Ultimo giorno del In-Trecci: una discussione su intelligenza artificiale, giornalismo e innovazione
L’intelligenza artificiale è un sistema che automatizza una serie di processi e può essere applicato a un’infinità di campi: dalla medicina al giornalismo. Ed è sul suo ruolo in quest’ultimo settore che si è discusso durante la mattinata della terza e ultima giornata del Festival In-Trecci.
“La parola debole in questa espressione è intelligenza” sorride Luca Barbieri, giornalista e co-fondatore di Blum, società di consulenza specializzata nel promuovere e comunicare l’innovazione Made in Italy. “Il database di chat GPT è così vasto che ha all’interno tutto e il contrario di tutto, e il sistema non sa distinguere quello che è vero da quello che è falso. Questo tipo di progresso è inevitabile ma bisogna avere certe accortezze. Non è raro che i testi generati da questi boot abbiano seri errori. A breve saremo inondati da contenuti che non si capirà subito se sono veri”.
I rischi e le potenzialità dell’intelligenza artificiale e il ruolo dell’educazione
A livello giornalistico il progredire dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale si teme possa portare a importanti rischi, vista la facilità che questa macchina intelligente possiede nel produrre testi, immagini e video.
“Si rischia di non riuscire più a distinguere cosa è importante e cosa è vero e cosa no” allerta Luca “dobbiamo costruire un dataset da dare in pasto all’intelligenza artificiale in modo da raffinare l’output. Il problema di Chat GPT è proprio il fatto che peschi le informazioni dalla rete. Di conseguenza ci costringe ad alzare il livello, dobbiamo sempre controllare che quello che comunichiamo sia verificato”.
“Sarà difficile avere il controllo della cosa” ammette Gianna Bellò, professoressa di matematica e scienze nella scuola secondaria di primo grado “Ma possiamo agire in modo critico. Penso che sia un nodo davvero problematico”.
La professoressa si occupa del coordinamento organizzativo e didattico della rete “Robotica Educativa Valdostana”, nata nel 2019 dalla Sovraintendenza agli studi e che comprende ora dodici Istituzioni scolastiche. “Lo scopo era quello di dare gambe nuove a idee vecchissime” racconta “Già negli anni Novanta lavoravamo a progetti di microrobotica, poi tutto è caduto nell’oblio, fino a questo nuovo boom dell’informatica”.
Insieme a lei c’è Caterina Staffieri, docente di tecnologia presso l’Istituzione Scolastica Emile Lexert di Aosta e referente della sua scuola della Rete delle Scuole Valdostane di Robotica Educativa. “E’ un percorso lungo” descrive la docente “Cerchiamo di fare capire agli studenti come si classificano i dati e la loro importanza. Abbiamo sempre notato una grande motivazione in loro verso l’apprendimento di queste discipline”.
Se questa curiosità tra gli studenti è palpabile, tra gli adulti spesso prevale una sensazione di rifiuto. “Di solito con questo genere di novità si ha come un muro davanti e non si ha la voglia di superarlo con la curiosità” testimonia Caterina “Mentre nell’istituzione dove insegno questo muro non c’è”.
“Tutte le volte che si affrontano le novità bisogna essere perplessi ma non evitarle” sostiene Gianna Bellò “In fondo i ragazzi vivono in quel mondo”.
“Dobbiamo fare in modo di non creare analfabeti funzionali” aggiunge Luca Barbieri “Il tema più importante è quello educativo verso le nuove generazioni”.
“Queste tecnologie possono diventare veramente pericolose, noi dobbiamo batterci per la privacy” dice anche Massimiliano Riccio, giornalista della testata Aostasera.it “Spesso ci troviamo a chiedere cose che la macchina pesca dal nostro stesso sito, è un paradosso!”
“La professione giornalistica ha molto da fare” rincara Luca “E dall’altra il mondo della tecnologia deve imparare a comunicare. Deve avvenire un incontro tra le due in questo momento in cui le informazioni saranno sempre meno intermediate, ma la divulgazione resta essenziale, altrimenti aumenta la sfiducia verso scienza e tecnologia. E se cala la fiducia verso la scienza è a rischio anche la tenuta democratica”.
Insomma, il lavoro del giornalista come produttore di contenuti a partire dalla realtà rimane fondamentale. Quello che più preoccupa del futuro è la questione del controllo e la consapevolezza del pubblico, che andrà educato per capire cosa è vero e cosa no. “Comunque, abbiamo ancora da dire come esseri umani” conclude Massimiliano.
Gli esperimenti di Aostasera con Chat GPT
La testata AostaSera.it ha sperimentato in redazione questo mezzo, e cosa è successo l’ha raccontato Massimiliano Riccio. “Da buoni giornalisti ci siamo avvicinati a Chat GPT con scetticismo ma allo stesso tempo con curiosità” introduce. “Io ho iniziato in modo personale a scrivere domande nella chat, poi in redazione abbiamo fatto un giro di domande chiedendo a Chat GPT di parlare di noi”. Nonostante i quindici anni di esistenza e di storia di Aostasera.it, il sistema non è riuscito ad accedervi e ha generato risposte assurde e non realistiche.
“Dopodiché abbiamo cercato di educare la macchina” prosegue il portavoce. Si chiama infatti “intelligenza” proprio perché il sistema dovrebbe imparare all’interno della chat domanda dopo domanda, affermazione dopo affermazione. “Ma anche insistendo c’era un po’ di difficoltà nel far progredire la macchina” riconosce il giornalista.
La squadra di Aostasera ha poi tentato di far scrivere a questa intelligenza artificiale un articolo sulla morte di Toto Cutugno. “E’ uscito un testo divertente, ha fatto un collage di cose che gli sembrano importanti ma che in realtà non lo erano”. Ed ecco qui il ruolo del professionista che ancora non può essere soppiantato: è il giornalista in carne e ossa che decide cosa è notizia e cosa no, mentre Chat GPT non è ancora in grado di farlo, come non sa verificare la veridicità delle fonti.
Terzo e ultimo (e, finalmente, più soddisfacente) tentativo è stato quello di chiedere al boot di rielaborare un comunicato stampa. “E’ riuscito a fornirci un risultato pressoché ottimale” testimonia Massimiliano, che conclude: “Al momento noi usiamo Chat GPT per ottenere delle proposte di titolo in chiave SEO partendo da una parola chiave. E’ un processo che ci velocizza il lavoro, ci dà idee in dieci secondi, fa risparmiare soldi e ottimizzare le risorse”.