito dopo le deposizioni di alcuni testimoni citati dalla difesa, la sussistenza di profili di falsa testimonianza. L’accusa aveva quindi richiesto di sentire due agenti della Digos della Questura di Aosta, che erano in servizio in piazza per la manifestazione.

I due poliziotti avevano deposto in un’udienza successiva (il 7 giugno 2023) ricordando la “discussione animata” in corso nei pressi del palco, tra Cunial, i finanzieri e altre persone, per cui si erano avvicinati a verificare la situazione, preoccupati soprattutto per le possibili ricadute in termini di ordine pubblico (in piazza c’erano circa 200 persone quel pomeriggio). Entrambi hanno confermato che l’allora Deputata levò di mano il tesserino a un militare e che la stessa proferì al pubblico ufficiale parole che – pur non ricordate testualmente (uno dei due ha rammentato “vi rovino”) – assumevano il senso di una minaccia.

Altri due testimoni (citati dall’avvocato dell’ex parlamentare, con la “prova contraria”) hanno ribadito una versione diversa, sostenendo che fu il finanziere a riconsegnare il tesserino alla Deputata e che militari e Cunial si salutarono, prima di allontanarsi (“la ho vista molto ben disposta, quello è il suo carattere, la conosco” ha detto un altro relatore di quel pomeriggio). Discrepanze finite nuovamente a verbale (una testimone ha anche sostenuto di non ricordare di aver visto gli agenti della Digos) e culminate nella decisione del giudice di oggi.

L’eccezione di insindacabilità

Nel corso del dibattimento, l’avvocato della ex Deputata, come già detto, aveva sollevato l’eccezione di insindacabilità, perché dal processo “è stato palesato che i fatti si sono tenuti sotto il palco di una manifestazione di cui l’onorevole era relatrice, sulla incostituzionalità dei Dpcm”, quindi – era stata la tesi difensiva – nell’esercizio del proprio mandato parlamentare. Il giudice Tornatore aveva osservato che la questione non fosse stata sollevata d’ufficio dal Tribunale perché considerata “manifestamente infondata”, giacché “non sussiste infatti alcun collegamento tra l’esercizio dell’attività parlamentare e l’accusa mossa in questa sede”.

Anche il pm Pizzato si era opposto, citando sentenze pregresse per cui l’insindacabilità “non è un privilegio personale” e occorre un “chiaro riferimento funzionale” tra i fatti oggetto del giudizio e il mandato parlamentare per la fondatezza dell’obiezione. La normativa di riferimento (una legge del 2003) stabilisce tuttavia che se il giudice non ritiene di accogliere l’eccezione proposta da una parte, deve trasmettere copia degli atti alla Camera di appartenenza, affinché decida.

La discussione in aula

Dopo alcuni slittamenti, il “via libera” di Montecitorio (prima in Giunta per le autorizzazioni, poi in aula),  ha condotto alla discussione di quest’oggi. In essa, il pubblico ministero ha sottolineato come, nel corso del dibattimento, fossero emersi nitidi gli elementi utili a stabilire la colpevolezza dell’imputata. Nella sua arringa, il difensore di Cunial ha tratteggiato la figura di una donna “rimasta da sola” contro “i poteri forti”, divenuta riferimento per una serie di tematiche (da qui, a suo dire, la genuinità delle testimonianze), in un “clima di quel momento storico” che “era difficile” e “le regole erano ambigue e di non facile interpretazione”. Dopo una breve camera di consiglio, quando erano passate da poco le 13, il giudice si è pronunciato per la responsabilità dell’ex deputata su due dei tre reati contestati. Le motivazioni della sentenza sono attese entro 45 giorni.

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