Cadavere in cantina, come è arrivata la svolta nelle indagini
Ancora prima che iniziassero a ricostruirla, arrivando all’iscrizione di una persona nel registro degli indagati, le circostanze stesse del ritrovamento del cadavere di Emanuele Sella, lo scorso 20 giugno, raccontavano agli inquirenti di una storia destinata ad essere racchiusa in una cornice di disagio. Un corpo in una cantina sfitta delle “Case Giachetti”, nel quartiere Cogne di Aosta, ritrovato perché l’olezzo che saliva dal seminterrato era divenuto insostenibile, dopo essere rimasto lì a lungo (quasi un mese, secondo i riscontri iniziali), aveva convinto da subito gli investigatori che altri potessero essere coinvolti nell’accaduto.
I Carabinieri della Compagnia di Aosta, sin dalle prime ore dopo il ritrovamento, avevano lavorato sulle segnalazioni di persone scomparse, ma arrivare all’identificazione non era stato facile: la salma era praticamente decomposta, tanto che l’autopsia disposta dal pm Carlo Introvigne non si era rivelata soddisfacente quanto all’individuazione delle cause della morte. Tuttavia, gli orecchini e la maglietta indossata erano stati riconosciuti senza dubbio dalla ex compagna di Sella, che aveva denunciato la sua irreperibilità.
Dato un nome al cadavere, era venuta a galla un’esistenza dal bandolo della matassa smarrito, negli ultimi anni. Su uno dei profili Facebook dell’uomo appaiono, tra l’altro, le foto di una comunità sulla collina di Aosta, così come quelle di un viaggio in Thailandia, intrapreso dalla fine del 2018 a fine maggio di quest’anno. I mesi trascorsi nel sud-est asiatico sono raccontati, tra l’altro, dal tatuaggio di una “divinità thailandese”, che “dovrebbe portare fortuna e proteggerti”, nonché da una sorta di ricerca di calore umano: l’invito “se volete potete chiedermi l’amicizia”, preceduto da “Star male sono io in Thailandia”.
Sella era quindi tornato in Valle da poco. Dalle ricerche degli inquirenti era emerso che fosse stato notato in giro con alcune persone del quartiere non sconosciute alle forze dell’ordine. Capito che il sottobosco verso cui orientare le ricerche era quello, i detectives della Squadra Mobile della Questura hanno messo l’orecchio a terra, come i “sioux”. Sono così arrivati ad una persona con un racconto che iniziava a fare luce sull’accaduto: prima che il cadavere venisse ritrovato, qualcuno gli aveva chiesto aiuto a spostare un corpo. Lui non si era detto disponibile, convinto di trovarsi dinanzi una millanteria di quelle non estranee alle vie del quadrilatero tra il centro e Saint-Martin.
Tuttavia, quelle parole erano la connessione tra il 46enne Alberto Broglio – che vive nel condominio della cantina del rinvenimento del cadavere – e la morte di Sella. I due, è altresì emerso, appunto si conoscevano. È così scattata l’accusa di occultamento di cadavere e la tela successiva del mosaico, quella sulle circostanze del decesso e sui momenti dopo, gli inquirenti contavano di sentirla nell’interrogatorio dell’indagato in Procura, fissato per ieri pomeriggio. Broglio, già arrestato nel 2007 in una delle varie operazioni antidroga che hanno interessato il quartiere, ha però scelto di non rispondere. Non si è capito se perché non ricordi esattamente i fatti, o in una strategia difensiva mirata a evitare l’aggravarsi della sua posizione.
Non è così stato nemmeno possibile chiedergli conto dello spostamento del cadavere, o se (magari con altri, non ancora individuati) fosse nel luogo in cui Sella è poi stato ritrovato: varie sono le ipotesi al riguardo. Gli inquirenti, nel frattempo, vanno avanti: hanno sequestrato a Broglio il cellulare e sentire le persone con cui ha parlato in quelle ore è il passo che li impegna ora. Sono, inoltre, attesi gli esiti degli accertamenti tossicologici disposti dal pm, dai quali dovrebbero giungere certezze sui motivi della morte del 48enne. Di sicuro c’è che Emanuele Sella, alla ricerca di un rettilineo dopo i tornanti dell’esistenza era finito in un microcosmo ancora più labirintico. Dal quale non è più uscito.