Anziana legata al letto per i polsi, infermiera condannata
E’ finito oggi con una condanna, a 4 mesi di reclusione (pena sospesa), il processo all’infermiera 58enne Daniela Rosset, imputata di sequestro di persona. La donna era finita a giudizio per aver legato al letto, per i polsi, una ospite di una Rsa del capoluogo regionale, nella notte tra il 27 e il 28 agosto scorsi. Le indagini erano nate da una segnalazione in Procura della direzione della struttura, dopo un’indagine interna, culminata in alcuni giorni di sospensione, senza stipendio, della dipendente.
La causa si era aperta lo scorso 4 marzo, con una udienza dedicata alle testimonianze utili a ricostruire l’accaduto. Ascoltando quelle deposizioni, di chi aveva raccolto le confidenze della paziente de della donna a giudizio, era emerso che l’inoltro della segnalazione all’ufficio inquirente (avvenuto circa un mese dopo i fatti) aveva richiesto anche la diffida di un legale, attivato da una collega dell’imputata.
Inoltre, durante le deposizioni era pure affiorato come dal Direttore della struttura, nel settembre dell’anno scorso, sarebbero giunte pressioni per una risoluzione della situazione senza giungere a denuncia. La circostanza aveva condotto il giudice monocratico Marco Tornatore all’invio degli atti in Procura, affinché venga valutato di procedere nei confronti dell’uomo per minacce per far commettere un reato.
Anche l’imputata, nella scorsa udienza, aveva hiesto di essere ascoltata in aula. Ha spiegato che non le era mai capitato prima di legare una paziente, ribadendo poi quanto già sostenuto nelle indagini, cioè di averlo fatto perché la donna, una 73enne, continuava a togliersi la maschera dell’ossigeno. “Si lamentava e mi insultava, ma non è rimasta legata per più di venti minuti”, aveva sottolineato l’imputata. Il tempo, in realtà, aveva contestato il pm Francesco Pizzato, sarebbe stato almeno il doppio, secondo la coordinatrice infermieristica che ha portato i fatti all’attenzione della direzione.
Il ricorso alla misura di contenimento non risulta essere stato annotato sul diario della paziente. L’imputata ha ricondotto tale assenza ad una dimenticanza. Per l’accusa, che ha citato anche alcuni testimoni al riguardo, senza prescrizione medica non vi è la possibilità di legare un degente (e, nel caso specifico, non vi sarebbe stato nemmeno consulto con un sanitario). Secondo la difesa dell’imputata, in realtà, non esistevano alternative. L’accusa aveva invocato una condanna a sei mesi di carcere.