All’udienza sui sequestri della Corte dei conti toni pacati, ma lotta dura tra difese e Procura
E’ durato tre ore il “faccia a faccia”, dinanzi al giudice della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Alessandra Olessina, tra il procuratore regionale Roberto Rizzi e gli otto legali che difendono i ventuno consiglieri regionali, in carica ed ex, cui sono stati posti sotto sequestro conservativo, nell’ambito dell’inchiesta contabile sui finanziamenti regionali al Casinò, immobili e conti correnti.
L’udienza riguardava esclusivamente la conferma o la revoca del provvedimento di blocco di beni e depositi – già oggetto di una precedente ordinanza del magistrato, che aveva “liberato” alcuni importi, rispetto ai “ceppi” posti inizialmente – ma, nel richiedere l’annullamento della misura per i loro assistiti, i difensori hanno messo sul tavolo argomenti che finiscono con l’entrare nel merito delle accuse mosse dalla Procura, relative ad un presunto danno erariale appena inferiore ai 140 milioni di euro, di cui si discuterà nel processo fissato per il 27 giugno prossimo. I toni delle parti sono pacati, ma la lotta è dura.
Le difese avvertono: il Casinò è elemento fondante dell’Autonomia
Per tutti i legali intervenuti, al termine del confronto a porte chiuse si esprime l’avvocato Carlo Emanuele Gallo di Torino. “Abbiamo cercato di smontare l’iniziativa del Procuratore – afferma – richiamando una serie di aspetti, cioè la centralità del Casinò e del connesso Hotel Billia nell’economia della Valle d’Aosta fin dal dopoguerra, la correttezza del comportamento dei consiglieri ed assessori che hanno sempre rispettato le varie leggi regionali che hanno previsto il finanziamento e gli approfondimenti che sono stati fatti in via istruttoria”.
Interrogato su questi ultimi, il legale spiega che “rispetto alle volte scorse abbiamo sottolineato soprattutto un dato: il ruolo del Casinò nell’esperienza autonomistica della Valle. Sino dal 1946, quando si pensava che la Valle d’Aosta potesse essere acquisita dalla Francia – perché De Gaulle aveva mandato giù le truppe ad Aosta – l’apertura del Casinò è stata considerata uno degli elementi per sostenere l’economia valdostana. Non solo il turismo, proprio l’economia e questo è stato riconosciuto anche dalla Corte costituzionale”.
“Tante altre regioni italiane vogliono il Casinò, – incalza l’avvocato Gallo – ma il governo nazionale, la Corte costituzionale han detto ‘no, ci sono delle peculiarità che risalgono ad anni lontani’. Questi sono aspetti che abbiamo rappresentato e che, secondo noi, anche lo stesso Procuratore ha colto. Probabilmente, all’inizio non tutto poteva essere così chiaro. E poi ci sono tutte le leggi regionali che hanno sorretto questo tipo di iniziativa negli anni. Nel 2001, 2006, 2009 il Consiglio regionale ha adottato delle leggi. Se non si condividono si va alla Corte costituzionale, non si può fare un’indagine e chiedere un sequestro sui beni di coloro che hanno votato le leggi”.
Infine, per l’avvocato Gallo, le erogazioni alla Casa da gioco “non sono un danno, perché questi soldi, che derivano comunque dal perimetro regionale, quindi non vanno a danno di nessuno, né dello Stato, né della finanza nazionale, sono stati tutti utilizzati per il Casinò e per l’Hotel Billia. Il Casinò è lì, il Grand Hotel, in parte rifatto, in parte in corso di ristrutturazione, è lì e danno, secondo noi, non ce n’è”. In sostanza, “le scelte a favore del Casinò, e dell’Hotel Billia che fa parte dello stesso complesso, sono istituzionali della Val d’Aosta, a partire dallo Statuto e dalle leggi successive. Sono state scelte compiute in modo prudente e oculato e quindi i nostri assistiti devono essere prosciolti e, quantomeno per ora, il sequestro”, che rappresenta una decisione tale da mettere “nei fatti in pericolo l'autonomia regionale”, “deve essere eliminato”.
La Procura ribatte: l’Autonomia richiede rispetto
Argomenti sui quali il procuratore Rizzi non fa mistero del suo punto di vista. “L’autonomia – dice – non è un ombrello che ripara dall’applicazione della legge. L’autonomia è un grande vantaggio per la comunità valdostana, ma richiede il massimo rispetto per essere esercitata”. Il nodo ruota attorno alle modalità di finanziamento della casa da gioco: per il magistrato inquirente, la Regione può finanziare il Casinò unicamente secondo il “cammino” tracciato dalla legge regionale 49 del 2009. In sostanza, la previsione del trasferimento va inserita nella legge finanziaria regionale.
“E’ evidente – aggiunge il Procuratore – che la legge regionale sconta i limiti di finanza pubblica. Quindi, chiedere alla Regione di limitarsi a quella possibilità d’intervento significa sterilizzare la possibilità d’intervenire, perché i limiti di bilancio pubblici, soprattutto all’epoca cui ci riferiamo (con patto di stabilità e quant’altro), non consentivano all’Amministrazione di poter finanziare. Soprattutto, non lo avrebbero comunque consentito in una situazione del Casinò da anni così compromessa, perché altre leggi prevedono la non sostenibilità delle partecipate che abbiano perdite per tre esercizi successivi”, condizione in cui Saint-Vincent si è trovata.
Insomma, a quel tempo (le quattro operazioni contestate hanno avuto luogo tra il 2012 e il 2015) erano in essere “tutta una serie di vincoli”, che “sono stati completamente bypassati”. “E’ evidente – conclude Rizzi – che la sensibilità nella valutazione di questi vincoli è diversa da parte della Procura e da parte degli amministratori. Loro ritengono di poter fare quello che serve loro nell’esercizio del mandato e il mantenimento del consenso è uno dei tanti obiettivi. La Procura agisce soltanto per il rispetto della legge”.
Considerando che la procedura di finanziamento, per gli inquirenti, non è stata seguita correttamente e che, sempre secondo loro, i vincoli in essere non avrebbero consentito le erogazioni, la domanda su quale alternativa avrebbe avuto l’Amministrazione regionale sorge spontanea. “Non mi esprimo sull’alternativa. – afferma il Procuratore – E’ mestiere di altri e sarei presuntuoso a farlo. So soltanto che, così come è stata fatta, non poteva essere portata avanti l’operazione di salvataggio. Io mi posso arrestare fino all’esame del fenomeno. Le soluzioni spettano a persone ben più preparate di me”.
Inchiesta Casinò, le eccezioni più comuni
Conversando con i cronisti, il Procuratore regionale ha poi ribadito le posizioni del suo ufficio in merito ad alcune delle obiezioni maggiormente ricorrenti, nel tempo, delle difese dei citati a giudizio. Rispetto al fatto che le “iniezioni di liquidità” da parte della Regione non costituirebbero danno erariale, perché si tratta di mutui – e, in quanto tali, soggetti a restituzione – il magistrato mette l’accento sulla “sequenzialità dei finanziamenti nel periodo di tempo”. In sostanza, “la situazione finanziaria compromessa del Casinò poteva portare a una gestione fisiologica soltanto in presenza della continua erogazione di fondi da parte della Regione. Esaminando il bilancio del casinò, la capacità di solvenza della Casa da gioco è quantomeno dubbia”.
Sulla natura pubblica dell’attività del Casinò, il Procuratore precisa che il “servizio pubblico però non è il servizio del gioco d’azzardo”, ma quello “strumentale all’incremento dell’occupazione, del turismo e di quant’altro. Lo prevede la legge istitutiva della casa da gioco”. “E’ evidente – osserva al riguardo Roberto Rizzi – che la veste privatistica del Casinò incontra alcuni limiti che derivano dal fatto di essere una partecipata pubblica”.
Però, dal punto di vista della Procura, non mancano anche i benefici, rappresentati dalla “possibilità di godere dei finanziamenti che altrimenti, sul mercato, certamente non avrebbe ottenuto. Le difese lo hanno candidamente sostenuto. I tassi di interesse praticati e l’ammontare delle somme erogate qualsiasi imprenditore privato non li avrebbe erogati. Una banca avveduta, vedendo i bilanci del Casinò, certamente non li avrebbe erogati e comunque non al tasso dell’1%”.
Infine, sull’aspetto che Rizzi considera essere stato sollevato dai legali dei convenuti come “antidoto contro l’azione di responsabilità” sul Casinò, vale a dire l’importanza dello stesso sul piano occupazionale, il Procuratore ritiene “evidente che quei posti di lavoro sono un bacino elettorale straordinariamente grande per i politici che se ne sono avvalsi, ma ovviamente l’obiettivo della Procura non è eliminare posti di lavoro”, bensì “consentire che i finanziamenti avvengano secondo legge”.
La decisione attesa nei prossimi giorni
Il giudice Olessina si pronuncerà nei prossimi giorni sulla revoca, sulla modifica, o sulla conferma del provvedimento di sequestro a carico dei ventun amministratori regionali, di oggi ed ex. Anche su questo aspetto, ed in particolare sul fatto che la decisione possa arrivare – tra festività e tempi tecnici – oltre il 20 maggio, data delle elezioni regionali, si registra l’ulteriore divergenza tra difese e Procura. L’avvocato Gallo ribadisce che tale scadenza non è stata ricordata esplicitamente al magistrato, perché “sarebbe stato poco garbato”, ma “si era già detto che l’incidenza sul patrimonio poteva ridurre la possibilità di iniziative in campagna elettorale” per chi è soggetto al sequestro e nuovamente candidato.
In merito, il procuratore Rizzi allarga le braccia, ma non in silenzio: “le iniziative giudiziarie, quando devono essere intraprese, purtroppo troveranno sempre qualche detrattore pronto a dire che il momento non è opportuno. Facciamo mestieri diversi. Io esercito la giustizia e la esercito con i tempi e comunque con lo scrupolo che caratterizzano la toga. Il fatto che ci siano delle elezioni in mezzo, mi dispiace per i candidati, ma è un accidente. Non posso far condizionare l’attività della Procura dal fatto che c’è un’elezione in corso”.