“Altro che “Maître chez nous”, ci siamo supinamente adagiati alle decisioni dello Stato”

18 Aprile 2020

Una domanda mi sorge spontanea dopo gli ultimi atti posti in essere da alcuni governatori di Regioni a statuto ordinario. Come è possibile che questi possano adottare misure esplicitamente meno restrittive del DPCM del Sig. Conte e il Presidente di una Regione autonoma a statuto speciale con deleghe chiare su molti fondamentali settori si adagi così supinamente al DPCM dello Stato?
Scusi ma ne traggo una ovvia risposta, incredibile per la mia formazione autonomista e per la mia esperienza professionale ed umana. SI CONCORDA IN TOTO CON LE AZIONI DEL GOVERNO ROMANO.

Alcuni giorni fa ho ricevuto dalle mani di un soldato non la lettera per il fronte ma una busta contenente una misera mascherina da puffo e questa cosa mi ha fatto “arrabbiare”.
I dati del contagio da coronavirus della Valle d’Aosta dimostrano con triste evidenza che le azioni messe in atto nel corso di questo scampolo di amministrazione hanno fallito più che altrove.
Vedo anche che, peggio che altrove, quel che resta di una imprenditoria che la politica scellerata di questi ultimi 20 anni, fatta di assistenzialismo e di collusione, ha ridotto al minimo e spesso umiliato, sta soffrendo e soffrirà una crisi profonda.
Sarà in molti casi incontrovertibile e mi pare che gli strumenti messi in atto dalla giunta volutamente incompleta che presiede siano in questi giorni più errati che insufficienti.
Bisogna agire x ridurre i danni e i pericoli sulle persone che il contagio porta con sé ma anche, direi soprattutto, occuparsi con immediata urgenza della cura al sistema economico.
Ciò non può tradursi solo in soldi, che almeno dovevano essere immediati, ma sopratutto in una immediata riapertura delle attività economiche per garantire il futuro a quelle stesse persone che non sono solo potenziali malati ma anche, ogni giorno della loro vita, cittadini attivi.
Come si è giustamente chiuso tutto insieme, perché la nostra società è tutta interconnessa (il gommista è anche acquirente di variegati beni e turista e ….) così, proprio per questa stretta interconnessione tra attività della vita, si DEVE RIAPRIRE
TUTTO INSIEME.
È l’unica strategia immaginabile ed alternativa ad un rosario di decreti parziali, incompleti ed incomprensibili (aprire le librerie e i negozio di abbigliamento x bimbi è una azione quasi comica, degna di un film di Totò).
Una politica regionale immaginifica continua a fermare tutto facendo credere sul versante imprenditoriale di rilanciare un settore (ad esempio “Riapre l’edilizia”- invece riapre forse un 10% delle ditte del comparto edile) e su quello socio emozionale di chiudere tutto per tutelare la salute con editti patetici di limitazione dei mercati settimanali, che evidentemente lei non frequenta e che da anni sono solo piazze deserte di banchi distanziati anche 10 metri tra di loro.
È stata messa in atto una sequela di azioni confuse e contraddittorie che hanno visto prima una Presidenza trasformata in agenzia viaggi e poi una Prefettura di ferro degna degli anni di piombo.
Il commercio già da almeno 10 anni soffre una crisi profonda che non vede solo chi cammina per la città di Aosta senza alzare lo sguardo dal pavé.
Far perdurare la chiusura totale significa dare il colpo di grazia al piccolo commercio che vive e fa vivere Aosta e i centri storici dei borghi della nostra Valle. Significa ucciderli. Sfinire i liberi professionisti, i lavoratori autonomi, gli artigiani e tutto quel tessuto familiare e minuto di intraprendenza ed ingegno che il mondo invidia all’Italia, risponde forse ad un disegno più grande di noi, messo in atto da strateghi lontani e intravisto da visionari o complottisti, ma assecondarlo diventa per i Valdostani un ennesimo progetto senza senso che li seppellirà assieme alla loro Autonomia, per sempre. Non può essere una colpa non essere un dipendente pubblico con lo stipendio assicurato.
Senza lavoro non esiste libertà e dignità personale e senza indipendenza economica non esiste autonomia di popolo.
Il governo di una comunità può essere, spesso deve essere, distaccato, quasi cinico ma mai lontano e discriminatorio, e mai si deve percepire che lo stato di diritto sia diventato diritto di Stato.
Se chiude un negozio, una officina, una sartoria, un ristorante, se si arrende un agricoltore, un libero professionista, se un dipendente va in cassa integrazione o peggio viene licenziato, allora tutto finisce. Finisce la libertà.
Una famosa invettiva di Tacito 2000 anni or sono già diceva – FECERO IL DESERTO E LA CHIAMARONO PACE –

Altro che “maìtre chez nous”. Altro che 9/10 di una IVA che con il crollo dei consumi non esiste più. Altro che libero arbitrio. Tutti zitti a fare la coda al banco dei pegni o a pagar pegno in banca. Tutti sudditi di un potere tentennante, pericolosamente geolocalizzati, in un paese “sanificato”, governato da tecnocrati, da burocrati e da infallibili scienziati, che a questo isolamento ci hanno obbligato e condotto, con la totale inspiegabile complicità dei sindacati, sotto l’occhio quasi inerme di una imprenditoria impaurita.
Se la politica intenderà proseguire su questa strada di esclusivo contenimento del contagio con ossessive misure di limitazione personale, espressione solo del sapere scientifico, (peraltro non unanime, confuso e contraddittorio) allora temo che la cabina elettorale non basterà più per lo sfogo segreto e solitario.

Très cordialement

Citoyen Davide Bionaz

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