Cime Bianche: le prime proposte alternative
A seguito della lunga e ampia raccolta firme recentemente depositata in Regione, il comitato “Salviamo le Cime bianche” si rimbocca le maniche e, come promesso, si impegna nel vagliare e nel proporre alternative alla realizzazione di un impianto funiviario nell’omonimo vallone.
“Si tratta di un territorio tutelato da normative europee, statali e regionali per sua propria conformazione per nulla adatto alla pratica dello sci e impossibilitato a ospitare una stazione intermedia – si legge nella nota rilasciata dall’associazione -. Le unicità di tale ecosistema richiedono di essere indagate, salvaguardate e promosse per farne leva fondamentale di uno sviluppo sociale ed economico armonico e duraturo nonché di una diversificazione dell’offerta turistica rispetto alle sole attività sportive”.
Sul piano paesaggistico ma con l’eccezione del settore a monte di Saint-Jacques, il vallone risulta soggetto al regime di “Zona speciale di conservazione” e “Zona di protezione speciale” previsto dalle regolamentazioni europee.
“Proponiamo pertanto di creare un parco naturale che, in continuità con il Parco dell’Alta Val Sesia, comprenda le Cime bianche, il Vallone di Nana e i pianori di Tzere e di Verra e che, con i soli 50 milioni di euro corrispondenti alla metà del costo realistico del collegamento funiviario, avrebbe vita garantita per ben 40 anni nonché posti di lavoro qualificati e permanenti attorno alla quindicina – prosegue ancora il comunicato del comitato “Salviamo le Cime bianche” -. Il parco non soltanto permetterebbe di soddisfare aspettative delle nuove generazioni non esclusivamente legate alla sola attività turistica bensì fornirebbe anche l’opportunità di accedere a svariati fondi europei e nazionali volti alla riqualificazione della rete sentieristica, alla creazione di ostelli o foresterie nella zona di Fiéry, al rilancio dell’attività agricola e alla tutela a lungo termine degli equilibri ambientali”.
Arrivano in Consiglio regionale le oltre 2mila firme raccolte
Le oltre 2.300 firme raccolte dalla petizione popolare “Salviamo le Cime bianche” di salvaguardia dell’omonimo vallone di Ayas hanno raggiunto nella mattinata di oggi, venerdì 28 ottobre, la segreteria del Consiglio regionale. Consegnati direttamente dal presidente del Club alpino italiano della Valle d’Aosta, Piermauro Reboulaz, e dal referente dell’associazione “Ripartire dalle Cime bianche, Marcello Dondeynaz.
“Si tratta di un impegno di peso non soltanto per i circa 25 chili di fogli trasportati ma soprattutto per la vasta adesione di valdostane e valdostani dell’intero territorio regionale che hanno ritenuto che il patrimonio di questa regione andasse valorizzato e non dissipato – il commento di Reboulaz e Dondeynaz, che si dicono stupiti delle ulteriori 400 firme collezionate a pochi giorni dalla chiusura del termine ultimo per l’adesione all’iniziativa -. Grazie davvero alle tante persone impegnatesi per ottenere tale risultato, donne e uomini, ragazze e ragazzi, spesso assai distanti dalla politica ma capaci di arricchire di cuore e passione la nostra campagna”.
“Una grande impresa collettiva”
“Dopo un anno di campagna, esordita a novembre dell’anno passato, questa nostra grande impresa collettiva che da Ayas a Pont-Saint-Martin ha saputo coinvolgere i valdostani tramite passaparola e presenze costanti nei mercatini nelle prossime settimane volgerà finalmente al termine con il ritiro degli ultimi documenti – spiegava circa un mese fa durante una conferenza stampa Marcello Dondeynaz, referente dell’associazione “Ripartire dalle Cime Bianche” -. Si tratta della prima petizione popolare presentata dopo le modifiche alla normativa apportate nel giugno scorso, le quali hanno contribuito, tramite l’obbligatorietà di presentare autodichiarazioni di residenza e cittadinanza italiana nonché di allegare un documento di identità, a rendere ancora più complessa una procedura di doveroso confronto con le forze politiche”.
Gli obiettivi
Tra le finalità perseguite dall’associazione e dal CAI c’è anzitutto la volontà di dare voce a valdostane e valdostani che ritengono necessario valorizzare il patrimonio della propria regione senza alterarne le condizioni paesaggistiche.
“Siamo convinti che sia del tutto inammissibile e incomprensibile l’atteggiamento di arroganza con cui la Regione ha sempre rifiutato di rispondere al nostro invito di abbandonare lo studio di fattibilità di un opera irrealizzabile poiché contrapposta alla normativa vigente, pertanto abbiamo intenzione di obbligare la politica a confrontarsi con le nostre richieste – continuava ancora Dondeynaz -. Siamo tuttora impegnati, inoltre, in una campagna informativa a sostegno di proposte di conservazione e diffusione delle unicità delle Cime Bianche, favorita dalla stampa e dalla distribuzione di circa 30 mila pieghevoli dotati di efficaci sintesi e concretezza”.
“Un impegno che proseguirà”
Notando con piacere l’ampia partecipazione di donne e ragazze alla raccolta firme da loro indetta, i vertici di Ripartire dalle Cime Bianche e del Cai non mancano di plaudire anche al sostegno di coloro che hanno voluto far sentire la propria vicinanza alla causa con videomessaggi o email provenienti da fuori regione.
“Ancorché limitato alla petizione, il nostro è un impegno che proseguirà nell’ottica di una promozione e una valorizzazione delle unicità naturalistiche, archeologiche, geologiche, storiche e culturali racchiuse nel vallone di Ayas – anticipava Dondeynaz -. Abbiamo in aggiunta avviato una proficua collaborazione con il Politecnico di Torino, che invierà in Valle d’Aosta una delle sue studentesse per uno stage nel quale ella valuterà anche da un punto di vista tecnico e scientifico le alternative a un impianto funiviario a nostro avviso del tutto superfluo”.
Economicità sociale
Come evidenziato da Piermauro Reboulaz, presidente del Cai della Valle d’Aosta, le due associazioni hanno voluto mettere “passione e libertà intellettuale a favore dei cittadini che hanno voluto aderire, considerando quanto osservato e confutato non professionisticamente bensì professionalmente”: per tale motivazione, egli non ha scordato di sottolineare la necessità quantomai urgente per una regione a forte frequentazione turistica di focalizzare sforzi e risorse nelle maggiori fonti di attrazione locale.
“Siamo profondamente convinti nel domandare il pieno rispetto di leggi e norme di tutela imprescindibili nonché nel ribadire le nostre intime convinzioni – commentava Antonio Montani, presidente generale del CAI -. In circostanze del genere non si può valutare soltanto l’economicità finanziaria ma si deve guardare anche a quella sociale per poter trovare soluzioni alternative atte a proteggere le nostre montagne cosicché anche le generazioni future possano amarle come abbiamo fatto e stiamo tuttora facendo noi”.
Scarso vantaggio economico
In chiusura alla conferenza stampa odierna, il vicepresidente del CAI della Valle d’Aosta Marco Bonelli ha voluto effettuare un breve excursus sulla tematica dell’impatto economico che i lavori di costruzione di un impianto funiviario nonché di una pista da sci nel territorio delle cosiddette Cime Bianche riscontrerebbe sull’intera regione.
“Esclusi gli elevati investimenti iniziali per l’avvio di attività invernali, a causa dei cambiamenti climatici che impongono un innevamento artificiale dal costo oneroso, tale tipologia di impresa risulta sempre meno redditizia – conclude l’uomo -. Ciò implica sia che i rincari vadano a gravare sugli utenti fruitori degli impianti sia che sistematicamente gli enti locali si impegnino per ricapitalizzare società incapaci di sostenersi finanziariamente anche se non si tratta di attività di pubblica utilità bensì organi finalizzati a trarre profitto”.
Le prime proposte alternative
Secondo il comitato “Salviamo le Cime bianche”, a ciò va a sommarsi la peculiarità geologica del vallone, la quale, grazie a sedimenti rocciosi precisi i quali serpentiniti del mantello e vecchi gabbri e basalti della crosta oceanica, si fa testimone di antiche fasi oceaniche originarie della catena montuosa delle Alpi, un unicum a livello tanto italiano quanto straniero per completezza, distribuzione e leggibilità dei vari elementi nonché delle varie associazioni mineralogiche presenti.
“Proponiamo in tal senso di attivare un sistema di visite guidate del percorso geologico ideato dal compianto Francesco Prinetti e associato a opportune applicazioni tecnologiche o QRcode che permettano di ascoltare illustrazioni e spiegazioni concernenti i diversi punti di interesse della zona – si legge nella nota rilasciata dal Cai e dall’associazione sostenitrice dell’iniziativa di salvaguardia delle Cime bianche -. Oltre a ciò, crediamo che l’Alpe Mandria possa ospitare un nuovo “Centro visita dell’Oceano Perduto”, dove presentare tramite appositi apparati multimediali la storia dell’orogenesi alpina come proposto dal professor Rodolfo Soncini Sessa”.
Tra le ulteriori suggestioni di valorizzazione geologica del vallone figura anche, secondo il parere dei due gruppi coinvolti, la candidatura di Ayas quale “Unesco Global Geopark, ciò che renderebbe l’area “meta di centinaia di visitatori giornalieri interessati alla conoscenza del territorio favorendo l’utilizzo degli impianti di risalita anche nei periodi primaverili e autunnali”.