È tutta colpa dei ciclisti?
Appartengo, per improvvida scelta, ad una categoria di persone tra le più pericolose: i ciclisti. Per di più rientro in una sottospecie ancor più perniciosa, che fa uso di un tossico derivato, denominato, all’americana, mountain bike.
Ho appreso proprio recentemente di essere responsabile, insieme agli altri ciclisti, dell’incremento dei contagi di coronavirus, poichè, respirando più intensamente, lo espandiamo nell’aria.
Per di più – mi è stato detto – sputiamo (che schifo!) così tirando delle piccole bombe di concentrato di virus per strade e sentieri.
E’ vero.
Siamo tutti discendenti, nemmeno tanto alla lontana, dei lama, e non mi riferisco ai monaci tibetani.
Le nostre colpe, però, non si limitano a questo.
Durante il periodo di lockdown qualcuno osava addirittura andare al lavoro in bicicletta. Meno male che moltissimi hanno avuto cura di stigmatizzare con fini osservazioni questa grave condotta, e fortunatamente non è stata fatta qui la stessa stolta scelta della Svizzera, Paese notoriamente disorganizzato, ove la lobby dei ciclisti ha ottenuto di poter circolare liberamente anche nel periodo di lockdown.
Ora che è di nuovo consentito uscire, come in passato, percorriamo strade e sentieri disturbando, oltre al traffico stradale, chi passeggia a piedi, unici proprietari dei tracciati, e magari anche i loro cani che tranquillamente scorrazzano per i prati.
A queste gentili bestiole alcuni di noi giungono a tirare calci quando si avvicinano ai nostri polpacci alla comprensibile ricerca di nutrimento.
Giustamente c’è, spesso, chi ha cura di costruire lungo i sentieri dei canali di scolo ampi e profondi, con pietre appuntite che meritatamente tagliano gli pneumatici degli stolti biker che vi si avventurano. Più determinati sono però coloro che qua e là tendono piccole recinzioni, spesso in fil di ferro, che già potrebbero utilmente eliminare qualcuno di noi.
Le girandole, che non di rado innaffiano strade e sentieri, oltre ai campi, consentono a tutti una gradita doccia rinfrescante: cosa chiedere di più?
E invece…
C’è chi chiede piste ciclabili, e si stupisce di dover percorrere quella che esiste a non più di 20 km/h, di dover sorpassare i pedoni a passo d’uomo e scendere dalla bicicletta se questi fossero più d’uno. E, infine, di assicurarsi.
C’è chi chiede rispetto, ma quale rispetto può mai essere dovuto a degli untori, peraltro in ogni tempo sempre molesti?
Un discorso simile ci accomuna ai runners, che, oltre a respirare intensamente, trasportano sulle suole delle scarpe il coronavirus per chilometri fino ai condomini dove abitano, agli scialpinisti, che producono valanghe al virus che raggiungono le case nei fondovalle, e a chi semplicemente passeggia in montagna, pronto a storcersi una caviglia, a contagiare i soccorritori e ad occupare posti in ospedale.
Di fronte a questa grave realtà, credo che tutti dovremmo renderci conto che, in luogo di diffondere malattie e di produrre molestie, potremmo dedicare le nostre energie fisiche di persone altrimenti oziose alla cura dei campi.
Vendiamo le biciclette, tra l’altro spesso assurdamente costose, e compriamo un’APE, da guidare ovviamente col cappello.
Ci servirà anche per trasportare il concime, avvalendoci, quando è il caso, delle piste ciclabili dove i pochi che non seguiranno questi utili consigli avranno un giusto contatto con le sostanze a cui veniamo, non a caso, paragonati.
Per evitare che qualcuno, comunque, perseveri in queste turpi attività, mi permetto di suggerire di richiedere alla Presidenza della Regione Campania il prestito di un lanciafiamme.
E se rinunziare a questi dannosi passatempi a qualcuno può apparire spiacevole, ricordiamo che vi sono tante altre alternative, sane, che non diffondono virus.
Qualche bella bottiglia di vino, seguita da un po’ di grappa (un po’? beh, il giusto!) ci renderà allegri anche senza uscire di casa.
In fondo, qualche caso di cirrosi epatica e qualche problema cardiovascolare non sono nulla rispetto all’essersi liberati di fannulloni che non trovano di meglio che trastullarsi con aggeggi inutili coi quali recano danno a tutta la società…
Non rendo nota la mia identità perché, lo confesso, mi vergogno di far parte di questa congrega…
Lettera firmata