Resta in carcere dopo l’interrogatorio di garanzia il 56enne arrestato per il tritolo nel furgone
Rimane in carcere, dopo l’interrogatorio di garanzia svoltosi stamane al carcere di Brissogne, il 56enne bosniaco arrestato venerdì scorso, 13 aprile, alla frontiera del Monte Bianco, per essere stato trovato alla guida di un furgone sul quale erano nascosti due chili e 400 grammi di tritolo, oltre a due detonatori elettrici.
La decisione del Gip Giuseppe Colazingari è giunta dopo che l’uomo, Agan Ramic, ha risposto per oltre due ore alle domande. L’arrestato, di cui il magistrato ha anche convalidato il fermo, “ha confermato le dichiarazioni che aveva reso in sede di interrogatorio” al pm nel giorno dei fatti, spiega il legale che lo difende, l’avvocato Laura Marozzo.
Incensurato in Italia, Ramic, presidente di un’associazione umanitaria che si occupa di trasportare ex profughi e materiali per loro dalla Francia alla Bosnia, in possesso della cittadinanza dei due Paesi, sostiene di essere “vittima dell’accaduto”. In particolare, ritiene che l’esplosivo sia stato “collocato da terzi sul veicolo già in Bosnia, durante il viaggio di andata, per creargli delle difficoltà”. A farlo sarebbero state persone legate a situazioni “da lui ben più volte denunciate e che riguardano la criminalità dell’est”.
Dopo l’interrogatorio di oggi, il legale commenta: “Ha dato dei buoni spunti di lavoro, delle indicazioni importanti”. Gli inquirenti italiani contestano a Ramic la violazione di due leggi. Anzitutto, quella sul controllo delle armi, che punisce con pene da 3 a 12 anni l’introduzione nello Stato e la detenzione illegale di materiale esplodente. Dopodiché, – ed è la prima volta che in Procura si ricorda tale addebito in Valle – quella che detta norme sull’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.
Una normativa risalente al 1990, approvata (anche) sulla scorta dello scandalo che aveva coinvolto una filiale statunitense dell’italiana Bnl nella vendita illegale di armi all’Iraq di Saddam Hussein. Secondo le sanzioni previste dalla legge, l'import, export o passaggio in Italia di armamenti, effettuati senza autorizzazione, sono puniti con la reclusione da tre a dodici anni, o con una multa ingente.
Lo spostamento di Ramic, che aveva per passeggeri tre uomini e una donna, tutti bosniaci, risultati poi estranei ai fatti contestati, era iniziato da Annecy, ad un centinaio di chilometri dalla frontiera. All’uscita italiana del tunnel del Bianco, di primo mattino, il Mercedes Sprinter di cui era alla guida è stato fermato dalla Polizia di frontiera e dagli agenti della Squadra mobile. Dai successivi controlli, in un vano dietro l’autoradio sono spuntati i quindici panetti di tritolo, senza che il conducente abbia mostrato particolari reazioni. I detonatori elettrici erano altrove nel mezzo.
Sul posto sono quindi giunti il pm Luca Ceccanti e il procuratore capo Paolo Fortuna. Dopo un pomeriggio di interrogatori e di accertamenti, che ha visto anche l’intervento degli artificieri per mettere in sicurezza il materiale rinvenuto, l’arresto dell’uomo. Per l’avvocato Marozzo, “adesso dobbiamo aspettare che si facciano le indagini”. Saranno soprattutto quelle a permettere di capire, in effetti, se Ramic è stato “incastrato” da qualcuno cui ha pestato i piedi nella madrepatria, o se quello finito ad Entrèves, con le manette, era il viaggio di un corriere molto scaltro.