I tre fili del digital export
Il tempo è come un fiocco di neve: si scioglie mentre pensiamo a cosa farne e l’effetto della pandemia sugli scambi commerciali internazionali è stato pesante soprattutto in Valle d’Aosta: secondo l’Istat il 2020 ha visto un calo delle esportazioni del 19,54% a fronte di una media nazionale del 9,7%. Proprio per questo, ora che si vede una via per uscire dall’emergenza, la responsabilità per le aziende locali è data dal consolidare la presenza su quei canali che si sono dimostrati capaci di salvaguardare le relazioni esistenti pur di fronte alla riduzione della mobilità che ha contraddistinto gli scorsi mesi.
Secondo i più recenti dati del Politecnico di Milano infatti, le vendite online realizzate da aziende italiane nei confronti di clienti stranieri sono cresciute del 14% e lo sforzo che si sta compiendo per accrescere le competenze, migliorare l’infrastruttura e agevolare la presenza delle PMI all’interno delle più importanti piattaforme lascerà indubbiamente il segno quanto al ruolo che la Rete giocherà nel futuro delle imprese. Il fatto che a maggio sbarcherà, seppur virtualmente, in Valle d’Aosta, la Digital Export Academy, il percorso di formazione organizzato dall’Istituto Commercio Estero, testimonia l’attenzione che anche nella nostra regione si dedica alla trasformazione del modo con cui si può comunicare, costruire relazioni commerciali, innovare il proprio modello di business.
L’importante però è condividere la consapevolezza che condurre una strategia di digital export non significhi necessariamente vendere online: indubbiamente, nel settore turistico, le prenotazioni online hanno da anni modificato il mercato, ma chi opera in altri contesti e, per ragioni di prodotto o per aspetti legati alle caratteristiche della propria impresa, non intenda vendere online non per questo non può trovare utile sviluppare competenze e progetti di carattere digitale.
Il digitale offre infatti un ventaglio di soluzioni molto più ampio del commercio elettronico e, proprio per questo, rende possibile anche per aziende la cui attività non può contemperarlo di servirsi di altre tecniche e di altre modalità. Il “digital export manager” ha infatti a disposizione almeno tre “fili” da intessere insieme con i quali servirsi proficuamente della Rete.
Il primo è un filo “professionale” con il quale può individuare e coinvolgere clienti e partner commerciali grazie ad alcune semplici accortezze e consuetudini:
– ricordare che le ricerche che conduce su Google sono frutto del proprio storico e della propria posizione: ecco perchè cambiarne le impostazioni (lingua e impostazioni geografiche) facilita il reperimento di risultati più pertinenti al mercato nazionale che si intende conoscere e sviluppare;
– usare i tanti siti come Similar Sites di Alexa per costruire una lista di possibili importatori e rivenditori da contattare e poi curare la propria presenza su Linkedin per coinvolgerli;
– mappare le attività che i concorrenti adottano online per comprenderne il senso e individuarne opportunità da perseguire.
Linkedin, che durante il Covid-19 ha accresciuto del 7% il numero dei suoi iscritti, si è ormai affermato come il principale social network in ambito professionale e, in attesa di riprendere a scambiare biglietti da visita e costruire relazioni nel corso di fiere e missioni all’estero, permette di entrare in relazione e acquisire rilevanza nei confronti di clienti e partner commerciali.
Il secondo è un filo “aziendale” che impegna invece il sito o gli altri ambienti digitali in cui un’azienda è presente nell’intento di non essere solo una vetrina: proporsi un obiettivo concreto come, ad esempio, invitare gli utenti a lasciare i propri riferimenti per essere ricontattati, a scaricare un catalogo o accedere ad un’area riservata è oggi possibile grazie ad un fenomeno chiamato “consumerization”. La crescente tendenza con cui un professionista riproduce infatti, anche in un contesto lavorativo, consuetudini e aspettative che nascono dal suo uso personale di Internet alza l’asticella nei confronti delle aziende che debbono comunicare online, ma crea anche le basi per un piano digitale di successo.
Il filo “digitale”, il più impegnativo soprattutto sul piano internazionale, porta invece a innovare il proprio modello di business per cogliere le opportunità del commercio elettronico con le relative ricadute sul prodotto, sui processi e sulle competenze necessarie. Di fronte a queste sfide, l’azienda ha però due canali complementari da attivare prima di decidere di vendere online con un proprio sito: la presenza su un marketplace e la collaborazione con rivenditori locali che online abbiano già saputo conquistare la fiducia dei consumatori.
Il grande storico meridionalista Gaetano Salvemini, ritornato nel 1949 in cattedra a Firenze dopo l’esilio, iniziò la prima lezione con la frase “Come dicevamo l’ultima volta…” e con queste parole si scrollò di dosso gli anni del Fascismo e della Guerra. Passata questa crisi e depositata la polvere che avrà lasciato, difficilmente sarà dunque possibile trattarla come una semplice parentesi senza conseguenze tanto dal punto di vista economico che dei comportamenti individuali: ecco perchè è responsabilità di ciascuno di noi attrezzarsi per affrontare la “nuova normalità” con gli strumenti giusti.