Lo psichiatra Bonetti può essere processato in appello: lo stabilisce una nuova perizia

17 Giugno 2021

L’esito della nuova perizia, affidata dalla Corte d’Appello di Torino ad un collegio, è opposto a quella precedentemente espletata: lo psichiatra Massimo Bonetti è in grado di affrontare il processo di secondo grado per le imputazioni costategli, nell’aprile 2018, una condanna a 10 anni e 8 mesi di carcere al Tribunale di Aosta. I giudici torinesi nell’udienza di oggi, giovedì 17 giugno, hanno così revocato l’ordinanza inizialmente emessa sull’incapacità di stare in giudizio del medico aostano, disponendo che compaia all’udienza in calendario per il prossimo 6 luglio, assieme ad alcuni suoi allora pazienti.

A sostenere che, per sopraggiunti motivi di salute, il medico aostano non potesse essere processato era la sua difesa, rappresentata dagli avvocati Massimo Balì e Jacques Fosson. I legali avevano presentato un’istanza, a seguito della quale era stata disposta una prima perizia, conclusa propendendo per l’incapacità di Bonetti di sostenere il procedimento. L’esito dell’accertamento, condotto da un singolo specialista, era stato però contestato dal sostituto pg Giancarlo Avenati Bassi, che aveva chiesto (ed ottenuto) di assegnare il nuovo esame a tre esperti, di cui oggi sono state valutate le conclusioni.

Oltre a questa opzione processuale, la Procura generale aveva compiuto (e chiesto di produrre) una serie di attività d’indagine – eseguite anche sentendo professionisti aostani e conducendo altri accertamenti – mirate ad evidenziare presunte contraddizioni tra il contenuto della prima consulenza e la reale condizione dell’imputato. La richiesta di depositare i nuovi atti inquirenti era stata sostenuta dall’avvocato Corrado Bellora (che tutela l’azienda Usl, di cui l’imputato era dipendente all’epoca dei fatti), che oggi, sentiti i periti, si è nuovamente associato all’ipotesi che il medico aostano tornasse a processo.

Le accuse mosse a Bonetti risalgono alla fine del 2016, quando era il “numero due” del reparto di psichiatria dell’Usl. Utilizzando anche una telecamera nascosta dalla Guardia di finanza negli ambulatori in cui riceveva, e dopo un periodo agli arresti, la Procura di Aosta gli aveva contestato la violenza sessuale ai danni di alcune pazienti, la cessione di stupefacenti (dei medicinali) ad una donna rivoltasi a lui, truffa, peculato e falso per documentazione medica “addomesticata” richiestagli. I suoi ex pazienti sono coinvolti nel processo perché, secondo gli inquirenti, gli avevano consegnato dei soldi affinché rilasciasse loro certificati con diagnosi “compiacenti”. All’udienza del 6 luglio è previsto che vengano sentiti quattro testimoni.

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