Un anno fa, l’operazione Geenna: quando la Valle si risvegliò con l’infiltrazione

Come si arrivò agli arresti, chiesti dalla Dda di Torino, per l’esistenza di una “locale” di ‘ndrangheta in Valle? Lo spiega l’annotazione dei Carabinieri che, in 1.539 pagine, raccoglie il lavoro di quattro anni di investigazioni.
Blitz anti 'ndrangheta dei Carabinieri
Cronaca

“Io e degli amici, era la terza volta che si votava… ed è salito… la seconda volta che si è presentato, non è salito perché? Perché… saputo seminare… e seminare non vuol dire che deve dare soldi a questo e a quello”. Secondo i Carabinieri del Reparto Operativo del Gruppo Aosta – che la riportano nell’annotazione del 1° settembre 2017 in cui sintetizzano ai pm Stefano Castellani e Valerio Longi i risultati di quattro anni di indagini, destinati a sfociare nel “blitz” dell’operazione Geenna, esattamente un anno fa – è un passaggio della “master class” in infiltrazione ‘ndranghetista, tenuta da Antonio Raso ad alcuni avventori della sua pizzeria, nel febbraio 2015, tra i quali il segretario regionale del Pd e futuro (candidato) sindaco di Aosta, Fulvio Centoz.

La “lezione” continua con l’“esplosione” del concetto: “seminare vuol dire che se uno ha bisogno di aiuto non che la tua ragazza… e io non dormo o la tua ex moglie devi sistemarla perché io non dormo… io ti ho detto mia cognata è senza lavoro, gli fai fare con quell’azienda che sta facendo… l’operaia…”. Il ristoratore è tra le otto persone che, nella notte del 23 gennaio 2019, sono finite in manette in Valle. Assieme ai fratelli Marco Fabrizio e Roberto Alex Di Donato, che la avrebbero guidata, e con Nicola Prettico, Alessandro Giachino e Francesco Mammoliti è accusato di aver organizzato e gestito una “locale” di ‘ndrangheta in città. Tutti sono in carcere da allora.

L’ex assessore comunale di Saint-Pierre Monica Carcea e il consigliere regionale sospeso Marco Sorbara, al tempo Assessore alle Politiche sociali al comune di Aosta (dov’era anche consigliere Prettico, poi inibito per effetto della legge Severino) ne sarebbero stati gli interlocutori nel pianeta politico e gli viene quindi imputato il concorso esterno nel sodalizio criminale. Quello dell’amministrazione pubblica – a leggere le 1.539 pagine del rapporto dell’Arma (che costituisce il “cuore” degli atti dei processi in cui, tra Aosta e Torino, sono alla sbarra diciannove persone) – non era il solo terreno scelto dalla “’ndrangheta VdA” per perseguire i suoi interessi, sicuramente però appariva quello prediletto.

Le “riunioni” in cantina

Sul punto torna, nell’ottobre 2016, un partecipante ad uno dei “meeting” tenuti nella cantina di via Porta Pretoria, nel cuore del capoluogo regionale, emersa durante una precedente indagine come luogo di riunione dei presunti boss ed individuata nel corso di queste investigazioni. Raccontando di essere stato contattato da un “personaggio” interessato alla “faccenda dei voti”, in prospettiva regionali 2018, dice di essere stato “chiaro, chiaro, chiaro” con lui. “Qua nessuno ti cerca né soldi, né questo, né quell’altro, te però dovresti trovarmi un lavoro, no?” sono le parole registrate dalla microspia piazzata nel locale.

Lavoro, nell’italiano delle cosche (quella “de inque” è ricondotta alla famiglia Nirta-“Scalzone” di San Luca, provincia di Reggio Calabria), significa “che… se tu hai una casa da fare, si incomincia dal primo scavo, fino su al tetto, questi te la portano a compimento, perché chi fa un lavoro”, chi “fa un altro” e “chi ne fa un altro ancora”. Si parte da questo, “senza che cominciamo a parlare di.. di grossi lavori”, giacché “questo conviene”, nessuno “ti chiede soldi, nessuno ti chiede niente”. In questo caso, la contropartita per le ‘ndrine è rappresentata, nell’immediato, dal ritorno economico per gli artigiani “vicini” all’atipica “stazione appaltante”, ma nel contempo dal consolidamento del “posizionamento”, nel contesto locale, degli affiliati.

Lavori anche in Svizzera e Romania

Di esempi del genere l’inchiesta ne ha registrati molti altri. Sono relativi al settore privato e mettono in luce, anziché una logica di scambio, delle dinamiche estorsive. Si va dalle ditte calorosamente “consigliate” ad un imprenditore intento a ristrutturare un locale, fino alla gestione del piazzamento di alcuni venditori ambulanti, passando per l’ottenimento dell’imbiancatura degli uffici di una partecipata regionale, la Sitrasb. La “locale” non avrebbe risparmiato l’imposizione delle “sue” ditte nemmeno al suo partecipe Giachino, per dei lavori in casa, e, nei suoi progetti, rientrava anche il procacciamento di lavori nella vicina Svizzera e, tramite un contatto romano (individuato da Raso cercando un “aiuto” per la ditta “Tra.Mo.Ter”, che si era vista respingere dal Tar il ricorso all’interdittiva antimafia da cui era stata colpita), la partecipazione ad appalti in Romania.

Le mani sulla Cna e sulla Massoneria

E dove non serviva ad aggredire un interesse economico, l’infiltrazione aveva un altro obiettivo: sviluppare relazioni strategiche per garantire l’affermazione del progetto del crimine organizzato. In un turbine di intercettazioni (telefoniche ed ambientali, anche con telecamere nascoste) e pedinamenti (spesso scattati all’ultimo minuto, dopo accordi repentini tra i coinvolti) i Carabinieri hanno documentato dialoghi, incontri e intese che ritengono essere stati finalizzati a “mettere le mani”, tra l’altro, sulla Confederazione Nazionale dell’Artigianato (condizionando l’elezione del vertice tramite Sorbara, dal 2010 membro del direttivo regionale) e sulla Massoneria (con l’inserimento di Raso e Prettico, su ordine di Marco Fabrizio Di Donato, in altrettante logge, così da “stringersi in ‘fratellanza’ con numerosi soggetti inseriti nei più disparati apparati della società civile”).

I rapporti con gli apparati dello Stato

La strategia non esentava nemmeno il campo delle forze dell’ordine, di cui un’organizzazione criminale dovrebbe avere un biologico timore. Nell’annotazione compaiono i rapporti tra alcuni presunti associati (in particolare, Raso e Prettico, i “più esposti in ragione dell’attività lavorativa e della carica pubblica ricoperta al Comune di Aosta”) e almeno quattro uomini in divisa. Frequentazioni che “quand’anche non significative sotto il profilo penale – annotano i Carabinieri – sono idonee a rappresentare” la “capacità d’infiltrazione della ‘ndrangheta nei più disparati apparati pubblici”, peraltro con profili da “pr” consumati. “Digli, digli di non prendere la prevendita” raccomanda Prettico ad un sottufficiale, dopo aver saputo che la figlia era interessata ad una festa nella discoteca da lui gestita al tempo, il “Prince”.

Il controllo della politica

Il controllo della politica, ad Aosta ed in Calabria, era comunque ciò che occupava buona parte delle ore della “locale” valdostana. Alle elezioni amministrative del 2015, stando alle investigazioni dell’Arma, il sodalizio piazza, oltre a Carcea in Giunta a Saint-Pierre, “tre dei cinque assessori ed almeno uno dei consiglieri” nel Consiglio comunale di Aosta. Oltre a Sorbara e Prettico, l’annotazione cita gli ex titolari della delega alle opere pubbliche Valerio Lancerotto (per il quale il Gip Silvia Salvadori, così come per Ego Perron, ritiene necessari approfondimenti sulla richiesta di archiviazione avanzata dalla Dda ed ha fissato udienza per lunedì prossimo, 27 gennaio) ed all’istruzione Andrea Edoardo Paron (dimessosi dall’incarico pochi giorni dopo la richiesta, nel processo in cui è coinvolto assieme ad alcuni esponenti della cooperativa “Leone Rosso”, di una condanna a due anni di reclusione). Lasciato l’Esecutivo, entrambi sono ancora consiglieri. I due enti locali, visto l’orizzonte tracciato dall’inchiesta, sono stati sottoposti ad accesso antimafia, con l’esito atteso prossimamente dal Consiglio dei Ministri. Entrambi, peraltro, si sono costituiti parte civile nei processi nati dalle indagini.

Le “regionali” in Calabria…

Ma se già scalda i motori per le regionali del 2018 (capitolo destinato a transitare nell’inchiesta “Egomnia”, non ancora chiusa, in cui sono coinvolti personaggi di spicco di piazza Deffeyes), l’annotazione restituisce una “locale” proiettata anche fuori dalla Valle. In una strategia per gli inquirenti legata alle regionali della Calabria, Raso telefona ad un esponente del Partito Democratico della zona di Locri, per organizzare un incontro tra i Presidenti delle due Regioni, Augusto Rollandin e Gerardo Mario Oliverio (eletto nel 2014 ed anch’egli Dem).

L’idea era che l’iniziativa, poi sfumata (il capo dell’Esecutivo calabrese sarà chiamato al Quirinale, per l’elezione di Mattarella), si tenesse nella pizzeria “La Rotonda” in occasione della Fiera di Sant’Orso del 2015. “La cosa è molto diversa di quello che pensi, – dice il ristoratore al suo interlocutore – qua siamo 34.000 – 33.000 calabresi, siamo un quarto della popolazione, sai cosa vuol dire questo?”. Trova la risposta da solo, pochi secondi dopo: “vuol dire tanto, per tutti”.

… e le “comunali” a San Giorgio Morgeto

Da Geenna, inoltre, è “emerso chiaramente quanto è potente e influente il ‘locale’ ‘ndranghetista di Aosta” anche “nelle elezioni comunali a San Giorgio Morgeto” tenutesi nel giugno 2016. Di fronte ad uno scenario di contrapposizione tra due schieramenti, seguito alla fine del mandato del sindaco Carlo Cleri, Raso “farà in modo di appoggiare entrambe le liste, manovrando abilmente Sorbara”. Infatti, “a quest’ultimo farà appoggiare apertamente” una delle due, mentre lui “che ufficialmente non si schiererà, tenendo all’oscuro delle sue intenzioni anche lo stesso Sorbara, appoggerà l’altra”. Oggi, tuttavia, nessuna delle due fazioni governa il Comune: il Governo lo ha sciolto per infiltrazione mafiosa all’antivigilia dello scorso Natale. La verifica era scattata proprio sulla base del contenuto delle carte di Geenna.

“Mafioso? Dipende cosa intendi…”

Insomma, gli ingredienti dell’infiltrazione sono variabili e cangianti, ma tutti finalizzati al massimo tornaconto per chi la attua. D’altronde, come raccomanda ad una delle figlie, in una conversazione intercettata dagli uomini del Nucleo Investigativo, la consorte di uno degli imputati di appartenenza al sodalizio, “non voglio che si parla con papà, perché sono cose sue, che magari… io non mi intrometto nelle sue cose”. E se, di fronte alla ragazza che lo incalza, la donna “non può fare altro che negare che il marito sia un mafioso”, come osservano i militari, le dice anche “dipende anche cosa intendi per mafioso! Hai capito?”. Il problema, arrivati alla fine dell’annotazione, è che non paiono averlo compreso nemmeno molti valdostani.

0 risposte

  1. Tanti Valdostani lo avevano capito da molto tempo che c’era qualcosa che non
    quadrava ma senza prove sono solo illazioni.
    Adesso finalmente le prove sembrerebbero esserci spero che sia fatta pulizia.

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