Sciopero Cgil, Camusso: ‘In piazza l’Italia che non si piega e non si arrende’

06 Maggio 2011

Roma, 6 mag. (Adnkronos/Ign) – Nuovamente in piazza, oggi, il popolo della Cgil per scandire uno sciopero generale indetto in solitario dal sindacato contro lo stato di "degrado e di declino del Paese" e per chiedere "meno fisco e più lavoro" soprattutto ai giovani "senza i quali non c’è futuro".

Oltre 100 le manifestazioni in tutta Italia, colorate e partecipate, mentre ad incrociare le braccia sono stati circa il 58% dei lavoratori che hanno creato non pochi disagi nelle grandi città. "Oggi in piazza c’è l’Italia che non si piega, non si arrende’, dice dal palco di Napoli il leader della confederazione, Susanna Camusso, al suo primo sciopero generale, puntando il dito contro un governo che "a trentasei mesi dal suo insediamento, continua nella sua sola e unica operazione di galleggiamento che sta determinando un pericoloso arretramento del paese".

Un governo che il Paese "non si merita", che "ci considera sudditi" spiega presentando alla piazza il lungo elenco delle bugie di questo esecutivo. Un gioco che a Napoli non può che cominciare dai rifiuti.

"Basta usare i rifiuti nelle campagne elettorali, basta giocare allo scaricabarile tra l’uno e l’altro. Se il governo vuole essere responsabile convochi un confronto a palazzo Chigi, non faccia solo comunicati. E invece di mandare l’esercito ci dica come si può risolvere il problema dell’immondizia. Ci metta le risorse e contrasti la criminalità", ammonisce.

E poi la Libia, con ‘l’operazione paura’, e ancora il Sud, "un piano presentato tante volte", il lavoro con i precari e i giovani, "senza i quali il Paese non ha futuro", il fisco ("si sposti il peso sulle rendite e sui grandi patrimoni") e infine la Costituzione.

Ma lo sguardo del sindacato è rivolto anche a Confindustria e a Cisl e Uil, compagni di un viaggio interrotto sul contratto nazionale e sui motivi che li dividono. Marcegaglia "da domani volti pagina", chiede ancora Camusso perché "da due anni fa una politica sbagliata, dividendo i sindacati, facendo accordi separati e dando deroghe ai diritti. Una politica che non ha dato nessun risultato", prosegue in attesa di quel che diranno domani gli industriali riuniti in conclave a Bergamo.

Un invito esteso anche a Cisl e Uil perché se "l’unità è necessaria", non si possono poi fare "accordi separati". "Non c’è unità se non si dà voce ai lavoratori. Si può voltare pagina, se c’è una responsabilità di Cisl e Uil è quella di non aver provato a cambiare, ma insieme possiamo", dice ancora. Immediata la risposta della Cisl. "Un sindacato diviso produce scioperi deboli e rinfocola ulteriori fratture nel mondo del lavoro e nella società italiana", riconosce il sindacato per il quale dunque "oggi più di ieri non c’è alternativa all’unità sindacale".

Ma l’unità, per la Cisl, non deve essere "il frutto di alchimie politiche o di velleitarismi astratti ed inconcludenti" perché è solo "abbandonando la deriva politica ed antagonistica, che si potranno ricostruire le condizioni per una nuova unità tra le tre grandi confederazioni sindacali del nostro paese".

Ma contro la protesta della Cgil è arrivata, dura, la critica del governo. "Quella di oggi è stata solo la fiacca celebrazione dell’ennesimo sciopero ‘allunga week-end’", ha commentato il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, definendo "scarsissima" l’adesione dei dipendenti pubblici.

Una quantificazione condivisa dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che suggerisce alla Cgil "di riflettere davvero sulla linea fin qui seguita" visto che è "ridicolo ipotizzare che il suo isolamento dipenda da una volontà di governo".
 

Exit mobile version