Isao Takahata: il poeta dell’animazione giapponese di nuovo al cinema

18 Luglio 2024

Questo luglio, le sale cinematografiche italiane ospitano una retrospettiva dedicata a uno dei più grandi maestri dell’animazione giapponese, Isao Takahata, un’occasione imperdibile per scoprire (o riscoprire) l’opera di un autore che ha segnato profondamente il mondo dell’animazione.

Isao Takahata nasce il 29 ottobre 1935 a Ujiyamada, nella prefettura di Mie, Giappone. Fin da giovane, manifesta un grande interesse per la letteratura e il cinema, passioni che coltiva durante gli studi all’Università di Tokyo, dove si laurea in letteratura francese. Durante questo periodo, sviluppa un profondo apprezzamento per il neorealismo italiano e per il cinema d’autore francese, influenze che plasmeranno il suo approccio artistico futuro. La sua carriera nel mondo dell’animazione inizia nel 1959, quando entra a far parte della Toei Animation, uno degli studi d’animazione più importanti del Giappone. Qui incontra Hayao Miyazaki, con il quale instaura un sodalizio artistico che segnerà la storia dell’animazione giapponese. La collaborazione tra i due dà vita a numerosi progetti, con Takahata spesso nel ruolo di regista e Miyazaki come animatore o direttore artistico.

Isao Takahata al Festival International du Film d’Animation d’Annecy del 2014


Nel 1985, Takahata e Miyazaki fondano lo Studio Ghibli, destinato a diventare uno dei più influenti studi di animazione al mondo. Il nome “Ghibli” deriva da un vento del deserto e simbolizza la volontà di portare un soffio d’aria fresca nel mondo dell’animazione. Mentre Miyazaki si distingue per il suo stile fantasy e le sue storie avventurose, Takahata sviluppa un approccio più realistico e poetico, spesso affrontando tematiche sociali e storiche con una sensibilità unica. Il loro lavoro congiunto, pur caratterizzato da stili differenti, ha sempre mantenuto una coerenza qualitativa straordinaria, contribuendo a ridefinire il panorama dell’animazione mondiale.

La poetica intima di Isao Takahata

Takahata ha sviluppato una poetica unica caratterizzata da una profonda sensibilità verso le tematiche umane e sociali. Le sue opere esplorano la bellezza della vita quotidiana e le sfide della condizione umana. Due dei suoi film più rappresentativi, “Una tomba per le lucciole” e “Pioggia di ricordi”, illustrano perfettamente questa poetica, offrendo narrazioni toccanti e visivamente straordinarie.

“Una tomba per le lucciole” (1988) è una potente critica alla guerra. Ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, l’opera segue la straziante storia di due fratelli, Seita e Setsuko, che si ritrovano orfani e lottano per la sopravvivenza in un Giappone devastato dai bombardamenti. Attraverso gli occhi innocenti dei due bambini, Takahata esplora il dolore della perdita, la sofferenza e la disperazione, ma anche la speranza e la bellezza effimera della vita. La narrazione è priva di sentimentalismo forzato, ma riesce a toccare profondamente lo spettatore grazie alla sua sincerità e delicatezza.


“Pioggia di ricordi” (1991), invece, offre una riflessione nostalgica sulla vita e l’infanzia. La protagonista Taeko, una donna di 27 anni che vive a Tokyo, decide di prendere una pausa dalla sua vita frenetica e di recarsi in campagna. Durante il viaggio, Taeko ripercorre i ricordi della sua infanzia negli anni ’60, alternando tra il presente e i flashback della sua giovinezza. Takahata utilizza questi ricordi per costruire un ritratto intimista e profondo della protagonista, evidenziando le piccole gioie e le sfide della crescita.

Una tomba per le lucciole di ISao Takahata


In entrambi i film, il regista dimostra una straordinaria abilità nel trattare temi complessi con una sensibilità e una profondità uniche. La poetica di Takahata è un invito a guardare oltre la superficie delle cose, a trovare la bellezza nei momenti più semplici e a riconoscere la forza dell’animo umano anche nelle circostanze più difficili.

La storia della principessa splendente: Il canto del cigno di Takahata di nuovo al cinema dal 25 luglio

L’ultima opera di Takahata, “La storia della principessa splendente” (2013), nelle sale italiane dal 25 al 31 luglio, rappresenta il culmine della sua carriera e la sintesi perfetta del suo stile narrativo e visivo. Basato sul racconto popolare giapponese “Storia di un tagliabambù”, il film racconta la storia di Kaguya, una bambina misteriosa trovata all’interno di un bambù e cresciuta da una coppia di contadini. Man mano che Kaguya cresce, la sua straordinaria bellezza attira l’attenzione di nobili e cortigiani, ma il suo cuore resta legato alla semplicità della vita rurale. “La storia della principessa splendente” è un film visivamente stupefacente. Takahata utilizza un’anacronistica animazione ad acquerello e carboncino che ricorda gli ukiyo-e (stampe giapponesi), creando un’atmosfera poetica e onirica unica. Ogni scena è un dipinto vivente, con una cura meticolosa per i dettagli e una straordinaria sensibilità artistica.


La protagonista, Kaguya, è un personaggio complesso e affascinante. La sua crescita da bambina spensierata a giovane donna costretta dalle aspettative sociali è tratteggiata con una delicatezza e un’intensità che commuovono profondamente. La musica di Joe Hisaishi, compositore di fiducia dello Studio Ghibli, accompagna magistralmente la narrazione, enfatizzando i momenti di gioia, tristezza e riflessione.
Un’esperienza cinematografica che tocca l’anima e lascia un’impronta duratura nel cuore di chi la vive.

Pioggia di ricordi di Isao Takahata


Isao Takahata ci ha lasciato nel 2018, ma il suo lascito continua a vivere e a ispirare generazioni di spettatori e animatori. I suoi film non sono semplice intrattenimento ma opere d’arte che ci invitano a riflettere sulla nostra umanità, sulla bellezza della vita quotidiana e sulla fragilità del nostro mondo. Ogni opera di Takahata è un viaggio emozionante e riflessivo che merita di essere vissuto. In ogni suo film, c’è un pezzo di anima che parla direttamente al nostro cuore, ricordandoci che anche nelle storie più semplici si nasconde la grandezza della vita. 

di Gianluca Gallizioli

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