Coronavirus: anziché minacciare sanzioni serve maggiore impegno per mitigare il rischio
Il 17 marzo, seduto in una sala vuota, mascherato con un improbabile dispositivo di protezione individuale, peraltro inutile nello specifico contesto se egli negativo al test per Covid-19, il dr Nebiolo, Direttore Sanitario dell’Azienda USL, minacciava sanzioni ad un medico dell’Ospedale Parini di Aosta per aver violato il divieto di postare sui social durante l’orario di servizio.
Il medico si era lamentato, sui social e in modo colorito, dei dispositivi di protezione individuali messi a disposizione del personale chiamato in consulenza presso il Pronto Soccorso, a suo parere inadeguati; sui medesimi dispositivi si era espresso pubblicamente anche l’assessore lombardo al welfare anch’esso giudicandoli inadeguati, senza subire censure o sanzioni.
Tutti sanno della difficoltà a reperire mascherine, ma tutti sanno che è proprio nell’ospedale e soprattutto nel Pronto Soccorso che questi presidi non devono mancare e che è compito di chi dirige Sanità e Protezione Civile garantirne l’approvvigionamento per assicurare la sicurezza degli operatori e quindi salvaguardare la continuità dell’assistenza.
La minaccia di sanzioni per una legittima protesta, magari esplicitata in maniera impropria, ma giustificata da una situazione di stress e comprensibile umana paura, non esime la Direzione Aziendale dall’assunzione di responsabilità per essere venuti meno al proprio dovere di fornire strumenti di protezione adeguati (tipologia idonea e quantità necessarie) a chi opera in condizioni di evidente difficoltà e pericolo in questo drammatico frangente.
I primi a dover subire sanzioni dovrebbero essere proprio i vertici aziendali perché venuti meno al proprio dovere d’ufficio. E’ noto che i principali foci di infezione siano spesso partiti proprio da strutture ospedaliere dove le procedure di contenimento hanno presentato qualche debolezza ed è particolarmente sentita la necessità prioritaria di difendere la salute degli operatori sanitari, i più esposti al rischio di contagio ed insostituibili nel garantire la salute della popolazione.
Al contrario, lo stesso direttore che se l’è presa con il medico, non si è fatto sentire, il 28 febbraio, quando il Presidente della Giunta Regionale, nonché Prefetto, e l’Assessore alla Sanità dichiaravano “…la destinazione Valle d’Aosta è una destinazione sicura e ideale per trascorrere una vacanza di divertimento e relax”, e lanciavano questo messaggio che invitava alla fuga dal virus, in più lingue, sui canali della Regione.
Non abbiamo sentito in quella occasione il Direttore Sanitario dell’Azienda (a dire il vero nemmeno il Commissario Straordinario sciatore, il Responsabile della Protezione Civile e nessun altro di quanti seduti al tavolo dell’emergenza) rivolgersi con altrettanto sdegno e decisione nei confronti di questi politici, per l’occasione improvvisati esperti di epidemiologia. La responsabilità più grande di questa irresponsabile condotta è tuttavia in capo a chi dovrebbe indirizzarli e consigliarli con competenza e decisione, richiamandoli a non dire sciocchezze o compiere azioni pericolose per la popolazione (a tal proposito Presidente ed Assessore in un paese normale si sarebbero dimessi o, quanto meno, avrebbero chiesto pubblicamente scusa).
La stessa Direzione Aziendale, invece di limitare l’uso delle sale operatorie alle sole urgenze, ha continuato a consentirne l’utilizzo anche per interventi ordinari; così un paziente risultato poi positivo, forse ignorando la gravità delle sua condotta omissiva, è arrivato in sala operatoria per eseguire una rinoplastica, intervento certamente non urgente, con grave rischio di contaminazione delle persone e dei locali.
Ed anche in questo caso si attribuisce tutta la responsabilità al paziente, che rischia per questo di subire procedimenti penali, e nulla si dice i merito alle responsabilità di chi aveva le competenze ed il dovere d’ufficio, questi si, di conoscere il rischio correlato alla mancata chiusura delle sale operatorie e degli ambulatori per il lavoro ordinario e scongiurarlo con provvedimenti e procedure adeguati.
Bisogna ruggire di meno, studiare di più e impegnarsi per mitigare il rischio per consentire agli operatori di lavorare in condizioni di sicurezza per il bene di tutti.
In questo momento servono competenze, decisione, poteri straordinari da affidare alle persone giuste; si prenda esempio dalla regione Emilia Romagna, per citarne uno, che ha richiamato il dr Venturi che appunto, con capacità e decisione, sta gestendo al meglio una situazione estremamente difficile.
Lettera firmata