Sabato a Sant’Orso i funerali di Nino Ramires, storico patron del Giro della Valle d’Aosta

14 Giugno 2024

“Chi fa sport non crede che il tempo trascorra davvero, perché si sente sempre giovane”. Nino Ramires, storico patron del Giro della Valle scomparso nella notte tra giovedì 13 e venerdì 14 giugno all’età di 92 anni, aveva scritto questa dedica su una copia del libro “Il Giro Ciclistico della Valle d’Aosta”. Una dedica che – a rileggerla adesso – è l’essenza stessa dello storico patron del Petit Tour, uomo dal cuore generoso che spesso e volentieri gettava oltre l’ostacolo, anche se l’ostacolo pareva insormontabile.

Quarant’anni di storia del Giro della Valle d’Aosta

Uno scatto nel 2001 con il giovanissimo Damiano Cunego, vincitore del Giro d’Italia dei professionisti tre anni più tardi, nel 2004

Chi fa sport resta giovane, diceva Nino Ramires (Giovanni, all’anagrafe). E nel vedere la sua emozione ogni volta che si parlava di ciclismo e dei campioni che lui aveva visto nascere si finiva per crederci davvero.

In realtà gli anni passavano, a volte anche in fretta, ma Nino ha avuto sempre l’entusiasmo che lo aveva accompagnato nell’inverno tra il 1961 e il 1962. Aveva appena trent’anni, allora, e i capelli di un rosso acceso: insieme a un gruppo di appassionati del pedale gettò le basi per far nascere la prima edizione del Giro Ciclistico della Valle d’Aosta. La leggenda narra che fu una trasferta in Francia, per seguire una gara a tappe alla quale partecipava il compianto ciclista aostano Osvaldo Bassi, a far scattare la scintilla. “Perché non provare a fare qualcosa di simile anche qui?”, si domandarono Nino Ramires e gli altri.

Pochi mesi più tardi, esattamente il 6 settembre del 1962, nacque quindi il Giro della Valle. La prima semitappa con partenza e arrivo a Pont-Saint-Martin non poteva avere un vincitore qualunque: si impose Italo Zilioli, il ciclista che leggeva brani di Saffo, Eschilo, Shakespare, Leopardi, Poe, Baudelaire, Sartre e Freud, ma che di tanto in tanto prendeva pure a bastonate un certo Eddy Merckx.

Presidente dell’organizzazione Adolfo Creton, vice Giovanni Pieropan: Walter Lain e Giovanni Cossavella erano direttore e condirettore di corsa, Raymond Jans segretario amministrativo insieme a Giovanni Capurso, i fratelli Ramires (Giovanni detto Nino, Ettore e Domenico) insieme a Marino Centelleghe addetti al servizio dei traguardi volanti.

In concreto? Incrociare le dita, superare in macchina il gruppo a tutta velocità e sperare di arrivare prima degli atleti al Gran Premio della Montagna o allo sprint cash, in modo tale da annotare in modo corretto su un apposito carnet i numeri degli atleti che transitavano per primi.

Insieme a Nino Defilippis, monumento del ciclismo, alla partenza di una tappa del Giro della Valle d’Aosta

Non era più il ciclismo eroico di Coppi e Bartali che fin troppo spesso viene evocato al giorno d’oggi, ma un ciclismo verace, fatto di passione (tanta), ambizione (fondamentale), buona volontà (a palate) e tanta, tanta amicizia. Nino Ramires, nel corso dei suoi quarant’anni vissuti nel Giro della Valle, ha svolto con tutta probabilità tutti i ruoli all’interno della corsa: nelle ultime edizioni, con la sua Volkswagen Variant, anticipava l’apricorsa, ovvero la vettura che segnala l’imminente arrivo di una gara ciclistica. Da solo, con la sua auto, controllava un’ultima volta la frecciatura del percorso, la presenza agli incroci pericolosi del personale della polizia o dei volontari, individuava potenziali pericoli. In breve: un ruolo fondamentale ma che notano solo gli addetti ai lavori.

Ma a volte la passione prendeva il sopravvento e succedeva – di rado – di scovare la sua Volkswagen Variant parcheggiata a bordo strada in attesa di veder passare i ciclisti. Solo un attimo, il tempo di veder sfrecciare il gruppo a cinquanta all’ora e di provare a distinguere al suo interno quel ragazzo di talento che avevi battezzato come un possibile campione.

Spesso ci prendeva, il buon Nino, a riprova che la sua passione per il pedale andava di pari passo con la profonda conoscenza della disciplina. Nella sua casa di regione Saraillon ad Aosta fino a qualche anno fa c’era una stanza dedicata al Giro della Valle e ai ricordi di quarant’anni di ciclismo. Foto, soprattutto, ma anche video in quantità industriale. Album di tutte le edizioni della corsa, ricordi di trasferte alle gare professionistiche nelle quali la capigliatura rossa di Nino – diventata grigia con il passare del tempo – veniva prontamente riconosciuta da quei campioni affermati che solo pochi anni prima erano arrivati giovanissimi, timidi e pieni di speranze al Giro della Valle.

Le reazioni dei suoi campioni

Nino Ramires insieme a un giovanissimo Giuseppe Saronni

La notizia della morte di Nino Ramires è diventata ben presto virale nel piccolo mondo del ciclismo. “La notizia mi rattrista, in quanto riaffiorano dei bei ricordi. Una persona speciale, che ha guidato con passione e autorevolezza il Giro”, ha detto Italo Zilioli. Gilberto Simoni, che prima di vincere due Giri d’Italia vinse il Petit Tour nel 1992, era molto affezionato a Nino Ramires: “Un pezzo della mia storia che se ne va”. Olivano Locatelli, il direttore sportivo più vincente della storia del Giro della Valle, lo ricorda “Come un tipo tosto, con il quale però avevo un grande rapporto”. Wladimir Belli, una delle voci del ciclismo di Eurosport e vincitore del Giro del 1991, lo ha ricordato durante la telecronaca della tappa Lubjana – Nova Gorica del Giro di Slovenia.

E poi ci sono gli amici di tutta una vita. Cesare Cossavella, figlio di Giovanni, ne parla come “Di colui che ha saputo traghettare il Giro da un livello artigianale a uno semiprofessionistico”.

Un pezzo di storia del Giro della Valle d’Aosta: Nino Ramires, a sinistra, insieme a Cesare e Giovanni Cossavella

Il Petit Tour perde il suo Patron

Nino Ramires è stato tra i fondatori del Giro agli inizi degli anni Sessanta, ma trent’anni dopo ebbe l’idea di creare una società ad hoc – la Società Ciclistica Valdostana – che rilevasse l’incarico di organizzare la corsa, prima affidato a turno alle società di ciclismo operanti in regione. Mettere in piedi la corsa diventava ogni anno più difficile ma lui – nonostante le difficoltà crescenti – in un qualche modo riusciva sempre a trovare il modo di far partire (e arrivare) la gara.

L’impegno era assoluto, e senza timore di essere smentiti possiamo dire che spesso e volentieri Ramires ha sacrificato gli affetti familiari per il Petit Tour. In primavera andava a caccia delle sedi di tappa e degli sponsors, dopo la corsa rifaceva il giro per pagare i conti della corsa, spesso e volentieri anticipando di tasca sua soldi che sarebbero arrivati nelle casse della società solo tempo dopo.

In mezzo le emozioni di una macchina organizzativa che cresceva a dismisura, le occhiate fugaci ai campioni di domani e camionate di aneddoti. Nella sua stanza/museo sulla collina di Aosta aveva incorniciato un verbale della polizia del canton Vallese che gli contestava il passaggio a velocità superiore ai limiti consentiti di un centinaio di ciclisti e di altrettante motociclette e automobili. E poi c’era la multa per l’utilizzo delle frequenze radiofoniche, di qualche milione di lire: con il passare degli anni aveva imparato a riderci su, ma quegli intoppi organizzativi – che verosimilmente avrebbero convinto chiunque a lasciare l’incarico – sotto sotto rafforzavano la passione di Nino per il suo Giro. “I miei premi al merito sportivo”, amava definirli.

C’era però un ricordo che spesso prendeva il sopravvento, perché certe cose non puoi dimenticarle mai. La morte di Diego Pellegrini, caduto durante la discesa del San Carlo durante il Giro del 1993, lo aveva segnato in modo indelebile. Per anni era rimasto in contatto con la famiglia del ciclista di Ranica, instaurando un rapporto di affetto e amicizia con i genitori di quel ragazzo sfortunato. Probabilmente in quel settembre del 1993 qualcosa cambiò e l’entusiasmo di Nino non fu più lo stesso. Ci volle però tanto tempo prima di veder concretizzato un cambio al vertice del Giro della Valle, ma forse la verità è che in pochi – o forse sarebbe meglio dire nessuno – volevano prendersi un impegno gravoso come quello che si accollava lui. Nino Ramires dovette aspettare il 2005, e l’arrivo di Vasco Sarto, per cedere un testimone che aveva portato con orgoglio per oltre quarant’anni.

Nino Ramires premia Maurizio Vandelli, che nel 1996 vinse il Memorial Diego Pellegrini al Giro della Valle

Il mobilificio, il negozio di articoli per bambini e una famiglia speciale

La caricatura di Nino Ramires realizzata dal fumettista Marco Ghiglione

Nino Ramires era nato ad Aosta il 9 gennaio del 1932, ultimo di otto fratelli e sorelle, purtroppo tutti scomparsi. Il papà, Nicola, era arrivato in Valle direttamente da Trani, in Puglia, e con i figli più grandi aprì il Mobili Ramires nella prima sede di piazza Plouves.

Nino, in gioventù, lavorò con l’azienda di famiglia prima di aprire un negozio tutto suo in viale Federico Chabod, dove adesso ha sede proprio la Mobili Ramires. Si chiamava “Il nido della cicogna”, e fu la prima rivendita in Valle d’Aosta di articoli per l’infanzia. Cresciuto nel Borgo di Sant’Orso, nel 1952 si sposò con Rina Tullio, con la quale ha cresciuto i figli Tiziana, Roberto e Fabio: più tardi arrivarono poi i nipoti Elisa Surini, Federica, Rebecca e Alessandro Ramires. Nino Ramires era ricoverato da diverso tempo al JB Festaz di Aosta, dove è scomparso giovedì: i funerali sono previsti per domani, sabato, alle 14.30 nella chiesa di Sant’Orso. Gianni Mura, cantore del ciclismo per La Gazzetta dello Sport e La Repubblica, lo avrebbe senz’altro definito “hombre vertical”.

Il cordoglio della giunta regionale

Il Presidente della Regione, Renzo Testolin, e l’Assessore al Turismo, Sport e Commercio, Giulio Grosjacques hanno espresso pubblicamente il cordoglio a nome della  Giunta regionale per la scomparsa di Giovanni “Nino” Ramires e la vicinanza alla famiglia. “La Valle d’Aosta dice addio a un dirigente di lungo corso, una persona appassionata di ciclismo e dello sport a 360 gradi” si legge in una nota stampa. “Ramires ha rappresentato per decenni un punto di riferimento delle due ruote, portando il Giro della Valle a livello internazionale e lavorando quotidianamente con grande passione e professionalità. Una persona di una grande umanità, vera e passionale, che ha sempre anteposto il ciclismo alla sua vita privata. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nel mondo del ciclismo e di tutto lo sport valdostano”.

 

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