Ragazzi analfabeti affettivi, crescono tra sexting e Youporn

20 Aprile 2018

Su La Stampa Antonella Boralevi lanciava un’interessante provocazione: Una ragazzina di 13 anni si spoglia nuda per il fidanzatino. «Per piacergli di più», dice. Si fa un video nella sua cameretta con i peluches sul letto. E glielo spedisce. La ragazzina si sente bella? Si sente forte? Oppure si sente bruttina, e inadeguata, e debole, ha paura di non piacere abbastanza, ha paura di essere rifiutata? E il fidanzatino lo fa girare. Perché si sente debole, insicuro, perché vuole essere accettato, considerato, alla pari con quelli «fighi»? Perché io credo che il tema sia questo. Perché lo fanno? 

Già. Perché lo fanno? Proverò a dare alcune risposte che ci chiamano in causa come adulti educanti: genitori, insegnanti, animatori, allenatori sportivi. Chiunque incontri dei ragazzi, per lavoro o per volontariato, è responsabile della questione: Pilato non possiamo proprio farlo, su temi così delicati e importanti come la sfera relazionale, affettiva e sessuale dei nostri giovani.

Sono sempre più frequenti articoli in cui si parla di ragazzi, anche 12enni, che con in mano un cellulare combinano guai. A sé stessi, inviando foto o video osè o passando ore a navigare su youporn; o agli altri, facendo circolare foto e video che li riguardano, bullizzando su whatsapp un compagno o mettendo alla berlina una conoscente su Instagram.

Paolo Picchio, il papà di Carolina, una ragazza piemontese di 14 anni che si è uccisa dopo che un suo video sessualmente esplicito era stato diffuso in rete dai compagni di scuola, dice: "Armati di uno smartphone gli adolescenti sono capaci di rovinarsi la vita”.

Ecco la prima motivazione del perché lo fanno.

Perché si sentono liberi di farlo. Molti genitori mettono in mano ai figli uno smartphone troppo presto, senza regole o limiti, senza presidio, senza aver nominato le opportunità ma anche i rischi dell’essere on-line, senza aver prima parlato bene di affettività e sessualità, nell’ingenua convinzione che a 11 anni il telefono lo usino solo per giocare e scrivere qualche messaggio scemo ai compagni di classe. Eh certo! Se a 11 anni hanno un cellulare con libera connessione a internet e senza un parental control, i maschi non vanno su youporn! No, figurati! E le femmine non si fanno un profilo su Instagram, riempiendolo di foto sexy e ammiccanti, con la bocca “a culo di gallina”! Ma voi, se aveste avuto nella vostra preadolescenza uno strumento tanto potente come uno smartphone, cosa avreste fatto?? Forse lo stesso, o forse anche peggio. È troppo facile dare la colpa agli smartphone o a internet: il problema non è l’oggetto, ma il soggetto. Per preservare i nostri figli da possibili tagli, non eliminiamo i coltelli da casa, ma insegniamo loro ad usarli. Col cellulare si fa invece il grave errore di pensare che loro lo sappiano già utilizzare… sono nativi digitali! Col cavolo! Sanno certo smanettare su un telefono, ma mancano di tutta la competenza e l’esperienza relazionale che solo noi adulti possiamo trasmettere.

Ora veniamo alla seconda motivazione, la più importante.

In adolescenza, il bisogno di esibirsi e di misurarsi nella relazione con l’altro per vedere se e quanto piaccio è fisiologico. Noi andavamo nelle piazze reali: facevamo “le vasche in via”, chiedendoci se piacevamo a lui, se lei ci stava notando; loro frequentano piazze virtuali, si pubblicano su Instagram e contano i likes sui loro post. Ma il reale era più semplice, il virtuale è complesso. E non possiamo lasciarli soli a gestirsi questa complessità. Noi la nostra educazione affettiva e sessuale ce la siamo spesso costruita da soli, nel gruppo dei pari. Oggi, ahimé, non è più possibile. O perlomeno, è molto rischioso.

Che cos’è per te l’amicizia? Cosa significa per te una relazione importante? Cosa ti piace del tuo corpo, e cosa meno? Come ti senti quando qualcuno ti vuole bene e ti apprezza? Cosa vuol dire innamorarsi? Fare sesso, sai cosa significa? Sai che il desiderio è ciò che rende speciale il sesso? Lo sai che ciò che vedi nella pornografia non è una sessualità sana, né vera? Sai cos’è il sexting, sai che rischi ci sono? Ogni tanto dovremmo fare almeno qualcuna di queste domande ai nostri figli. Per ognuna c’è un’età giusta, un momento opportuno. Più che domandare, dovremmo cogliere quei momenti che possono diventare occasioni educative (un viaggio in auto, una notizia al tg, una scena di sesso di un film…) per parlarne.

E se loro non vogliono dirci nulla, provochiamoli! Rompiamo il loro muro omertoso. Ogni età ha un tema da affrontare. Di come nascono i bambini meglio parlarne in famiglia, anziché delegare solo alle maestre di scienze che in 5° elementare affrontano la riproduzione. Magari chiarendo la differenza tra “fare l’amore” e “fare sesso”; se non sapete come fare, consultate qualche libro di Alberto Pellai. Leggete, documentatevi. Siate pronti a rispondere alle loro domande. E aggiornatevi! Ancora troppo spesso incontro genitori con figli adolescenti che il sexting non sanno cosa sia, che ignorano con quanta facilità i ragazzi si scambino foto hot. Se almeno una volta avete detto “sta tutto il giorno sul cellulare, ma non so cosa ci faccia”, forse è meglio operare un maggiore controllo. Potreste scoprire cose spiacevoli, è vero, ma magari farete in tempo ad evitare danni irreparabili.

Riguardo al sesso non basta fare “il discorsetto”, che spesso sfocia tristemente solo su rischi o aspetti sanitari: “Usa il preservativo” e “Attenta a non rimanere incinta, fagli usare il preservativo”. Alle femmine il carico di responsabilità maggiore. Errore: sono soprattutto i figli maschi che dobbiamo educare, oggi, ad una sessualità positiva, densa di affettività, lontana dalle immagini che circolano su youporn e nelle pubblicità: seduttore seriale lui, donna-oggetto lei. I maschi, si sa, in adolescenza sono spesso testosterone-guidati: aiutiamoli ad “alzare lo sguardo”. Alle ragazze, prima ancora che di sessualità e affettività, è bene parlare di immagine di sé: che messaggio vuoi dare con quel trucco? Con quello smalto? Vuoi che ti apprezzino per il tuo corpo o per le tue idee?

Il lavoro da fare è tanto, ma dobbiamo mettercelo in testa: loro costruiscono e gestiscono tutte le loro relazioni amicali e affettive dentro quello schermo da 5 pollici. O noi gli insegniamo, prima che siano cellularizzati, cos’è una relazione off-line, o loro faranno “pasticci” quando saranno on-line. Aiutiamoli a integrare le due dimensioni, a non chiudersi solo nel virtuale, perché sembra più facile, imbarazza di meno, non mette troppo in gioco. Il virtuale deve rimanere sempre un mezzo nelle relazioni dei nostri figli, mai diventare un fine.

Ricordiamo loro che un reato è un reato, sia off-line che on-line. E che i reati si denunciano, e si prevengono. E che se tu diffondi una foto o un video hot di una ragazza, il danno legale è forse “il male minore” che compi. C’è un danno morale, che può essere irreparabile. Cercate in internet la storia di Carolina Picchio, una bella ragazza che oggi potrebbe essere qui con noi. Se solo tutti fossimo stati più attenti. Tutti. Perché siamo tutti responsabili dei ragazzi di oggi.

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