Matteo Stella e Riccardo Bergamini in cima al Khosar Gang, potrebbero essere i primi italiani
Doveva essere una spedizione relativamente semplice, fatta non per cercare l’exploit sportivo ma per esplorare usi, costumi, logistica ed altri aspetti dell’alpinismo in Pakistan. Quello che Matteo Stella, “orgogliosamente romano” residente a Courmayeur da 6 anni, e Riccardo Bergamini, di Lucca, forse non avevano preventivato è stato che la scalata del Khosar Gang si è rivelata ricca di insidie e (dis)avventure.
Partiti un paio di settimane fa alla volta di Islamabad e, da lì, per Skardu, i due alpinisti (già autori, tra le altre cose, di un viaggio in Nepal per solidarietà) volevano scalare la cima (che ufficialmente misura 6.400 metri, ma più verosimilmente 6.041) “senza metterci troppo nei casini. L’idea era di fare tutto con estrema calma, voleva essere più una vacanza di un paio di settimane. Avevamo calcolato, tra deposito, acclimatamento e salita, tra i 10 ed i 13 giorni. Ma le cose non sono andate come pensavamo”. Quando racconta la sua esperienza, Matteo Stella ha una voce molto tranquilla, quasi scherzosa, ma quello che i due alpinisti hanno passato lascia abbastanza col fiato sospeso.
Arrivati al Campo Base del Khosar Gang a quota 3700 metri dopo un trekking di un paio di ore, Stella e Bergamini si rendono conto che la finestra di bel tempo sarebbe durata meno di quattro giorni: “Eravamo consapevoli che l’estate sia la stagione migliore, mentre noi essendo in autunno abbiamo trovato tantissima neve – ad agosto e settembre, stagione dei monsoni, ha piovuto molto e nevicato in quota – ed il clima cambiava radicalmente nel giro di poche ore”.
Bisogna accelerare i tempi, così i due italiani il giorno seguente caricano gli zaini con 25 kg di materiale e cibo e si dirigono direttamente al campo 2 a quota 5200 metri, “senza alcun tipo di acclimatamento che, per uno come me che va in montagna nel tempo libero, vuol dire una grande fatica”, sottolinea Stella. Lasciati cibo, materassini, fornelli, tende e tutto il resto, fanno rientro al campo base, dove si prendono una giornata per riposare e preparare gli zaini per la spedizione finale.
“Tornati al campo 2 facciamo una terribile scoperta: la fauna locale, non sappiamo se topi, marmotte, volpi o cosa, ci ha mangiato tutto il cibo. Non c’era più niente, neanche i sali minerali. Mi veniva quasi da ridere, non ho mai sentito una storia del genere, ma purtroppo ne ho fatto l’esperienza sulla mia pelle”, prosegue incredulo il 31enne di Courmayeur. Senza mangiare, si va a dormire alle quattro del pomeriggio e, verso le due e mezza di notte, si parte verso la cima con una temperatura attorno ai -20°.
La neve non tiene e si affonda, e Stella e Bergamini impiegano due ore per fare appena 200 metri di dislivello, prima di ritrovare un terreno più stabile ed affrontare una lunghissima rampa inclinata, sulla quale non ci si poteva mai fermare perché “era uno scivolo”. Dopo quasi sei ore di camminata, l’ennesima doccia gelata: una parete di ghiaccio. Stella pensa di abbandonare: “Non me la sentivo, non sono a mio agio con questo tipo di superficie esposta e senza protezione, ero stanco, non avevo mangiato, faceva un freddo cane. Il mio compagno di spedizione era però più preparato, così mi sono fatto coraggio e l’ho seguito”.
È fatta? Neanche per sogno: “Negli ultimi 80 metri di salita sembrava di stare su un 8000. Affondavamo nella neve fino alla vita, ogni cinque passi dovevamo fermarci a riprendere fiato e darci il cambio per fare la traccia. È stata un’agonia”. Arrivati finalmente in cima, dopo la felice foto di rito, è tempo di ripartire quasi subito, perché il maltempo stava arrivando. In meno di tre ore tornano al campo 2, ricaricano il materiale negli zaini e tornano al campo base, dove finalmente possono mangiare.
“È stata una grandissima avventura piena di sorprese, ben oltre le mie aspettative e capacità. Non c’era assolutamente nessuno, credo che siamo stati i primi italiani ad aver scalato il Khosar Gang”, conclude Stella.
Un’esperienza che ha lasciato il segno anche dal punto di vista fisico: “Sto avendo problemi di decongelamento ai piedi, il non aver mangiato ha influito. Nulla di grave o irreparabile, ma devo tenere tutto sotto controllo e ho dovuto rinunciare ad un viaggio in moto di 2000 chilometri alla scoperta del Pakistan che avevo in programma. A breve tornerò in Valle d’Aosta”.