60 anni fa: il Boom

14 Settembre 2023

Il Boom di Vittorio De Sica

Giovanni (Alberto Sordi) è un imprenditore pieno di debiti che, pur di continuare a vivere insieme alla moglie la girandola di agi e benesseri del Boom, è disposto a vendere un occhio. Non appena riceve l’anticipo, allestisce una serata a base di vino & aragosta con amici e famiglia per festeggiare il successo del taciuto affare. Il giorno dell’operazione, però, è già fissato e lo attende dietro l’angolo. Con Alberto Sordi che indossa i noti panni del megalomane istrionico all’italiana, Il Boom è una fine analisi psicologica della divaricazione tra identità e maschera, una tragicomica espressione dell’alienazione, dell’inganno e dell’autoinganno del soggetto, un’esplosione di comicità destinata allo scacco del dramma. Se ti piacciono i ritratti tra virgolette della commedia all’italiana, puoi recuperare anche Il Vedovo di Dino Risi.

Una storia moderna – L’Ape Regina di Marco Ferreri

Ape regina

Un commerciante di automobili (Ugo Tognazzi) giunto alla quarantina decide che è arrivata l’ora di ammogliarsi. La sua dolce metà è la illibata, cattolica, rispettabile e pudica Regina che, appena dopo il matrimonio, matura un acuto desiderio sessuale sino alla maternità. La metafora animale è limpida: la donna è l’ape regina, l’uomo il fuco destinato all’abbandono e allo sfinimento psicologico e fisico dopo aver assolto al proprio compito. Tassello anti-matrimoniale, anti-clericale e anti-borghese della poetica di Ferreri, L’Ape regina è una grottesca storia moderna sull’ipocrisia delle apparenze, una radiografia lucida e nera sui disequilibri familiari, uno sguardo cinico e nichilista sulle vere radici dell’azione umana.

Il pollo ruspante di Ugo Gregoretti

C’è una differenza tra polli ruspanti e polli d’allevamento, spiega un padre (Ugo Tognazzi) al figlioletto. I due sono in autogrill, nascente luogo dei consumi, e la metafora è talmente folgorante da tramutare tutti i clienti in polli. Se i ruspanti dispongono del libero arbitrio, quelli d’allevamento – come lui – sono asserviti alle logiche sociali. Con Ugo Tognazzi che rappresenta l’ipotiposi dell’addomesticamento alla società, l’episodio del film collettivo Ro.Go.Pa.G. fotografa in modo graffiante l’anonimato della catena omologante e omologata degli allevati sociali e si conclude nel dramma, in dialogo con Il Boom e Il Sorpasso, innervato in tutta la sua interezza da una domanda esistenziale attualissima: «Ma perché non dobbiamo mai essere all’altezza?»

I mostri di Dino Risi

Un dizionario antropologico e sociologico dei peggiori difetti, vizi e tic degli italiani: i due colonnelli della commedia all’italiana Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman danno volto, corpo ed espressione all’ipocrisia, al cinismo e alla mostruosità italica in 20 episodi tragicomici. Uno specchio amaro e pungente del Paese. Quindici anni dopo, con “I nuovi mostri” (Monicelli, Risi e Scola), alla coppia Tognazzi-Gassman si aggiunge Sordi, ma i difetti italici non vanno incontro ad alcuna indulgenza rappresentativa. Da guardare insieme a La Ricotta di Pasolini (episodio di Ro.Go.Pa.G.).

Il successo di Dino Risi

Nonostante la laurea in legge, il trentottenne Giulio Cerioni (Vittorio Gassman) si reputa “di professione fallito”. Sentendosi emarginato dalla cuccagna che frequenta insieme alla moglie, l’uomo vende tutto, dalla famiglia agli amici, dai conoscenti alla propria stessa dignità. Evaporata l’illusione, la sua sfrenata corsa verso il successo, così come quella dell’anno precedente incalzata dal sorpasso (Dino Risi, 1962), coincide con lo smarrimento di ogni ideale. Ai protagonisti di Gassman che negli anni Sessanta e Settanta tentano di sottrarsi alla legge (profeti, tigri, mostri, avvocati & co.), rimangono tra le dita solo la solitudine e disincanto, la perdita degli ideali e la morte, metaforica se non letterale: il tempo dei soliti ignoti è finito.

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