Tentata estorsione e falso in lavori Superbonus, due indagati
Dopo investigazioni durate oltre un anno, la Procura di Aosta ha chiuso le indagini su raggiri in campo edilizio avvenuti a danno di tre persone (due valdostani e un canavesano), per un ammontare complessivo di circa 70mila euro, tra il 2021 e il 2023, epoca di Superbonus e dell’incremento di attività che questo ha prodotto per imprese e liberi professionisti. I reati ipotizzati sono la tentata estorsione e il falso per induzione.
Indagati a piede libero (il pubblico ministero Giovanni Roteglia aveva chiesto per loro una misura cautelare, ma Gip l’ha rigettata) sono il 58enne Francesco Maria Rossi, cuneese ritenuto dagli inquirenti aver ordito lo schema attuato più volte attraverso una società di progettazione creata ad hoc, e l’ingegnere 73enne Enzo Tocco, aostano a cui l’altro indagato si era appoggiato per gli aspetti professionali e tecnici dell’attività societaria.
Nella ricostruzione del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Aosta, dopo aver sottoscritto con una ditta emiliana un contratto di progettazione degli interventi che includeva due clausole peculiari (una di gratuità della prestazione, qualora il lavoro non avesse potuto beneficiare del Superbonus, e l’altra di possibile cessione dell’accordo ad un altro soggetto), i proprietari delle abitazioni intenzionati ad effettuare i lavori, dopo un periodo di assenza di notizie, venivano contattati da Rossi, a nome della sua società (con sede legale nel cuneese).
Secondo gli inquirenti, anziché mantenere in essere la documentazione stipulata originariamente con l’altra azienda, in quel frangente l’indagato faceva firmare agli interessati ai lavori della nuova documentazione contrattuale. In questa non era più presente la clausola di gratuità. Così, in assenza di sviluppi sul versante di progetto e lavori, i clienti si sono visti recapitare (tramite un avvocato incaricato da Rossi) un sollecito a pagare le prime fatture relative alla prestazione professionale.
Non solo, perché tempo dopo è arrivato loro anche un decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Cuneo, cui il legale si rivolgeva in assenza di riscontri alla prima comunicazione. L’inchiesta è partita dalla denuncia di una delle vittime (che, in forza dell’ingiunzione, ha subito il pignormaento del quinto dello stipendio). Acquisita la documentazione depositata nel palazzo di giustizia piemontese, gli inquirenti – attraverso una perizia grafologica – sostengono che alcune delle firme che vi compaiono siano false (addirittura, talvolta, frutto di “copia e incolla” grafico con personal computer).
Inoltre, hanno appurato i finanzieri, su alcune delle parcelle di cui ai proprietari veniva contestato il mancato pagamento apparivano voci relative ad attività di cantiere (inclusa la direzione di lavori), in realtà mai svolte. I decreti ingiuntivi sarebbero quindi stati emessi, nell’impostazione accusatoria, in virtù di documentazione falsa. Chiuse le indagini, la Procura dovrà ora determinarsi ora sulla richiesta di processo per gli indagati.