Ius Soli, superficialità degli argomenti e volgarità delle battute
Di fronte allo stallo politico di questi giorni sul disegno di legge dello “Ius Soli” non si può che rimanere attoniti per la superficialità degli argomenti e per la volgarità delle battute anche in una realtà pluriculturale come la Valle d’Aosta. Gli attacchi a Papa Francesco, alle associazioni laiche e cattoliche che stanno raccogliendo le firme per sostenere la nuova legge, sono gravissime. Non meno grave è la mancanza di coraggio di chi, avendone la forza parlamentare, sceglie, di non perseguire fino in fondo un obiettivo minimo di civiltà e di rimandarlo “sine die”. La questione però non si può ridurre alla incultura politica di qualcuno. Questi atteggiamenti (sia quello offensivo che quello dilatorio) sono “calcolo politico” perché vorrebbero lucrare consenso sul crescente sentimento popolare di diffidenza nei confronti dei migranti che, cinicamente alimentato, non fa distinguo ne riflessioni. La crisi economica ha reso più fragile il tessuto di coesione e la capacità di apertura e accoglienza delle persone ed è sotto gli occhi di tutti il crescere di una paura collettiva diffusa. Una paura generica, informe, motivata da una angoscia verso il futuro, sulla quale è facile innestare un “nemico”.
Una “difesa naturale” dalla paura è proprio l’esperienza quotidiana dei nostri figli, soprattutto a scuola e fuori, nelle loro relazioni amicali. Sono i nostri ragazzi, quelli italiani dalla nascita, che ci chiedono, sempre più insistentemente, per quale motivo gli adulti permettono che i loro amici e compagni di vita debbano essere discriminati. Se li ascoltiamo capiamo anche per quale motivo sullo “Ius Soli” si manifesta questa ostilità politica e questa violenza verbale e sociale. Perché lo “Ius Soli” farebbe emergere, una volta per tutte, la vera realtà dell’immigrazione nella nostra società: loro sono già italiani e valdostani per “decreto” dei propri coetanei e stanno costruendo il loro futuro, insieme. Chi siamo noi per impedirlo? Se questa è, dunque, la realtà che cosa dobbiamo fare per contrastare questa paura degli “adulti” che vorrebbe ignorarla?
La prima questione, a mio parere, è non fermarsi alla sottolineatura etica e di principio. Vi è il dovere di entrare nel merito della questione e di affrontarla (e comunicarla) politicamente con razionalità. La razionalità ci dice che occorre, al più presto, una legge sulla cittadinanza. Tra i tanti argomenti a favore basterebbe fare due conti per chiudere la questione. l’Italia, come l’Europa in generale, si sta svuotando. Pochi sanno che, con le attuali “politiche” di denatalità e gli ostacoli all’immigrazione, l’Italia sarà, tra qualche decennio, un paese fantasma con 10 milioni di abitanti in meno e 5 milioni di ultra-65enni in più.
Di questo passo la percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori, che oggi è del 37%, passerà nel 2040 al 65%. Il Sistema previdenziale di questa “Italia” è insostenibile. Le donne italiane vorrebbero fare i figli ma rimandano e rimandano perché la conciliazione maternità – lavoro è un’impresa immane e “chissà se si sopravvive con uno stipendio solo”. Viceversa nel nostro Paese vivono 800.000 ragazzi di seconda e, ormai, anche di terza generazione. Sono italiani di fatto ma, purtroppo, non di diritto. Possiamo permetterci questo scenario? E’ evidente che occorrono politiche pro-natalità moderne e eque e una forte legge sulla cittadinanza. Una decisione contraria sarebbe uno storico errore che faremo pagare, in particolare, proprio, alle generazioni future.
Fabio Protasoni