Ollomont tra fango e macerie: il racconto per immagini di un paese che fa il conto dei danni
Il giorno dopo l’esondazione del Buthier di Ollomont, causata delle colate di detriti indotte dalla pioggia caduta per buona parte della giornata di ieri, martedì 9 agosto, il paese non conta vittime. Le evacuazioni e i provvedimenti decisi nel tardo pomeriggio dal Comitato Operativo Comunale e dalla Commissione interforze hanno scaturito il loro effetto, evitando conseguenze alle persone. I danni, però, quelli non mancano e il loro conto non sarà né semplice da chiudere, né indifferente.
Arrivando in auto nella località della Valpelline, fino al capoluogo, a parte qualche mezzo dei Vigili del fuoco e della Protezione civile, nulla tradisce l’inferno di acqua e fango che ha scosso la zona. Gli appassionati di trekking sono già in cammino, con zaini e racchette, come fino a ieri mattina. E’ dallo spiazzo in cui la strada continua verso Glassier, dove staziona una pattuglia di Carabinieri, impedendo l’accesso, che il paesaggio si trasforma, diventando quasi irriconoscibile e creando una barriera tra “prima” e “dopo” l’inizio delle piogge.
Il fango non ha solo ricoperto asfalto, marciapiedi ed altri elementi di arredo urbano, ma si è insinuato tra le case di Les Fontaines e La Cou, sostituendosi letteralmente a prati e piazzali, e trascinando con sé buona parte di ciò che ha incontrato, oltre a riempire locali interrati e garages, danneggiando irrimediabilmente il loro contenuto. Moto, roulottes, biciclette, auto, ma anche laboratori ed attività: nulla è stato risparmiato.
La sensazione, anche per chi è stato anche poche volte in quei luoghi, è surreale. C'è qualcosa di lunare: la “lingua” limacciosa, dalla quale a tratti affiorano panchine, cisterne e ringhiere piegate, rendendo irregolare la sua inquietante uniformità, è colata fino a pochi passi dell’impianto di risalita di “Berio”. Attorno ad ogni casa, i Vigili del fuoco e la Protezione civile, con bob-cat, badili a mano e pompe, sono impegnati per ripristinare condizioni di vivibilità, che difficilmente sono immaginabili immediate.
Le tracce della furia di acqua e melma, con mucchi di pietre alti come persone, raggiungono il culmine ove la strada attraversa le case di Vouèce-Dessous. Al lavoro, in poche centinaia di metri, ci sono almeno sei scavatori. Gli abitanti sono intenti a pulire e a recuperare gli oggetti non danneggiati. Dello spavento, nessuno parla, ma lo si legge ancora sui loro volti. Alcuni si limitano a dire che “i detriti hanno fatto da tappo sul ponte”, a spiegare il perché di ferite del territorio tanto evidenti. A pochi passi da loro, l’immagine emblematica di questa calamità: una cappella votiva quasi completamente seppellita dal fango.
In quel tratto si trovano anche un “bed & breakfast” ed un ristorante. Sono sul lato della strada apparentemente meno danneggiato ed anche se ancora in grado di lavorare dovranno fare i conti con le conseguenze dell'accaduto: la difficoltà momentanea nel raggiungerli e la partenza anticipata di diversi ospiti, in una stagione in cui non è ancora trascorso ferragosto, sono ferite che bruceranno non poco sul turismo di Ollomont, già non fatto dei numeri delle località di punta.
Continuando verso Glassier, malgrado le abitazioni si facciano più rade, gli argini del fiume appaiono erosi per lunghi metri, con acqua e detriti che hanno flesso come fili d’erba numerosi tronchi d’albero. Oltre allo scroscio del torrente, nell’aria riecheggiano solo i motori dei mezzi impegnati nel disalveo. All’arrivo all’altezza della cascata di Beauregard, la scena è spettrale. Da immediatamente sotto la parete da cui cade l’acqua, ancora di colore marrone scuro, fino al bordo della strada sottostante, fango e sassi hanno semplicemente “asfaltato” la superficie, per centinaia di metri.
Stando ai racconti e ai video di chi era qui nelle ore del dramma, è proprio dalla cascata, per effetto delle piogge battenti, che si sono scaricati inizialmente fango e massi, creando “a catena” il resto dei danni incontrati salendo. Ad un certo punto, il cammino taglia due pareti di detriti che superano in altezza persone ed automezzi. Poco più a valle, due tecnici dell’Arpa sono impegnati in rilievi con un drone: la visione dall’alto, come già restituito dalle immagini scattate durante il sorvolo in elicottero di stamane (pubblicate da aostasera.it sul suo profilo Facebook), lascia pochi dubbi quanto al fatto che la stima di “milioni e milioni” di Euro di danni annunciata stamane dal sindaco Joel Créton sia tutt'altro che in eccesso.
A Glassier la strada termina e alcune scene di serena quotidianità combattono, almeno idealmente, lo sfacelo. Appena prima del cartello che annuncia la frazione, gli ospiti del campeggio “San Michele” (anche se allontanati solo precauzionalmente) han potuto far rientro nelle tende e, con numerosi bambini e adolescenti tra loro, giocano a volley al centro della struttura. Nel dehors del bar del villaggio, due escursionisti sorseggiano bibite. Poco più lontano, alcuni ragazzi lombardi caricano le loro cose sull’auto parcheggiata poco lontano.
“Si torna a casa. Dovevamo stare fino a venerdì, ma stasera e domani le previsioni sono nuovamente brutte, non ha senso rimanere”. Ecco, oltre a tentare di riprendersi da quello che è capitato ieri, e a contrastare i suoi strascichi, Ollomont sta a guardare col fiato sospeso anche quanto succederà nelle prossime ore. Non servono delle vittime affinché un evento calamitoso si trasformi nel dramma di una comunità. Il perché è tutto tra questi mucchi di macerie, fango e sassi.