Un marchio per il costume di Gressoney: tutelata una tradizione secolare

12 Dicembre 2024

Ago, fili dorati e tessuti preziosi che s’intrecciano in una storia antica. Da più di cinquant’anni,  la sarta Carla Angster realizza il costume rosso di Gressoney. È rimasta l’unica a saperlo fare, portando avanti una tradizione che risale al 1500. Un sapere secolare che da oggi può contare su un marchio e un disciplinare che certificano l’autenticità dell’abito simbolo delle due comunità walser ai piedi del Monte Rosa e dettano le regole per confezionarlo e indossarlo correttamente.

Le due iniziative – presentate ieri sera, mercoledì 11 dicembre, nella residenza Halldis di Gressoney-Saint-Jean – fanno parte di un progetto per la tutela del costume tipico gressonaro portato avanti dai Comuni di Saint-Jean e Gressoney-La-Trinité, dal Centro culturale Walser e dal Gruppo folcloristico di Gressoney.  Il disciplinare è stato redatto sotto la guida della sarta Carla Angster ed è stata costituita un’apposita commissione che, riunendosi due volte l’anno, si occuperà di certificare l’originalità degli abiti rilasciando il marchio “Greschòneyer Tracht” (il costume di Gressoney in titsch, la lingua locale). Ne fanno parte Manuela Parodi e Paola Rodolfo, assessore comunali alla Cultura di Gressoney-Saint-Jean e La-Trinité, quest’ultimo capofila del progetto, Luciana Favre del Centro culturale e Delia Squindo del Gruppo folcloristico.

“È stato un lungo lavoro, cominciato nel 2015 – spiega Lydia Favre, vicesindaca di Gressoney-La-Trinité, in quegli anni assessora comunale alla Cultura -. Proprio allora ci giungevano immagini del costume di Gressoney indossato con l’abito al contrario, con la pettorina allacciata sull’abito. Ci è sembrato doveroso dover dettare delle regole affinché il nostro costume, elemento identitario di una comunità, venga indossato nel modo corretto anche al di fuori di Gressoney. L’altro obiettivo del disciplinare è di spiegare come il costume deve essere confezionato. Grazie ai cartamodelli realizzati da Carla potremo in futuro continuare a realizzare il nostro costume secondo i dettami, con le sue pieghe e le sue passamanerie dorate, senza che nessuno possa imitarlo”.

“Siamo contenti perché con il disciplinare e il marchio si va a tutelare il nostro costume – aggiunge il sindaco di Gressoney-Saint-Jean, Mattia Alliod -. Ringrazio tutte le persone che si sono impegnate per raggiungere questo importante risultato, Carla per il prezioso lavoro svolto in tutti questi anni e il Gruppo folcloristico che porta in giro il nostro abito tradizionale”.

Durante la serata, è stato presentato in anteprima il documentario “D’ròtanketò – Il costume di Gressoney” realizzato da Carlotta Beck Peccoz e Timothy Wood che racconta la storia dell’abito gressonaro, un tempo indossato quotidianamente, e il lavoro di Carla Angster che ha imparato a confezionarlo da autodidatta. “Io dico sempre che chiunque può fare il costume – spiega la sarta -. Abbiamo fatto questo disciplinare per la difesa del nostro costume. Io ho lasciato una traccia di come sono riuscita a confezionarlo, senza che nessuno mi insegnasse, ma ora il futuro è dei giovani. Chiunque sappia cucire, seguendo il disciplinare e i cartamodelli che ho lasciato può realizzarlo”.

Il ricambio generazionale non è semplice. È un lavoro che richiede molte ore e non è remunerativo. Ma l’interesse per il costume di Gressoney è più vivo che mai. Proprio con un video ispirato alla leggenda della gonna rossa – che narra di una donna che ha donato la sua vita per salvare un bambino che rischiava di cadere in un precipizio – gli studenti della scuola media di Gressoney-Saint-Jean hanno vinto il concorso lanciato in occasione della Valle d’Aosta capitale italiana del dono.

Anche il numero dei componenti del Gruppo folcloristico di Gressoney, che per tutte le sue esibizioni indossa il costume, è in crescita soprattutto per quanto riguarda i più giovani. “Per noi il costume è un modo per raccontare chi siamo, da dove veniamo e cosa facciamo – dice il presidente Amando Barell -. Siamo sempre di più e ci sono tanti bimbi che vogliono ballare e si impegnano anche grazie ai genitori. Per me il gruppo è una seconda famiglia grazie alla quale portiamo avanti le nostre tradizioni e anche noi abbiamo un piccolo disciplinare interno secondo cui viene a ballare soltanto chi ha il costume in ordine nel rispetto di chi lo fa e nel rispetto di tutti”.

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