Non chiamiamoli furbetti, sono ladri

28 Novembre 2018

Non sono invalidi ma percepiscono una pensione, non sono poveri, ma accedono a benefit riservati alle fasce in difficoltà, hanno un’impresa o un lavoro, ma non versano le tasse e sono fantasmi per il fisco. Sono i furbetti del Welfare, veri e propri Robin Hood al contrario che rubano ai poveri per “restituire” ai ricchi o a chi non avrebbe diritto.

In un paese normale sarebbero inseriti a pieno titolo tra le categorie più invise e più odiate dalla società civile e dai cittadini. In un paese normale sarebbero chiamati ladri al pari, se non peggio, di chi sottrae merce nei supermercati o di chi borseggia le vecchine. Ma purtroppo in Italia così non è. Pur rappresentando il primo gradino della Casta, vengono per lo più perdonati, giustificati o guardati con quel sorrisetto che nasconde a volte anche un po’ di invidia e di stima per la “furbizia” e la capacità di farla franca. Lo stesso appellativo di furbetti, che usiamo noi giornalisti, suona come una parziale assoluzione.

E’ di oggi la notizia che la Guardia di Finanza nella nostra civilissima Valle d’Aosta ha fatto, nel corso del 2018, 46 controlli su altrettante dichiarazioni Isee presentate per ottenere il contributo al fondo per il sostegno alla locazione e al “Bon de chauffage”. Tanti? Pochi? Non sta a me dirlo, il problema vero è che tutte le dichiarazioni controllate sono risultate irregolari.

Certo i controlli sono già mirati e si rivolgono alle dichiarazioni sospette. Ma rimane un fatto di enorme gravità: sono persone che hanno dichiarato redditi, patrimoni e disponibilità che non rispecchiavano il vero. Che, per fare solo un esempio, giravano in Audi, ma percepivano il Bon de chauffage.

Hanno rubato a tutti noi. E soprattutto hanno rubato a chi avrebbe avuto diritto a quell’aiuto ma è stato escluso, a chi non ha neanche presentato la domanda. Hanno rubato a quelle persone che, dopo aver perso il lavoro, non chiedono e non accedono ai servizi e agli aiuti pagati con le loro tasse. Per dignità alcuni. Perché sfiduciati altri. Le risorse impegnate sono sempre meno e le liste di chi presenta domanda di aiuto, diciamolo, sono piene zeppe degli stessi nomi. Italiani e stranieri, sia ben chiaro, accomunati dal fatto di essere diventati negli anni “professionisti dell’assistenza” Sono fini conoscitori dei modi e dei trucchi per accedere a tutte le provvidenze, ai sussidi e ai contributi previsti, hanno appreso come non perdere neppure un centesimo e, nei fatti,  non nascondono la volontà di rimanere nella condizione di “assistiti” . I servizi sociali li conoscono uno a uno eppure non riescono a escluderli, a convincerli o ad obbligarli a uscire da questo circolo vizioso.

In tanti anni di lavoro e di vicinanza al mondo del volontariato e del sociale ho conosciuto tante storie, per il tramite delle associazioni, di persone tartassate dalla vita che, senza un aiuto e un sostegno, non sarebbero mai riuscite a rialzarsi. Per loro, per chi ce la mette tutta e non smette di impegnarsi per un futuro migliore, dobbiamo iniziare a denunciare apertamente, a far sentire tutta la nostra disapprovazione nei confronti di chi pensa che una micro-frode non faccia danni e che rubare alla collettività sia meno grave che rubare a uno solo.

Exit mobile version