Dallo studio delle lingue al linguaggio dei fiori: la svolta di Jean Courtil
Prima ancora delle serre, che accerchiano la casa, a catturare lo sguardo di chi si trova a passare sulla collina di Saint-Christophe sono i fiori. Coloratissimi, rigogliosi e pieni di vivacità, riempiono gli interi balconi dell’abitazione di famiglia. Un biglietto da visita, ma anche un utile punto di riferimento per chi non conosce ancora l’Ortofloricoltura Courtil Jean.
Non c’è da stupirsi se i fiori che tutti gli anni l’azienda in località Veynes 1 sfoggia, scatenano ammirazione e invidia dei passanti. A farli crescere e curare ci sono infatti le mani di chi è nata e vissuta nella Riviera dei Fiori e qui in Valle d’Aosta si è trasferita per amore.
“Mia mamma è arrivata dalla Liguria per sposare mio padre. – racconta Jean Courtil – Già lì aveva con la famiglia una grossa azienda che vendeva all’ingrosso frutta e verdura”. Dopo il matrimonio, mentre il marito lavorava alla Cogne Acciai Speciali, la mamma di Jean ha iniziato a seminare piante di pomodori, porri e cipolle, che poi andava al mercato di Aosta a vendere. “Si vendevano le piantine, in fogli di legno pinzati, che poi le persone trapiantavano”. Non erano ancora i tempi dei vasi di plastica, i primi arriveranno solo negli anni Ottanta. La prima serra vede la luce nel 1979. Dieci anni dopo il padre decide di lasciare il lavoro in Cogne per dedicarsi all’azienda di famiglia.
“Un po’ per volta ci siamo ingranditi e dopo gli ortaggi abbiamo iniziato a produrre fiori, talee e gerani, che venivano invasati e venduti in primavera. Fine anni Ottanta, inizi anni Novanta si sono aggiunti i crisantemi e nuovi terreni, sui quali sono state installate nuove serre”.
Oggi l’azienda conta sei serre per un totale di superficie di 1750 metri quadri. A gestirle, coadiuvato dalla mamma Pasqua e da una dipendente, è Jean, che nel 2009 ha concluso il percorso da giovane agricoltore. Nonostante sia cresciuto in mezzo a fiori e piante, la passione di Jean, 44 anni, è relativamente recente. Gli studi sono stati infatti dedicati alle lingue. “Ho frequentato il Liceo linguistico di Courmayeur e poi mi sono iscritto all’Università. Il primo anno sono però entrato in crisi e così ho iniziato a lavorare nell’autunno del 1996 nell’azienda di famiglia. E’ stata una valvola di sfogo, mi ha aiutato molto, diventando poi una passione.” Quella per le lingue in qualche modo è rimasta. “Facendo questo lavoro ho imparato i patois di tutte le valli”.
Ha dovuto invece ridimensionare l’altra passione, quella per i viaggi. “E’ un lavoro che ti impegna tutto l’anno. Non esiste Natale, Pasqua o Ferragosto. Tutte le mattine e le sere bisogna innaffiare. Il maggior impegno si ha da febbraio fino a fine ottobre. A febbraio si iniziano a seminare cipolle, porri, peperoni, pomodori per trapiantarli poi a marzo e venderli da metà aprile in poi. I fiori, come ad esempio le talee, si mettono nei vasi dai primi di marzo, per venderli poi da metà a aprile fino a luglio. A giugno arrivano i crisantemi da coltivare durante l’estate, sperando poi di venderli tutti entro fino ottobre. In inverno c’è invece solo una serra riscaldata con le viole e altri fiori”. La sveglia tutti i giorni suona alle 6.30 del mattino per innaffiare. Alle 8 inizia la vendita fino alle 12 e dalle 14 alle 19. “A fine giornata bisogna spostare dalle serre più in basso a quelle più in alto quanto è stato venduto e trapiantare quanto non sei riuscito a fare in giornata”.
Fatica che viene ripagata dalla fidelizzazione dei clienti. “C’è un’offerta talmente ampia sul mercato. Il fiore si trova ovunque, dal supermercato al consorzio agrario, se vuoi che il cliente torni in vivaio bisogna costruire con lui un rapporto, consigliarlo, spiegargli perché la pianta gli è morta, perché se abita all’Adret o all’Envers è meglio quel tipo di pianta, piuttosto che un’altra. Non è solo la vendita, ma anche dirgli cosa gli stai vendendo e come può coltivarlo.”
L’altro atout messo in campo dall’azienda è la costante ricerca di stare al passo con le ultime novità del settore.
“Sui fiori ad esempio da alcuni anni è esplosa la moda della “vista”, un incrocio fra la petunia e solfinia, che rimane più voluminosa e non richiede tanta cura, se non essere spesso bagnata. Avendo la famiglia di mia mamma un’azienda in Liguria è più facile, perché le novità lì arrivano prima che qua.”
A dare una mano al settore è stato invece il lockdown. “Da fine aprile del 2020, quando siamo potuti tornare a vendere, abbiamo venduto in quindici giorni quello che si vendeva di solito in un mese e mezzo. La gente aveva voglia di uscire, di colore, di addobbare il terrazzo e poi sono esplosi gli orti sul terrazzo. Per qualcuno la passione è già finita quest’anno, altri invece si sono appassionati e sono arrivati a togliere un pezzo di praticello per ricavarsi un orto.”