Lettera a un figlio dodicenne per spiegare l’ingiustizia

05 Ottobre 2017

In questi giorni ho sentito il bisogno di fare silenzio. C’è una violenza diffusa, che emerge tristemente dai recenti fatti di cronaca, che diventa difficile da sostenere. Ormai siamo costretti a vivere in una sorta di dissociazione schizofrenica: leggiamo di donne massacrate o stuprate, e intanto mettiamo su il minestrone per fare una buona cena ai nostri figli; c’è un attentato terroristico, e in contemporanea stiamo portando i nostri figli a fare sport; c’è un pazzo che spara sulla folla uccidendo 59 persone, e noi stiamo mettendo a dormire i nostri figli appagati di una bella domenica in famiglia. In quella stessa domenica, in un paese civile dell’Unione Europea, la Polizia prende a manganellate i civili che sono scesi in piazza a manifestare. Ecco, quest’ultima notizia è stata forse la cosa più difficile di cui parlare ai nostri figli. Il nostro secondo, nella sua ancora bella e acerba ingenuità di dodicenne, lunedì sera mi dice mentre rientravamo a casa in auto: “ma se quei poliziotti picchiano della gente che non è armata, lo Stato dovrebbe farli andare in carcere”. Eh, vallo a spiegare che stanno agendo per lo Stato. Ho fatto meno fatica a spiegargli il terrorismo due anni fa. Perché comunque la si pensi a livello politico, ci sarà certamente un po’ di verità da entrambe le parti, ma domenica si è varcato il limite. Decisamente. L’altra sera mi ha salvato il fatto che siamo arrivati a casa, c’era ancora il cane da sfamare, la cena da fare e poi correre a dormire. La schizofrenia emotiva dei nostri tempi mi ha tolto da un’impasse complicata. Però non mi piace lasciare le cose sospese e ho pensato che, per riprendere il discorso sulle ingiustizie difficili da spiegare, avrei potuto scrivergli una lettera. Chissà che in quest’epoca social non possa aiutare qualche altro genitore, che come me a volte fatica a trovare le parole giuste per dirlo.

Caro figlio,
crescendo stai imparando che la vita non è un’equazione semplice. Che ci sono cose che non dovrebbero succedere, ma accadono. Che c’è chi fa del male gratuitamente, c’è chi non sa gestire un’emozione e arriva ad uccidere per questo. Che al mondo c’è chi usa il proprio potere per schiacciare gli altri, ricattarli, abusarne. Che al mondo c’è molta ingiustizia, a volte agita proprio da quelli che dovrebbero difendere i diritti, non aggredirli. Che spesso le persone non rispettano le regole, anche se noi ti stiamo insegnando a rispettarle. Che a volte, però, anche una regola va valutata con spirito critico, perché in certi casi rispettare un ordine può essere pericoloso.

Ricordi quando abbiamo guardato insieme “La vita è bella” e parlavamo del nazismo e del fascismo? Ti dicevo che, se solo un po’ di quei militari non avessero eseguito gli ordini, se si fossero rifiutati di schiavizzare e far morire le persone nelle camere a gas, forse la storia avrebbe preso una piega diversa. Forse. Ma ti dicevo anche che, in tempo di guerra, a mia nonna bambina rubavano il pane per strada sia i fascisti che i partigiani. Perché quando c’è la miseria e la guerra, si perde il lume della ragione.

A volte lo si perde anche quando non c’è né miseria né guerra, purtroppo. Hai presente quando ti parlo dello spirito critico? Ecco, domenica è accaduto che molti di quei poliziotti non hanno agito con spirito critico; potevano contenere la folla, senza manganellare e tirare per i capelli la gente o scaraventarla giù dalle scale con tanta aggressività. E’ ingiustizia questa, figlio mio. Ma il problema è che loro facevano un lavoro, avevano ricevuto un ordine. E quando ti senti forte del tuo mandato, a volte perdi di vista i limiti del rispetto e delle regole. E’ assurdo lo so: trasgredisci una regola per far rispettare una regola che qualcun altro ti ha dato dall’alto.

Si chiama abuso di potere, e nella vita a volte lo incontrerai. Qui viene la parte difficile da spiegarti. Perché nella vita ci sono le regole da rispettare, a volte gli ordini da eseguire, ma c’è anche il Potere personale che ognuno di noi ha, la possibilità di fare la scelta giusta. E di rifiutarsi di abusare del proprio potere, o del proprio ruolo. Quando ti dico “ma se per assurdo venisse in classe il Dirigente e vi dicesse che non potete più giocare né parlare con i compagni di altre religioni o nazionalità, tu la troveresti una regola giusta? La seguiresti?” ti sto solo raccontando quello che è successo davvero nella storia, ai tempi del nazismo e fascismo. Quando ti chiedo “Ma se da domani vietassero alle persone di colore di salire sugli autobus della città, tu lo troveresti giusto? Accetteresti questa regola?” ti sto raccontando quello che è successo davvero in Sudafrica, non molto tempo fa. Lo abbiamo visto insieme in quel bel film “Invictus”, sulla storia di Mandela. Noi ti stiamo crescendo con la speranza che tu senta che quelle regole sarebbero ingiuste, e se davvero accadesse, ti rifiuteresti di rispettarle.

Si chiama disobbedienza civile. A volte è necessaria. Come è necessario nella vita ragionare con la propria testa, non avere paura di pensarla diversamente dal gruppo. Ricordi quando parlavamo della morte di Niccolò Ciatti, quel povero ragazzo pestato a sangue quest’estate senza che nessuno intervenisse? Anche quella è stata un’ingiustizia, che forse si poteva fermare con il coraggio di tutti.

Di fronte alle ingiustizie che incontrerai nella vita, ti auguro figlio mio di essere a volte un po’ impavido: di non aver paura di denunciare un corrotto, anche se questo magari ti costerà il tuo posto di lavoro; di non aver paura di difendere per strada una ragazza, se vedi che il suo fidanzato la sta strattonando per un braccio; di non aver timore di aiutare il ragazzo della tua scuola deriso dai bulli, anche se questo potrebbe metterti in difficoltà. Ti auguro, da adulto, di fare scelte di vita che cerchino sempre di rispettare le persone, i diritti, e l’ambiente in cui vivi. Continua a credere e a lottare perché il mondo sia più giusto, anche se la speranza di vivere in un mondo di giustizia e di pace è forse un’utopia”.

“Che cos’è un utopia, mamma?” mi direbbe ora il dodicenne.
Ok, alla prossima lettera.

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