Festa della caccia, la politica schierata a difesa dell’attività venatoria
Formaldeide, palchi di corna, giacche mimetiche e pallottole: la festa della caccia è andata in scena lo scorso finesettimana nella tensostruttura costruita all’autoporto di Pollein, la stessa che la settimana prossima ospiterà Rigenergia.
Le polemiche dei giorni scorsi non hanno scoraggiato i circa 1500 amanti valdostani della doppietta, che puntualmente ogni due anni organizzano la loro manifestazione.
A dare man forte ai cacciatori c’erano le autorità politiche, in testa il presidente Rollandin e l’assessore Isabellon, che sono intervenuti ad un dibattito sulla formazione dei cacciatori. “Spesso i bambini tornano a casa da scuola infarciti di idee sbagliate e negative riguardo alla caccia” ha affermato Rollandin. “Sta all’amministrazione regionale attivarsi per spiegare ai bambini perché esiste ed è sempre esistita questa attività. Basta sostenere che chi è a favore della caccia è contro la natura, è l’esatto contrario. E’ grazie ai cacciatori, ad esempio, che preserviamo l’equilibrio faunistico, e ci difendiamo da malattie come la cheratocongiuntivite, che uccide molti stambecchi e camosci”. Riguardo alle polemiche suscitate dalla spesa sostenuta dalla Regione per la Festa, pari a 50mila euro, il presidente ha tagliato corto: “Al di là delle critiche sterili, non capisco perché negare ai cacciatori la possibilità di organizzare una manifestazione che al contrario di altre non danneggia l’immagine della Valle. Io trovo che questi siano stati soldi spesi bene”.
Identico il parere di Isabellon, che ha così sintetizzato il proprio pensiero :”Chi critica senza sapere è dalla parte del torto”.
La festa è stata l’occasione per fare un piccolo bilancio dell’introduzione, ormai decennale, della “caccia di selezione”, che si pone come fine quello di autorizzare gli abbattimenti dei capi suddividendoli nelle diverse classi di sesso e di età, secondo un preciso programma, che tiene conto del necessario mantenimento della densità della popolazione selvatica.
Da queste nuove esigenze è derivata la necessità di incrementare la formazione dei cacciatori, e questo spiega l’aumento dei corsi dedicati ai vari aspetti sanitari, biologici ed ambientali che ruotano attorno all’attività venatoria. Parallelamente, si è affinata la collaborazione con l’amministrazione regionale, che ha istituito il Cerf, Centro regionale per l’educazione faunistica. Infine, si è sviluppata in Valle anche una nuova passione legata alla caccia, ovvero la trofeistica, fino a qualche anno fa appannaggio all’area mitteleuropea. Questo spiega grande quantità di palchi di camosci, cervi e caprioli cacciati dalle varie circoscrizioni dei cacciatori ed esposti in file ordinate all’interno della fiera.
Accanto alle corna, non mancavano gli animali imbalsamati. I visitatori sono stati accolti da uno stambecco, quale simbolo della fauna valdostana, ma non mancavano le specie più esotiche, come i lupi canadesi e un orso imponente, che spiccavano tra gli uccelli selvatici, i caprioli, gli scoiattoli e tanti altri piccoli e grandi abitatori dei boschi, immobili nell’innaturale fissità della tassidermia.
Gli appassionati si sono cimentati in una competizione di tiro a segno, puntando un piccolo bersaglio. Tutto attorno, vari negozianti e rivenditori esponevano tute mimetiche, binocoli, calzature da montagna, fucili, ed abbigliamento tecnico. Infine, è stato dato spazio anche alla gastronomia. Oltre ai banchetti di vendita e al pranzo a base di selvaggina, è stato organizzato, in collaborazione con l’Unione cuochi Valle d’Aosta, un atelier di cucina, curato dal cuoco Franco Rotella.