Killer della Uno bianca in Valle per una vacanza comunitaria di Comunione e Liberazione
Una settimana in Valle d’Aosta, più precisamente a Breuil-Cervinia nella Valtournenche, per partecipare ad un appuntamento organizzato dalla cooperativa per cui lavora da quindici anni, nelle ore che trascorre fuori dal carcere. Tale possibilità è stata concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Padova a Marino Occhipinti, classe 1965, ex poliziotto della Squadra Mobile della Questura di Bologna, arrestato nel novembre 1994 per essere uno dei killer della “Banda della Uno Bianca” e, in seguito, condannato all’ergastolo.
Considerato un componente minore del gruppo di fuoco, per aver preso parte ad una sola azione criminale (un assalto ad un furgone portavalori dinanzi alla “Coop” di Casalecchio di Reno, il 19 febbraio 1988, nel quale morì la guardia giurata Carlo Beccari e rimase ferito il collega Francesco Cataldi), Occhipinti, assieme ai tre fratelli Roberto, Fabio ed Alberto Savi (il primo e l’ultimo indossavano anch’essi l’uniforme della Polizia di Stato all’epoca dei fatti), riportò comunque la pena del carcere a vita nei processi celebrati dopo aver sgominato la banda.
A quanto si apprende dalle colonne del “Gazzettino”, il provvedimento del Tribunale di sorveglianza fissa, per la settimana in Valle dell’ex membro della banda che terrorizzò l’Emilia Romagna per sette anni, due condizioni: il mantenimento del regime di libertà vigilata e il divieto di intrattenersi con persone estranee all’evento alla base del provvedimento. Di quest’ultimo, per la verità, è noto davvero poco, giacché non vede alcun tipo di promozione: sarebbe organizzato da Comunione e Liberazione, con il coinvolgimento della cooperativa “Giotto” (per la quale, appunto, lavora il detenuto), all’hotel “Cristallo”, un quattro stelle nella conca del Breuil ove il movimento che si riconosce in Don Giussani ha tenuto, già in passato, appuntamenti di ritiro estivi, testimoniati anche sul sito web di Cl.
La notizia ha naturalmente destato clamore e, se per ora dai rappresentanti padovani di Comunione e Liberazione non giungono repliche ufficiali, fonti del movimento rilanciate dalla redazione bolognese del quotidiano “Repubblica”, oltre a manifestare disappunto per il trapelare della notizia, precisano che Occhipinti, come già accaduto in passato, sta partecipando a una vacanza comunitaria e che dunque la sua presenza ai piedi del Cervino va contestualizzata, in quanto si tratta “di una settimana a base di raccoglimento ed esercizi spirituali”.
Tra quanti scontano pene per i delitti della “Uno Bianca” (oltre a lui e ai fratelli Savi, venne condanno anche Pietro Gugliotta, scarcerato nel 2008 grazie all’indulto e alla legge Gozzini, mentre Luca Vallicelli patteggiò tre anni e otto mesi ed è oggi libero), Occhipinti è colui che, ad oggi, ha fruito di più istituti di reinserimento previsti dalla legge, scattati per la sua condotta di "detenuto modello". Nel marzo 2010, con un decreto motivato, l’ex sovrintendente della “Squadra Narcotici” – in quel momento in carcere da 16 anni – si era visto concedere l’opportunità di partecipare ad una “Via Crucis” nel padovano, con altri detenuti ed accompagnato da operatori sociali. Nel gennaio 2012, inoltre, gli è stata riconosciuta la semilibertà, vale a dire la possibilità di uscire dal carcere durante il giorno per “partecipare ad attività lavorative, istruttive o utili al reinserimento sociale”.
In occasione del primo permesso-premio, Occhipinti aveva dichiarato: “Per quanto siano gravi i reati che ho commesso e per quanto mi abbiano segnato in maniera irrimediabile, riguardano solo 15 giorni della mia vita. Un pugno di giorni che hanno sconvolto per sempre la mia vita. Non intendo accampare scusanti, o peggio ancora misconoscere le mie responsabilità, intendo solo non riconoscermi in quel giovane uomo che a causa di una serie di circostanze estreme e irripetibili, si è ritrovato a compiere atti che ora paga amaramente”.
Degli altri componenti della banda, nell’agosto 2006 Roberto Savi aveva fatto richiesta di concessione del provvedimento di grazia al tribunale di Bologna, ritirandola ventun giorni dopo, a seguito del parere sfavorevole della procura generale del capoluogo emiliano. Il fratello Fabio, invece, chiese nell’ottobre 2014 di usufruire, a posteriori, del rito abbreviato, che avrebbe tramutato l’ergastolo in trent’anni di detenzione. Tempo due mesi e la domanda, in dicembre, incassò il “no” della Corte d’Assise bolognese. Infine, il più giovane dei tre, Alberto, nel febbraio di quest’anno, dopo ventitré anni ai “Due palazzi” di Padova (lo stesso carcere in cui è recluso Occhipinti) ha ricevuto un permesso-premio di dodici ore (cui la Procura aveva dato parere contrario), trovando ospitalità in una comunità protetta.
Misure legate al comportamento in cella, previste dalla legge a fini riabilitativi per tutti i detenuti e quindi anche per gli ex “Uno Bianca”, destinate però a scontrarsi in eterno contro le ragioni ed i sentimenti di chi, leggendo tali notizie, non ha più al suo fianco un marito, un padre, un figlio, o un fratello. Tra le voci in disaccordo, poco fa, via “Twitter”, si è alzata anche quella del conduttore televisivo Bruno Vespa. “Credo nel recupero dei detenuti – ha ‘cinguettato’ – ma la vacanza di un ergastolano della Uno Bianca in un 4 stelle della Val d’Aosta mi pare uno schiaffo”.
Le vittime della furia omicida che impazzò tra Bologna e Pesaro a cavallo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta furono ventiquattro. Tra loro, un poliziotto e cinque Carabinieri, servitori dello stesso Stato tradito dai fratelli Savi e da Occhipinti (ma anche da Gugliotta e Vallicelli, a loro volta agenti) trucidando barbaramente quando non erano in servizio.