Coldiretti smaschera il fake in Italy con false fontine
Formaggio Alpinella simile, nella forma, alla Fontina e proveniente dalla Germania. E’ un solo esempio, insieme ai pomodori San Marzano dall’Olanda e al pane di Altamura dalla Repubblica ceca, del “fake in Italy” scoperto al Brennero dalla Coldiretti dove migliaia di agricoltori sono giunti l’8 e il 9 aprile per dire stop all’invasione di cibo straniero e fermare, con il supporto delle forze dell’ordine, i tir carichi di prodotti alimentari provenienti dall’estero.
LaValle d’Aosta era presente con una folta delegazione di Coldiretti formata da agricoltori, giovani imprenditori e dirigenti insieme al Direttore Elio Gasco, alla Responsabile Donne Coldiretti Sara Manganone, al presidente regionale dell’associazione Pensionati Fulvio Borbey e al Presidente regionale Terranostra Valle d’Aosta Valter Artaz.
“Sono preoccupanti gli arrivi dall’estero di formaggi e cagliate che sfruttano la notorietà di produzioni casearie come, ad esempio, la nostra Fontina Dop minacciando la filiera zootecnica valdostana che conta centinaia di aziende agricole con il loro indotto e la loro occupazione. Senza parlare di tutti gli altri prodotti, che sono stati trovati aprendo i tir destinati in diverse parti d’Italia” hanno spiegato Alessia Gontier e Elio Gasco, Presidente e Direttore di Coldiretti Valle d’Aosta.
La mobilitazione alla frontiera del Brennero ha dato l’avvio di una grande raccolta di firme per una proposta di legge europea di iniziativa popolare che porti a estendere l’indicazione dell’origine in etichetta su tutti i prodotti in commercio nell’Unione Europea.
“Dinanzi a quella che è una vera invasione di prodotti stranieri – sottolineano ancora Alessia Gontier ed Elio Gasco – vogliamo il rispetto del principio di reciprocità: le regole imposte ai produttori europei devono valere anche per chi vuole vendere nel mercato Ue. Devono essere bloccati i prodotti che entrano alle frontiere, trattati con sostanze e metodi vietati in Europa che non rispettano le stesse normative comunitarie in fatto di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e del lavoro. Una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori europei peraltro sottoposti a regolamenti e vincoli spesso fuori dalla realtà”.