La vita di “Dana, la moldava”. Donne coraggiose si raccontano in un libro
“E’ la storia di una ragazza moldava che lascia il suo paese per cercare fortuna in Italia. Le sue vicissitudini, le sue sofferenze e le sue vittorie sulle tragedie che ha vissuto sin da bambina.” Sono queste le prime righe della trama del libro, intitolato “Dana, la moldava”. Sul lato opposto, in copertina, campeggia una fotografia dell’autrice, Dana Petcu, circondata da orchidee nel suo “angolo di Paradiso”, l’Italia, dove ora si occupa di lavori domestici.
Si definisce felice e realizzata, nonostante le ambizioni giovanili non andate a termine, che l’avrebbero portata a diventare avvocato o poliziotto. Ha lasciato l’affezionata patria, famigliari, amici, abitudini e interrotto il suo corso di studi giuridici, per venire qui, in Italia. Una storia nella Storia, e non è tutto. “Storie di donne coraggiose”, è sottotitolato il brano. Alle vicissitudini dell’autrice sono state aggiunte le esperienze di altre figure femminili, audacemente emigrate come lei o che svolgono il suo stesso lavoro, “spesso invisibili, pur vivendo in mezzo a noi” commenta Margherita Barsimi, insegnante in pensione e giornalista, curatrice del brano e spalla dell’autrice, che ha raccolto le testimonianze delle “donne coraggiose”.
Dana si è costruita una nuova vita, ma non ha mai perso la sua identità e le sue origini. Il libro è un incontro tra storie e culture diverse, dove tante giovani si potranno riconoscere.
“Durante queste presentazioni chiacchieriamo, perché il libro è nato in questo modo”, rompe il ghiaccio Margherita Barsimi. Le narrazioni dettagliate delle due collaboratrici hanno catturato l’esiguo pubblico, ben distanziato nella sala della biblioteca di Donnas. I commenti e le anteprime dell’opera sono anticipate dall’intervento dell’editrice, Helena Verlucca, che decanta il lampante coraggio di Dana. “La sua è una vita interessante e movimentata” assicura. L’audacia di questa donna è dimostrata dai racconti che riempiono le pagine del suo libro; alcuni stralci sono stati letti, anzi “interpretati” da Lucio Bovo, che ne ha reso una visione vivida e accattivante.
Donnas è stata, per il momento, l’ultima tappa per l’opera di Dana, dopo Pont-Saint-Martin e Aosta.
“Qui c’è tutta la mia vita” scandisce l’autrice tenendo il libro tra le mani. Episodi d’infanzia, “un’infanzia felice”, assicura, svelando i giochi, le abitudini e le gioie, emozionata come tanti anni fa. Ma non nasconde le difficoltà, i problemi politici che affliggevano la Moldavia, la povertà, vicissitudini critiche, tra cui le attese assillanti dietro il portone della Caritas, con la preoccupazione di dover passare la notte allo scoperto. “E’ stata molto dura” ribadisce.
Appena ha conosciuto Dana, Margherita Barsimi nota subito in lei fermento e potenziale. “Dentro quegli occhi, come dei laghi di montagna, vedevo delle ombre”, confessa. Per distendere queste “ombre”, esternare i suoi turbamenti, le consiglia di “mettere nero su bianco tutto quello che teneva dentro”. Dana appare subito scettica e incerta “Lei scherza!”, è stata la sua prima reazione. Invece, straordinariamente, le pagine arrivavano copiose e la giovane si riscopre: il processo di scrittura le permette di sfogare quello che ha “tenuto dentro per vent’anni”- ammette meravigliata – “è stato come aprire la mia anima e metterla a nudo”. Una suggestione che è scoppiata nella stesura dell’ultimo capitolo: trenta pagine scritte in una notte. “Mi sono arrabbiata, commossa ed ero piena di lacrime”, racconta.
Soddisfatta della nuova esperienza, la riconoscenza maggiore è rivolta all’artefice dell’iniziativa: Margherita Barsimi, “una persona eccezionale, stupenda, dal cuore immenso, che è riuscita a tirare fuori quello che non pensavo di avere dentro di me”, spiega Dana. Queste risorse interne che ha finalmente schiarito comprendono l’amore per la famiglia, per la patria, gli amici, per le persone dove lavora e che la aiutano. Ha voluto “tirare fuori tutte le parti positive che ognuno pensa di non avere mai”, garantisce.
Infatti la curatrice riconosce: “Tutta la tempesta che c’era in quegli occhi a poco a poco si è quietata”. Helena Verlucca la chiama una “medicina narrativa”. Il libro per l’autrice non può quindi non essere già un successo. “La mia è una storia vera, sincera, di amore, che sento ancora oggi, non è una storia presunta o inventata, ma una storia vissuta che mi porterò sempre dietro e non potrà mai essere altrimenti”.
Tuttavia questo progetto, come del resto molti momenti della sue esistenza, ha generato difficoltà, affrontate sempre con tenacia. “Non bisogna mai arrendersi” esorta. La ragazza basa le sue riflessioni legandosi alla matematica, una delle materie nelle quali era molto capace, che ha addirittura insegnato. “C’è sempre una soluzione, ma bisogna impegnarsi finché non la si ottiene, come nelle equazioni”. “E’ stato difficile far partire il libro per il lettore, farlo arrivare in piazza.” – confessa – “La storia c’era, ma ha aspettato di essere letta per tre, quattro anni”. Causa le problematiche economiche e burocratiche. “E’ stata una sfida”- riconosce convinta – “ma più che mia, della signora Barsimi, che io ringrazio all’infinito” sottolinea decisa.
Tra le collaboratrici la sintonia è stata immediata “Siamo state istantaneamente simpatiche una all’altra”, dice Dana. Avevano progettato uno scambio di favori: lezioni di italiano in cambio di ore di aiuto domestico. Piano piano dalla curiosità e dagli interrogativi di Margherita, Dana, commossa, le raccontava pezzi della sua vita. “La mia anima si apriva davanti a lei”, asserisce. Così l’insegnante le propone di scrivere. “Esprimevo quello che sentivo”, racconta “Scavando, scavando, si riesce ad ottenere qualcosa di meraviglioso, che spesso per vergogna non esprimiamo”.