Respinta dal Tar la richiesta di annullamento dell’interdittiva antimafia al Consorzio Gecoval

Scrivono i giudici: "Il provvedimento impugnato ha evidenziato che fino a tempi recentissimi il consorzio ricorrente aveva indiscutibilmente contatti e coinvolgimenti con una pluralità di soggetti, a loro volta legati alla criminalità organizzata".
Questura di Aosta
Cronaca

"Il provvedimento impugnato ha evidenziato che fino a tempi recentissimi il consorzio ricorrente aveva indiscutibilmente contatti e coinvolgimenti con una pluralità di soggetti, a loro volta legati alla criminalità organizzata". E’ questo uno dei passaggi con cui il Tar della Valle d’Aosta ha respinto il ricorso del Consorzio Stabile Gecoval con cui si chiedeva ai giudici amministrativi l’annullamento della prima interdittiva antimafia del 27 giugno scorso, emessa dall’ex Questore di Aosta Maurizio Celia.

Nel ricorso contro il provvedimento del questore, il Consorzio stabile Gecoval Scrl di Saint-Vincent sosteneva la competenza esclusiva in materia del presidente della Regione. I giudici invece hanno confermato come "in virtù" della legge antimafia (936/1982) "nella Regione Valle d’Aosta, la competenza ad emettere le informative interdittive antimafia sia tutt’oggi attribuita al questore", come ribadito inoltre dal "decreto n. 12 del 16 gennaio 2014" del "presidente della Regione".

Inoltre il Consorzio sosteneva che l’interdittiva si fondasse su "falsi presupposti oltre che su elementi inidonei a dimostrare l’effettiva sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa". Tesi respinta dal Tribunale che scrive: "Si deve osservare che le valutazioni effettuate nella fattispecie concreta dal Questore di Aosta non sono manifestamente illogiche e si basano su un quadro indiziario nel complesso veritiero ed attendibile. Solo in minima parte, e comunque in riferimento ad elementi marginali e non decisivi, vengono menzionati alcuni dati che non trovano corrispondenza".

Nell’ambito dell’inchiesta Aemilia sulla ‘ndrangheta, tra settembre e ottobre prima il gip di Bologna e poi il tribunale di Reggio Emilia avevano sequestrato il 49,9% delle quote della società. Erano inoltre finiti in carcere due soci, i fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli, di Montecchio Emilia, considerati collegati alla cosca della ‘ndrangheta "’Grande aracri di Cutro’ (Crotone)".
 

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