Caso Unterthiner, la risposta del presidente del “Comitato caccia”
Chi ama la natura, non può non amare il lavoro del fotografo naturalista Stefano Unterthiner. Ed è così per tutti i cacciatori, che nutrono un profondo rispetto e un’ammirazione genuina per gli scatti di Unterthiner: hanno permesso al mondo di ammirare i luoghi selvaggi che resistono sul nostro pianeta e gli animali che li popolano. Detto questo, però, non si può non osservare come nel suo recente invito a "boicottare la Valle d’Aosta" per una politica naturalistica a suo dire sbagliata, Unterthiner abbia tirato in ballo il mondo venatorio con argomenti che meritano – a mio avviso – alcune precisazioni. Soprattutto alla luce delle polemiche che il suo post su Facebook ha scatenato.
Amare la natura vuol dire anche prendersi la briga di gestire la fauna, controllando il numero delle popolazioni di selvatici in modo che queste possano crescere e svilupparsi in modo sano e compatibile con il territorio. Senza che siano poi le epidemie a riportare le popolazioni ai livelli che il territorio naturale è in grado di sfamare. Ed è il principio che ormai dall’inizio degli Anni Duemila regge la caccia di selezione: gli abbattimenti (specie, numero e classi di età) vengono decisi dalla Regione in base a rigorosi criteri scientifici. E il sistema funziona. Lo dicono i dati ufficiali, non le sensazioni. Dal 2000 le popolazioni di ungulati sono cresciute in maniera costante e robusta. Se 14 anni fa erano stati censiti 6.998 camosci, 2.079 caprioli e 889 cervi (per un totale di 9966 animali, la maggior parte dei quali confinati nelle aree protette), nei censimenti di quest’anno i numeri sono saliti a 12.587 camosci, 5.936 caprioli e 1.242 cervi (in totale 19.756 capi diffusi su tutto il territorio, da Courmayeur a Pont-St-Martin). In alcune zone abbiamo densità faunistiche addirittura superiori a quelle registrate in alcune aree protette, e l’aumento delle popolazioni di ungulati selvatici rappresenta una ricchezza per la collettività che può essere goduta da tutti i fruitori della montagna, soprattutto da coloro che non sono cacciatori.
E proprio i censimenti rappresentano una delle attività più importanti del mondo venatorio, costantemente impegnato nel monitoraggio della fauna. Anche delle specie non cacciabili come lo stambecco. Noi lo facciamo con impegno, offrendo il nostro tempo e le nostre risorse. Chi non perde occasione per criminalizzare i cacciatori, cosa fa di concreto per la fauna selvatica?
I cacciatori – al contrario di quanto scritto da Unterthiner – non hanno nessuna agevolazione. L’amministrazione regionale e il Comitato regionale per la gestione venatoria lavorano a progetti gestionali a beneficio di tutti. E, aggiungo, i cacciatori sono molto più tolleranti verso tutte quelle attività cosiddette "green" quali ad esempio lo sci alpinismo e le ciaspolate: può non sembrare, ma sono attività che arrecano un disturbo notevole alla fauna in un periodo estremamente delicato per i cicli vitali della natura.
E vengo alle domeniche di caccia. L’attività si svolge in un iniziale periodo turistico di sostanziale bassa stagione – da settembre a novembre -, in luoghi di norma turisticamente poco frequentati ed in orari che sono poco compatibili con le passeggiate (al mattino molto presto e al tramonto). Inoltre la legge nazionale 157/92 già prevede il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì. Il popolo dei cacciatori è composto per la maggior parte da lavoratori e credo che anche noi, come tutti, abbiamo il diritto di esercitare la nostra passione nel tempo libero.
Per quanto riguarda l’abbattimento delle ghiandaie, ricordo che si tratta di un’attività di controllo e non di attività venatoria. Le persone titolate prestano la loro attività in maniera del tutto gratuita, frequentano corsi di formazione (pagandoseli di tasca loro) per ottenere l’abilitazione di addetto di controllo. I capi che vengono abbattuti, poi, vengono consegnati alle stazioni forestali (che supervisionano i Piani). A conti fatti prestiamo il nostro tempo, le nostre competenze e la nostra professionalità in maniera del tutto volontaria e non possiamo essere utilizzati come bersagli soprattutto in una situazione che non dipende da noi.
Jean Claude Soro
Presidente del Comitato regionale di Gestione Venatoria