Julius Evola e la conferenza che divide, la “civile protesta” di Gressoney-Saint-Jean
Il primo a prendere in mano il microfono è Nedo Vinzio, il Presidente dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) Valle d’Aosta. “L’incontro di oggi si tiene in una delle valli più attive durante tutto il periodo resistenziale” dichiara al pubblico attento. “La Valle del Lys ospita ad esempio il Museo della Resistenza, o la Campana Aurora, che ogni giorno ricorda la nascita del movimento della Resistenza con i suoi rintocchi alle 9.15, l’orario in cui venne sparato il primo colpo”.
“Era mio padre” mi sussurra, sporgendosi, la signora seduta accanto a me. “E’ stato mio padre a sparare il primo colpo”. E’ la presidente dell’Anpi di Pont-Saint-Martin, Marie Badery, e mi spiega il perché della conferenza che sta per cominciare.
Gressoney-La-Trinité ha concesso la sala consiliare comunale per accogliere l’incontro “Tra Filosofia e alpinismo a Gressoney: Julius Evola”, in programma per il prossimo sabato 2 settembre. A suscitare l’indignazione è il protagonista dell’appuntamento, Julius Evola: filosofo, pittore e poeta vissuto dal 1898 al 1974, antisemita e vicino al fascismo.
Appresa la notizia, ad attivarsi subito è stato Massimo Ferrari, “il signore della biblioteca di Gressoney La Trinité”, l’ha chiamato Marie Badery. Lui ha inviato una lettera all’Anpi di Pont-Saint-Martin, che a sua volta è intervenuta contattando i responsabili dell’associazione di Aosta. Ed è così che si è deciso di organizzare una conferenza, in risposta a quella in programma a La-Trinité. “Erika Guichardaz, una consigliera regionale, è amica di Gad Lerner, così gli ha proposto di partecipare” mi spiega ancora la mia vicina “Mentre Massimo Ferrari ha invitato il suo amico Alberto Cavaglion”; giornalista il primo e storico e insegnante all’Università di Firenze il secondo.
L’incontro su Evola non è comunque stato organizzato dall’Amministrazione Comunale, bensì dal dottor Angelo Parrella, laureato in filosofia. “Ha richiesto di poter ospitare in un luogo pubblico comunale una conferenza da lui organizzata dedicata al tema dell’alpinismo e della filosofia ad esso connesso, garantendo che l’evento sarebbe stato di natura non politica ed esclusivamente letteraria” specifica il sindaco di Gressoney-La-Trinité Alessandro Girod “Non essendoci motivi ostativi e nel rispetto delle norme l’amministrazione ha concesso l’uso di una sala per lo svolgimento dell’evento” spiega.
“Siamo qui per esprimere una civile protesta” dice in aperturacosì Gad Lerner. “Sono rimasto senza parole quando mi hanno mandato la locandina di una convocazione in una sede pubblica, in un comune nella Repubblica Italiana, di un convegno su Julius Evola” enfatizza “nella quale costui viene presentato come uno dei maggiori pensatori del Novecento Italiano“.
“Julius Evola ha scritto molto sulla ‘negrizzazione’ dell’America, diceva che era ‘la corruzione della civiltà occidentale, che proseguiva dall’ebraismo al jazz’ che lui stesso chiamava ‘musica da negri’” racconta Alberto Cavaglion “Definiva Ella Fitzgerald non solo ‘negra’, ma ‘una massa informe e urlante di carne’. Era questo che diceva il grande alpinista di cui si parlerà sabato prossimo” ironizza con serietà lo storico.
Ad essere preoccupante è il fatto che i suoi libri suscitavano consenso tra i lettori. “I suoi libri si vendono, piacciono agli studenti” informa Cavaglion. “Giovanni Preziosi aveva definito il suo un razzismo da buongustaio” aggiunge sprezzante Lerner.
Un grande pensatore o solo un grande razzista?
Gad Lerner racconta di un gioco fatto insieme alla moglie ed alcuni amici: un “brainstorming” dei principali pensatori italiani del Novecento. Ce li ha letti, copiosi, chino sul quadernetto appoggiato sulle ginocchia: “Benedetto Croce, Antonio Gramsci, Altiero Spinelli, Gabriele d’Annunzio…” e avanti così “Se dovessi continuare a pensare chi siano i maggiori pensatori del Novecento italiani neanche lontanamente potrebbe venirmi in mente di metterci Julius Evola”.
Ad essere grave, per Lerner, non è lo studio del pensiero di Evola in sé, ma l’obliterazione della sua natura fortemente antisemita e razzista.
“Stiamo trattando di colui che ha scritto la prefazione della traduzione italiana dei protocolli dei Savi di Sion, un falso documento creato dalla polizia segreta zarista!” rafforza acceso il giornalista “Lui sapeva che erano un’invenzione costruita per alimentare l’odio contro gli ebrei, ma diceva che riconosceva una certa autenticità nel denunciare questa ‘razza predatoria’ contro la quale il mondo deve ‘ripulirsi’. Vedeva le SS come il ‘nuovo ordine cavalleresco’, quest’uomo”.
“Tutto diventa lecito nella dimenticanza e nella smemoratezza” dichiara ancora “Io ammetto che ammiro il valore poetico di Louis Ferdinand Céline e di Ezra Pound, ad esempio, che sono di stampo nazifascista, ma sono autori che leggiamo e studiamo sempre ricordando la loro biografia”.
Pensiero condiviso anche dalla docente universitaria Simona Salustri, moderatrice dell’incontro. Oltre al rischio di vedere personaggi come Ebola ridotti ad alpinisti o a grandi intellettuali evitando di parlare delle scelte che hanno fatto, secondo la docente c’è anche quello di sottovalutare le scelte di altri. “Se non riportiamo al centro le esperienze personali, mettendole su piani distinti, viene meno anche la scelta dei partigiani e di antifascisti che in forme diverse hanno fatto resistenza” si spiega.
L’inefficacia della memoria al giorno d’oggi e il divario con la storia
Altro rischio, ancora, su cui si è riflettuto durante l’incontro è stato quello del ruolo della memoria e il distacco che sta prendendo, sempre di più, dalla storia. “Sono elementi distinti” opina Simona Salustri.
Secondo Cavaglion, in questi ultimi vent’anni “la memoria ha inglobato il ruolo della storia. Si è pensato che bastasse fare politiche memoriali, decretare la Giornata della Memoria, ma tutto questo ha soprattutto colmato un vuoto: quello dell’opera degli storici. Gli storici devono fare il loro lavoro, senza pensare che con i loro libri possano cambiare il mondo e le sorti elettorali”.
E’ anche poco ottimista riguardo all’efficacia che ha avuto l’educazione in materia. “Io, dalla mia esperienza di insegnamento, di oggi rimane impressa l’immagine di La Russa che offre i fiori a Liliana Segre il primo giorno della legislatura. E’ un’immagine iconica. E’ da qui dobbiamo partire per capire dove abbiamo sbagliato”. A partire dall’approccio verso i luoghi che avevano interessato queste crudeltà disumane.
Durante questi anni “guardiamo questi luoghi come se dovessimo trascinare con un’energia didascalica a volte troppo forte i giovani al loro interno, senza invece farli riflettere sul fatto che da quei luoghi qualsiasi persona sensibile si senta respingere” fa in effetti notare.
“Quando vado a Roma e giro per i vicoli del ghetto, la prima sensazione che provo più umanamente è quella di andarmene” testimonia “Passando per quegli usci sento le voci di chi è stato afflitto dalla violenza”. Da queste acute riflessioni lo storico si è interrogato sul fatto che, forse, sia meglio educare i ragazzi ad avvicinarsi a questi posti come se alla loro entrata fosse appesa un’insegna che allarmi che al suo interno siano stati scaricati rifiuti tossici, o che sia avvenuta una catastrofe naturale. “Mi piacerebbe che gli studenti senza essere spinti dagli insegnanti si fermassero davanti a questi luoghi e che sulla soglia vengano dati loro libri e testimonianze”.
“Un futuro in cui si pensa che il razzista Julius Evola sia stato uno dei maggiori pensatori italiani è un futuro nefasto per tutti. E’ questo è il motivo per cui ci siamo oggi ritrovati, se no non andiamo da nessuna parte” conclude Gad Lerner.