Per i ghiacciai alpini il 2022 è l’anno peggiore di sempre
Prosegue inalterata e ininterrotta la lenta agonia dei ghiacciai alpini, che negli ultimi mesi, oltre alla riduzione della massa glaciale, hanno subito frammentazioni ed emersioni di isole rocciose più o meno ampie che non faranno che aggravare ulteriormente le future fusioni. A comunicare il dato relativo alla tragica annualità di rilevamenti 2022 è stata l’Arpa della Valle d’Aosta, occupatasi peraltro nei giorni passati di identificare per conto della Regione i 9 principali settori ambientali e socioeconomici che subiscono gli effetti del cambiamento climatico e andando così a definire le azioni da intraprendere per ridurne gli impatti.
I ghiacciai
Consci delle peculiari condizioni meteo-climatiche dell’anno tuttora in corso – caratterizzato da scarsi livelli di precipitazioni invernali nonché di temperature estive particolarmente torride -, gli esperti di Arpa sono reduci da importanti attività di monitoraggio condotte tra il mese di maggio e il mese di settembre sul ghiacciaio di Timorion nella Valsavarenche e sul ghiacciaio del Rutor a La Thuile.
“Il valore di accumulo nella prima zona risulta tra i più bassi dell’intera serie di misura degli ultimi 22 anni, ciò che comporta una perdita nel solo 2022 del quadruplo del ghiaccio rispetto alla media degli ultimi 20 anni – si legge nel documento rilasciato dall’agenzia, che pronostica tra i prossimi 2 o 5 anni uno scioglimento completo alla cresta sommitale -. Attraverso il confronto fotografico tra le superfici del ghiacciaio alla fine di questa e della passata stagione, è stato stimato che il calo di massa di ghiaccio risulta il più gravoso registrato in tutta la serie storica di misura”.
A soffrire maggiormente dei capricci del clima sono, secondo Arpa, i ghiacciai posti alle quote intermedie e privi di bacini di accumulo in grado di raccogliere masse nevose capaci di sopravvivere a estati torride come quelle degli ultimi anni; grazie alla sua posizione di confine, peraltro, il ghiacciaio del Rutor, ha potuto beneficiare di perturbazioni atlantiche che rendono gli accumuli misurati più elevati rispetto a quelli dei settori interni della nostra regione.
“Lo scarso innevamento rilevato al momento della misura dell’accumulo ha esposto repentinamente la superficie glaciale a una precocissima sparizione generando un valore ridotto che colloca l’inverno 2022 al sesto posto per scarsità di massa lungo un periodo di monitoraggio di 18 anni – spiega ancora la nota degli esperti -. Misurazioni ulteriori della fusione glaciale, che ha toccato picchi di oltre 9 metri nelle zone frontali destra e intermedia, hanno mostrato come a fine luglio si fosse già raggiunto il livello di scioglimento dell’intera stagione dell’anno 2020-2021”.
I cambiamenti climatici
Sfida coinvolgente società, politica e ambiente, quella del riscaldamento globale rappresenta una problematica rilevante tanto nella regione quanto nei restanti arco alpino e zone montuose dell’intero Pianeta.
“In Valle d’Aosta si è verificato un innalzamento di circa 1,7°C rispetto al periodo 1974-1995, risultato ovviamente maggiore in primavera e in estate, ciò che ha finito con il ridurre la proporzione di precipitazioni nevose rispetto alle precipitazioni totali e la durata del manto nevoso al suolo – commenta la “Strategia di adattamento al cambiamento climatico” predisposta dalla Regione -. Nel 2035 le temperature medie annue aumenteranno di +1°C rispetto al periodo 1980-2010, mentre al 2050 si attende un ulteriore incremento compreso tra +1.1°C e +2°C, quest’ultimo riducibile unicamente tramite adeguate politiche di contenimento dell’emissione di gas serra”.
Tra gli ulteriori effetti delle variazioni climatiche nei prossimi decenni si riscontrano un aumento della probabilità degli eventi estremi, una riduzione della durata della neve al suolo soprattutto nel fondo valle e in media montagna e sui versanti soleggiati, la fusione e il ritiro costanti dei ghiacciai alle quote minori e profonde modificazioni nella stagionalità della portata dei torrenti e, conseguentemente, del bilancio idrico estivo.
La “Strategia di adattamento al cambiamento climatico”
Proprio nell’ottica di uno sviluppo di azioni necessarie per reagire a tali effetti in modo da minimizzare la vulnerabilità e saper cogliere alcune opportunità derivanti dall’innalzamento delle temperature si colloca la “Strategia di adattamento al cambiamento climatico” regionale. Tale analisi si concentra su 9 principali settori ritenuti prioritari in quanto rappresentativi del sistema ambientale, economico e sociale nostrano e identifica per ognuna specifiche aree maggiori di intervento e apposite modalità di adattamento.
Gli obiettivi principali sottolineati dalla ricerca per ciò che concerne le risorse idriche risultano la “compensazione degli effetti della modificazione delle portate naturali, il miglioramento delle condizioni ecologiche dei corsi d’acqua, la garanzia di disponibilità e standard di elevata qualità di acqua potabile e depurazione e l’adeguamento del contesto normativo e autorizzativo locale”.
Rilevante importanza rivestono anche i tentativi di riduzione della comparsa di nuovi rischi idraulici, idrogeologici, erosivi, glaciali, valanghivi e boschivi tramite azioni di monitoraggio, ottimizzazione dei sistemi di protezione e sensibilizzazione collettiva; non dissimili nemmeno le azioni di ricerca e divulgazione finalizzate ad arginare la perdita di biodiversità nonché alla conservazione di habitat e specie vulnerabili.
Accanto a un incremento della stabilità delle foreste che passi attraverso la tutela del paesaggio e la lotta alla vulnerabilità ai cambiamenti climatici, sul versante di agricoltura e allevamento la strategia punta a “proteggere la produzione agricola vegetale e animale dagli impatti diretti e indiretti di eventi climatici estremi e agenti patogeni e garantire la disponibilità irrigua riducendo perdite e sprechi nonché la funzionalità dei suoli reagendo contro il pericolo di erosione e di perdita di fertilità del suolo”.
Sul piano della fruizione turistica, invece, il documento promuove “una nuova e più diversificata offerta sostenibile capace di sfruttare la destagionalizzazione dei flussi, la ricerca di nuove opportunità legate al clima e le nuove esigenze emergenti dall’emergenza epidemiologica”: per fare ciò, oltre a iniziative di messa in sicurezza di infrastrutture e sentieristica, sarebbe necessario impegnarsi nell’abbattere la quantità di incidenti nel settore anche attraverso iniziative mirate di informazione circa l’adozione di comportamenti maggiormente corretti da parte di turisti, residenti e operatori.
Se la tutela della salute pubblica passa attraverso “la riduzione della vulnerabilità della popolazione alle ondate di calore, la messa in campo di servizi assistenziali adeguati di medicina di montagna per la protezione da malattie infettive e allergie e la mitigazione di qualità dell’aria e variazioni meteorologiche”, il comparto energia non può prescindere dal “contributo determinante offerto dall’idroelettrico al bilancio energetico regionale”.
Alfine, pianificazione territoriale e urbanistica mirano a creare “nuove modalità per vivere la montagna basate sul miglioramento delle condizioni di benessere sociale, ecologico e ambientale, sulla tutela delle caratteristiche paesaggistiche e sul potenziamento dei servizi distribuiti sul territorio, favorendo la riqualificazione urbanistica ed edilizia e l’ottimizzazione dell’ecosistema urbano e della dotazione del verde urbano”.