Dalla secessione in casa unionista nasce un nuovo gruppo consiliare
Nessun simbolo e nessun nome, per ora. Per i dissidenti oramai ex UV è il momento di contarsi e scoprire su quanti consiglieri potranno fare affidamento quando, durante il primo consiglio regionale del 2013, terranno a battesimo il nuovo gruppo consiliare. Si chiude così l’assemblea tenutasi oggi a Fénis. Tra le persone che hanno partecipato, per ascoltare o per intervenire, anche Cesare Dujany, Renato Favre, Jeannette Fosson. “Non mettiamo limiti alla provvidenza” afferma Luciano Caveri al termine del dibattito a porte chiuse. “Magari saranno in cinque, o chissà, vedremo chi aderirà”. Il documento di sintesi prodotto dal gruppo assegna agli eletti il compito di “formulare proposte concrete per ridare slancio ad identità, principi e valori alla base dell’UV e di tradurli in un progetto politico rinnovato da un’azione fondata su metodi e approcci realmente democratici”. E’ un appello a tutti gli eletti, ai giovani che non si avvicinano più alla politica, agli unionisti senior che se ne stanno allontanando e a tutti coloro che reclamano a gran voce “metodi differenti nella vita politica”.
Sarà un progetto autonomista e progressista: l’alleanza con il Pdl è uno dei rospi mandati giù a fatica da questa parte dell’Union. La questione rientra a gran titolo negli elementi di disaccordo evidenziati da Viérin durante il suo discorso alla presenza di simpatizzanti e giornalisti. Gli altri sono la gestione del referendum, ovvero l’appello al non voto e la successiva “ricerca di capri espiatori”, e la mancanza di un confronto e di un dibattito riguardanti, in particolare, l’approvazione del bilancio, la designazione del nuovo presidente del consiglio regionale, la riforma degli enti locali, la riduzione dei costi della politica, la riforma della dirigenza e l’esternalizzazione dei cantieri forestali. Tutte decisioni, hanno sottolineato i dissidenti, piovute dall’alto. “Con la scusa dell’eterna emergenza e dell’esigenza di fare fronte unito ad ogni costo, ci costringono spesso ad avallare posizioni con cui siamo in disaccordo senza darci possibilità di espressione, e quando riusciamo a dire la nostra partono le telefonate, le accuse e i processi alle streghe” ha sostenuto Viérin. “Noi questi discorsi li facciamo prima delle elezioni, e non dopo, a giochi conclusi, è una questione di coerenza e correttezza. Quando ho rassegnato le dimissioni da più parti mi hanno chiesto di ripensarci, chiedendomi “Che cosa vuoi?”. E’ proprio questo tipo di mentalità che contestiamo”.