Processo Geenna, primo giorno: dalle indagini del passato alle chat tra indagati
Superati gli aspetti preliminari, il processo Geenna, sulla presenza di una locale di ‘ndrangheta ad Aosta, è partito dalla storia, cioè dall’excursus dell’attività inquirente mirata a individuare tracce d’infiltrazioni mafiose in Valle. E’ stato così perché, come ha premesso il pm Stefano Castellani, “stiamo parlando di un reato associativo che, per sua stessa definizione, ha una forte connotazione socio-criminologica”.
L’accusa ha chiesto l’acquisizione di vari atti d’indagine susseguitisi nel tempo. Per ora il Tribunale ha ammesso, conferendo un incarico (ai periti sono stati concessi 30 giorni di tempo), le trascrizioni delle intercettazioni relative all’indagine “Egomnia” sullo scambio elettorale politico-mafioso alle regionali 2018 e a due conversazioni tratte dalle inchieste “Lenzuolo” e “Crimine”, rispettivamente del 2000 e del 2010. Il pm della Direzione distrettuale antimafia torinese ha sottolineato che tali richieste riguardano “una presenza della ‘ndrangheta sul territorio della Valle d’Aosta, che risale non all’età della pietra, ma al massimo a 20 anni fa” e non hanno carattere “irrilevante per comprendere la genesi di quanto contestato agli imputati”.
Le origini: gli omicidi negli anni ‘90
Castellani ha quindi aggiunto che “inserire la ‘ndrangheta nel suo contesto di regole, codici e riti particolari è indispensabile per comprendere la reale sussistenza delle ipotesi di accusa, altrimenti sarebbe calata come un marziano sulla terra”. Dell’excursus si è occupato l’ex sottufficiale dei Carabinieri Cesare Neroni, in servizio in Valle dal 1990 fino all’inizio delle investigazioni per Geenna, “sempre con mansioni di carattere operativo”. E’ partito da alcuni omicidi di inizio anni ’90 (tra i quali quelli di Giuseppe Mirabelli e Gaetano Neri), per arrivare alle ricerche del latitante Luigi Facchineri, inserito nella lista dei trenta ricercati più pericolosi d’Italia, di cui ad Aosta era stata notata arrivare la fidanzata.
Dopo aver detto del monitoraggio della famiglia Nirta, stabilitasi nella regione, con alcuni dei suoi principali esponenti – in particolare, i fratelli Giuseppe (classe ’52) e Domenico e loro cugino Giuseppe (classe 65) – “conosciuti come implicati negli stupefacenti” e, per uno dei tre, anche in “truffe di livello (dell’ordine di centinaia di milioni di lire”). Marco Fabrizio Di Donato, il presunto capo della “locale” aostana (a processo a Torino con rito abbreviato), non lo “avevamo mai indagato”, ma “lo conoscevamo perché imparentato con i Nirta”.
“Lenzuolo”, l’indagine archiviata
Il militare oggi in congedo è quindi arrivato all’inchiesta “Lenzuolo” (in cui venne osservato un presunto rito d’iniziazione di un affiliato in un bar della zona del Ponte Romano, ad Aosta), che mise in evidenza agli occhi degli investigatori figure come Santo Oliverio, Santo Pansera, Vincenzo Raso e Giuseppe Neri, “uomo di fiducia di Follioley, un imprenditore della bassa Valle” che secondo un’intercettazione – ha riferito il teste – aveva un ruolo di vertice nella locale di cui le indagini miravano a dimostrare l’esistenza.
Tale ipotesi, però, restò tale. L’Arma raccolse gli esiti dell’attività svolta in un’annotazione che andò all’autorità giudiziaria di Torino (dopo la dichiarazione d’incompetenza da parte del Gip di Reggio Calabria) e il fascicolo venne archiviato. Seguirono, nel 2011, “Tempus Venit”, sul tentativo di estorsione ai danni dei fratelli Tropiano titolari della “Edilsud” (nella quale – è emerso dalla testimonianza – venne intercettato anche Marco Sorbara), e, dopo ancora, “Hybris”, in cui “spunta la famiglia Taccone di Saint-Marcel”, che “entrò in contrasto con i Facchineri (dell’omonima cosca di Cittanova, nel reggino, ndr.)”, anche in questo caso a seguito di una richiesta estorsiva.
I primi accertamenti su “La Rotonda”
Un “tourbillon” di persone e luoghi tra la Valle e la Calabria che vide i Carabinieri interessarsi al ristorante “La Rotonda”, gestito anche dall’imputato Antonio Raso. Nell’ambito di “Tempus Venit” emerge che il 18 marzo 2011 vi si era tenuta una “cena organizzata da Marco Sorbara”, alla quale “avevamo identificato personaggi emersi durante ‘Lenzuolo’, come Vincenzo Raso e Rao Giuseppe”. L’altra occasione è dell’anno dopo: il 31 gennaio 2012, sempre con il consigliere regionale oggi sospeso in veste di promotore.
E’ la seconda serata della Foire de Saint-Ours e attorno al tavolo siedono anche esponenti della politica. Oltre allo stesso Sorbara (al tempo assessore al comune di Aosta), c’erano “vari politici, tra i quali Aurelio Marguerettaz, l’ex primo cittadino del capoluogo Guido Grimod e il sindaco di San Giorgio Morgeto, con la moglie. E c’era anche Giuseppe Tropiano”. Risulta invitato anche l’allora presidente della Regione, Augusto Rollandin, che però non partecipa: “si è affacciato” al locale, “ha chiamato fuori Antonio Raso e hanno parlato” è il ricordo del testimone. I militari appostati testimoniano quella circostanza con una foto.
L’Arma cerca un latitante, spuntano i Nirta
Si arriva così al 2014, quando “Geenna” prende inizio. I Carabinieri erano impegnati nelle ricerche del latitante Rocco Mammoliti, sul quale pendeva una condanna a otto anni per stupefacenti e ritenuto far parte dell’omonima cosca di San Luca (“qui in Valle c’erano la zia e alcuni cugini, quindi abbiamo fatto delle intercettazioni”). In quel frangente, “abbiamo notato la presenza di Bruno Nirta (anch’egli in via di giudizio nel “ramo” torinese di “Geenna”, ndr.), che insieme ad altri si era trovato” in un bar di Aosta. Da lì “si sono spostati alla pizzeria di Raso”, dove “furono raggiunti da Nicola Prettico”.
Dopo anni, in Valle ricompare anche Giuseppe Nirta (classe 1965). L’ultima sua presenza osservata risaliva al 2005, quando “era stato scarcerato, poi andò in Spagna”, non essendo più visto fino al 2014 (verrà ucciso nel giugno 2017 nella penisola iberica). Secondo il testimone, “il suo uomo di fiducia era Francesco Mammoliti” (a sua volta a processo a Torino con rito abbreviato perché supposto partecipe della “locale” aostana).
Il riapparire dei due “ci ha abbastanza incuriosito”, anche perché i Carabinieri si rendono pure conto della presenza di Sebastiano Strangio, componente della famiglia collegata a quella dei Nirta, nella cosca Nirta-Scalzone, detta anche “La maggiore”. Da un’informativa iniziale prende quindi il via l’attività culminata nel processo odierno.
Le domande delle difese
Le difese, nelle loro domande al testimone, si sono concentrate prevalentemente sul numero minimo di 49 persone per dar vita ad un locale di ‘ndrangheta. L’ex maresciallo, per anni al comando del Nucleo Investigativo del Gruppo Aosta, ha spiegato che la cifra viene adeguata sulla base della realtà del territorio. Alla domanda dell’avvocato Ascanio Donadio (difensore di Antonio Raso) sull’aver accertato riti di affiliazione nelle investigazioni di “Geenna”, Neroni ha risposto negativamente.
Il legale ha quindi richiamato il consumo di pasti da parte delle forze dell’ordine nella pizzeria del suo cliente. Il presidente Gramola ha ribattuto di non considerare rilevante la circostanza, dicendo di aver mangiato lui stesso nel ristorante, noto per la bistecca “alla milanese”. Il procedimento è quindi continuato con un altro militare, attualmente in forza al Reparto Operativo e che ha seguito lo sviluppo di “Geenna”.
“Sorbara spesso da Raso”
Ha spiegato, tra l’altro, che “Sorbara entra nell’indagine, dopo che ci siamo resi conto che si confrontava quasi quotidianamente con alcuni indagati, in particolare Raso, e frequentava la pizzeria La Rotonda”. Quanto a Prettico, i militari lo hanno “identificato anche perché si recava presso l’abitazione di Marco Fabrizio Di Donato”. Dal sottufficiale è quindi giunta l’indicazione delle attività tecniche (intercettazioni, pedinamenti e osservazioni) legate a vari “capitoli” dell’indagine.
Tra questi, il ruolo di Raso di “controllo” dei giovani calabresi in Valle, il tentativo di proroga di un contratto del servizio di taxi-bus del comune di Saint-Pierre da parte di Monica Carcea (contestato dal difensore della donna, Claudio Soro, che ha fatto rilevare come la procedura prevedesse un atto amministrativo non di competenza assessorile), le vicende della società di gestione di locali notturni di Nicola Prettico e il rapporto tra Francesco Mammoliti e alcuni venditori di frutta e verdura che giungevano dalla Calabria.
I Santi della ‘ndrangheta nei telefoni
Sul contenuto del materiale sequestrato agli imputati è intervenuto un altro luogotenente dei Carabinieri. Si è così appreso che sullo smartphone di Prettico era presente “un’effigie della Madonna di Polsi, con una preghiera e una dedica”, oltre ad “un video trasmesso con WhatsApp relativo ad una festa in cui, durante il ballo della Tarantella, le persone presenti ricordavano Santo Pansera (indagine Lenzuolo)”. Tra i documenti in possesso del consigliere comunale aostano sospeso, anche la fotocopia della carta d’identità di Augusto Rollandin.
Il teste ha altresì riferito che, in uno scambio di messaggi con Roberto Alex Di Donato, Alessandro Giachino scrive, riferendosi a Prettico: “però, se uno gli fa un discorso fatto bene, gli può spiegare che prima di aprire la bocca deve pensare alla mamma, alla moglie e ai figli”. Quanto a Marco Fabrizio Di Donato, era “possessore di un telefono di vecchia generazione”, privo di contenuti ritenuti rilevanti e nemmeno gli è stata trovata documentazione d’interesse per l’indagine. Antonio Raso deteneva invece “copiosa documentazione digitale”, composta tra l’altro da foto nel suo locale e l’immagine di San Michele Arcangelo, considerato il protettore della ‘ndrangheta.
Inoltre, messaggi tra il ristoratore ed altre persone sullo spoglio delle regionali 2018, con Raso ad esprimere soddisfazione per l’elezione di Sorbara, venendo congratulato dal suo corrispondente, e, in un altro scambio, a chiedere informazioni, al neo insediatosi assessore regionale Antonio Fosson, su un appalto bandito dall’Usl per l’acquisto di ambulanze 4×4. A Raso sono stati trovati anche atti giudiziari, come la sentenza di assoluzione del Tribunale di Aosta per gli imputati in un procedimento sul traffico di rifiuti speciali susseguente a Tempus Venit. Chiuso il capitolo del materiale sequestrato, l’udienza è stata sospesa e riprenderà domani, giovedì 4 giugno, alle 9.30.