“Bonnie e Clyde” dei furti in casa: condannata 33enne
Dopo Clyde è arrivato anche il giorno di Bonnie. È andata oggi, venerdì 22 febbraio, a processo Margherita Ricci, 33enne residente a Nus ed accusata di cinque furti in abitazione, avvenuti in vari comuni della Valle tra il 2014 e il 2017. Al termine dell’udienza, il giudice monocratico Marco Tornatore ha condannato la donna a quattro anni e sei mesi di carcere, assieme a 1.200 euro di multa, per tre episodi, assolvendola invece “per non aver commesso il fatto” per gli altri due.
Relativamente a tre furti, l’imputazione era in concorso con il marito, il 41enne di origini albanesi Anton Dreka, che è già stato giudicato con rito abbreviato, sempre al Tribunale di Aosta, lo scorso 29 novembre, riportando una condanna a tre anni di carcere e 1000 euro di multa. Ai due, la Squadra Mobile della Questura di Aosta era arrivata (arrestandoli nel febbraio 2018) dopo aver riscontrato lo stesso “modus operandi” in diverse denunce presentate, fatto dello sfruttare con scaltrezza le relazioni con le vittime, per carpire le informazioni necessarie a introdursi negli appartamenti, a volte con effrazioni.
In un caso risalente all’ottobre di due anni fa, a Quart, i ladri erano entrati in azione mentre la proprietaria era fuori a cena, la sera prima delle sue nozze. “Ho prenotato telefonicamente – ha raccontato al giudice, testimoniando in aula – e, in quel momento, in casa c’erano solo il mio futuro marito e la Ricci. La conoscevo perché lavorava con me e la avevo chiamata per aiutarmi nelle faccende”. Dall’abitazione erano spariti dei gioielli e, a quanto emerso durante il processo, addirittura i pantaloni da cerimonia di uno degli invitati, ospite in vista della cerimonia.
Negli altri furti per cui la donna è stata condannata, perpetrati nuovamente a Quart e ad Aosta (per una delle due vittime l’imputata aveva lavorato come badante), erano stati rubati dei monili in oro, degli assegni bancari e delle giacche a vento. Il pm Carlo Introvigne, nella sua requisitoria, aveva chiesto al giudice di punire la donna con la pena poi comminatale in sentenza (e una multa di 1.500 euro, più alta di quella applicata). Per gli episodi di Nus, nel 2014 e 2017, è stato lo stesso rappresentante dell’accusa a esprimersi per l’assoluzione dell’imputata, perché era “emerso da subito che non si sarebbe raggiunta la prova” utile a dimostrarne la colpevolezza.
Il difensore di Margherita Ricci ha puntato sulla presenza di “indizi” a carico dell’accusata (come la presenza alla prenotazione telefonica), ma non degli elementi “né gravi, né precisi” previsti dalla legge per una condanna, sostenendo che alcune di quelle emerse nel dibattimento fossero ricostruzioni fantasiose. Una tesi che non pare aver convinto il giudice: con la sentenza di stamane, le imprese dei “Bonnie e Clyde” in salsa nostrana hanno combinato condanne di primo grado per un totale di 7 anni e 6 mesi.