La serata organizzata per il “No” alla riforma Costituzionale: “La Valle non si salverà”

08 Giugno 2016

I pericoli nascosti fra le pieghe della riforma Costituzionale del governo Renzi – per la Valle d’Aosta, ma non solo – sono molteplici e si nascondono nei dettagli.

Questa la tesi uscita con forza dalla serata pianificata dal Comitato valdostano per il ‘No’ alla riforma organizzata ieri presso la BCCV aostana: “Il ‘principio d’intesa’ – ha spiegato la moderatrice, l’avvocata Alpe Valeria Fadda – viene costituzionalizzato con le disposizioni del titolo V che non si applicheranno fino alle modifiche degli statuti delle regioni e delle province autonome. Quando la Regione però rivedrà lo Statuto dovrà farlo di concerto con lo Stato attraverso un’intesa non ‘procedimentalizzata’ e che non si capisce ancora cosa prevederà di preciso. Basteranno poi i due terzi alla Camera e al nuovo Senato, di fatto, per superare questa intesa con un colpo di spugna”. Poteri e requisiti della Valle d’Aosta, quindi, sull’orlo di un grave pericolo: “ Sfido chiunque a dire – attacca ancora Fadda – che se il Governo ritiene che le nostre competenze gli appartengano la Valle si salverà. Con 18 seggi delle regioni a Statuto speciale su 100 del nuovo Senato come possiamo pensare, in un sistema così fortemente centralista, che possa restare in piedi lo Statuto di una Regione così piccola?”.

Scenari inquietanti vengono dipinti poi anche dagli altri due oratori della serata a partire da Livio Pepino, ex magistrato e componente del Consiglio Superiore della Magistratura, che oltre alla riforma della Costituzione attacca anche l’Italicum, il nuovo sistema elettorale progettato dall’ex Sindaco di Firenze: “Questa legge elettorale disegna una democrazia molto diversa da quella attuale: il partito che supera il 40% + 1 di voti prende un premio di maggioranza del 54% alla Camera dei Deputati. Praticamente con un gioco d’artificio trasforma una minoranza in una maggioranza. Con questa riforma chi vince si prende tutto, alla caccia di una ‘democrazia d’investitura’, con le elezioni che serviranno solamente per indicare chi deve governare, e poi per cinque anni i cittadini sono gentilmente pregati di stare in silenzio davanti al televisore e di non disturbare”. Pepino critica duramente anche il nuovo assetto del cosiddetto ‘Senato delle Regioni’: “Un Senato ridotto ad un ‘dopolavoro tecnico’, che passa dagli attuali 315 eletti a 100, 74 dei quali consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 nominati dal Presidente della Repubblica, e che prima invece faceva da correttivo allo strapotere della Camera. Un Senato con competenze non politiche composto da personaggi che fanno un altro lavoro”. Chiusa sibillina, tra il serio ed il faceto, poi, sulla stabilità di governo, da sempre cavallo di battaglia di chi impugna il ‘Sì’ alle riforme: “Che serva una maggiore governabilità è evidente ma serve anche un equilibrio tra la governabilità stessa e la rappresentanza, altrimenti il termine assoluto della governabilità lo conosciamo bene, ed è la dittatura”.

Non meno duro il giudizio dell’altro ospite, l’ex Senatore, già Presidente della Commissione Esteri al Senato e professore di Storia dell’America del Nord Gian Giacomo Migone il quale, forte della sua esperienza a Palazzo Madama, galleggia su un discorso meno tecnico ma più accorato: “Ci stiamo giocando il destino dei giovani in un Paese che ha un tasso di disoccupazione giovanile tra il 35 ed il 40%,con punte ancora superiori al Sud. Un Paese che sacrifica il futuro per il presente non è un Paese in buona salute. Il Presidente Renzi è partito dicendo che la riforma è un voto di fiducia nei suoi personali confronti, ma usare un ricatto quando ci sono in gioco le regole di garanzia per il futuro ed i diritti dei cittadini è un errore. Un ricatto poi che è una ‘pistola ad acqua’: dovesse venire meno lui ci sarà un altro governo, magari non molto migliore, ma che dovrà prendere atto del fatto che il popolo ha esercitato il suo diritto al voto attraverso un referendum, ed io ho più fiducia nei confronti del popolo rispetto a chi lo vuole ‘ritardare’”. Ma non solo: “Questa legge elettorale – conclude Migone – istituzionalizza il ‘posizionamento’ politico fatto di utilità e questo non lo si risolve con delle regole ma con un salto di qualità etico e politico. La politica nobile deve parlare proprio alle parte più nobile di tutti noi e non alle nostre paure, ai nostri egoismi, ai nostri istinti di violenza”.
 

Exit mobile version