Casinò: nei mutui nessun danno erariale? “Non sono convinto”
Di tempi non parla esplicitamente, ma alla domanda sul deposito dell’appello alla sentenza che ha condannato diciotto politici a risarcire la Regione con 30 milioni di euro, per un finanziamento illegittimo al Casinò, non si sottrae affatto. Per Massimiliano Atelli, nuovo procuratore regionale della Corte dei Conti, “il mese prossimo è molto lontano” come termine. Dopo una breve pausa, aggiunge, “forse, anche la settimana prossima” lo è. Al cronista che conclude “quindi sarà già nei prossimi giorni?”, concede un signorile: “Lascio tirare a lei le conclusioni”, come in fondo è nello stile di un magistrato.
La sensazione, tuttavia, è che “le ultime valutazioni” in cui la Procura regionale è impegnata siano davvero agli sgoccioli e che l’atto destinato alle Sezioni centrali d’appello della Corte sia prossimo a partire. Sull’aspetto che intende impugnare, Atelli non fa mistero: si tratta della “parte in cui la decisione della corte giudicante ha assolto una parte dei convenuti a giudizio, in rapporto – nello specifico – al tema dei mutui contratti”. Nel mirino ci sono quindi tre atti adottati da Giunta e Consiglio Valle, sui quattro inizialmente contestati dall’allora procuratore Roberto Rizzi ai ventun politici chiamati originariamente in giudizio, per un ammontare complessivo di ottanta milioni di euro.
“Non sono convinto fino in fondo – aggiunge il magistrato che oggi guida gli uffici inquirenti di piazza Roncas, richiamando la sentenza dello scorso 25 ottobre – che il danno erariale vada identificato nella restituzione sì, o restituzione no, del mutuo, o della singola rata di mutuo. Io credo che il tema sia piuttosto un altro: se l’idea di impiegare liquidità nel tentativo di rilancio della Casa da gioco fosse, per le condizioni in cui in quel momento versava, un tentativo utile, o ormai già un tentativo inutile”.
A chi osserva che il verdetto dei magistrati Pio Silvestri, Alessandra Olessina e Paolo Cominelli parli senza mezzi termini di situazione economica dell’azienda di Saint-Vincent “gravemente, se non definitivamente compromessa”, tanto da rendere inutile “ogni tentativo di salvataggio attraverso iniezioni finaziarie”, il Procuratore ribadisce che “in quel punto, secondo me, la decisione finisce per avere un po’ meno linearità”, ma “coglie bene il senso profondo di questa vicenda”.
Vale a dire? “Se si pone – aggiunge Atelli – il tema di un disegno strategico di rilancio della casa da gioco, beh, forse quel disegno strategico, in quelle condizioni date, non si può esaurire nella sua reiterata iniezione di liquidità. Ci vuole un ragionamento un po’ più articolato”. Peraltro, tornando sui mutui, ed evocando le conclusioni messe nero su bianco nella relazione di fine mandato dal Consiglio d’Amministrazione rimasto in carica per meno di venti giorni – cioè di una situazione contabile della Casa da gioco tale da lasciar intravedere una restituzione quantomeno affannosa da parte dell’azienda di Saint-Vincent – il Procuratore sceglie la strada dell’astrazione.
“L’intervallo preso in considerazione dal giudizio che ha trovato un primo punto di definizione” con la sentenza di fine ottobre, ragiona, “va dal 2012 al 2015” e “le vicende più recenti si collocano nel momento non immediatamente a ridosso, anche sul piano temporale”. Però, “certo, anche un osservatore terzo e neutrale – che non sia valdostano, che non sia italiano, un osservatore straniero che guarda da lontano queste cose – sarebbe difficile non rimanesse colpito dall’idea che un Consiglio d’amministrazione subentrato ad un amministratore unico, con professionalità di rango accademico nel settore della contabilità e dei conti d’impresa, dopo diciassette giorni traccia un quadro che è stato poi quello reso noto”.
Quanto ai tempi della trattazione dell’appello, Massimiliano Atelli non manca di sottolineare che è “nell’interesse di tutti, dell’economia regionale e dell’opinione pubblica,” che il giudizio “trovi un punto di definizione ultimativo nei tempi più rapidi possibili”. Di tutti, chiarisce a scanso di equivoci, significa “anche di chi è direttamente coinvolto: sia delle persone già uscite condannate, sia di quelle assolte. Credo che la giustizia oggi abbia la responsabilità di essere rapida, senza per questo perdere qualcosa sul piano della qualità del giudizio”, facendo sapere “prima possibile, chi è senza responsabilità, chi ne ha e per quanto”.
Anche perché, di fronte ad “un caso di queste proporzioni” (la contestazione di danno iniziale, pari a 140 milioni di euro, ne fece la seconda contestazione di sempre in Italia, ndr.), va considerato che “si tratta sì della gestione della Casa da gioco”, però sono risorse “di Finaosta, della Regione che, naturalmente, potevano avere una destinazione alternativa e, nei limiti in cui saranno recuperabili, possono ancora” averla in futuro. Senza dimenticare che, “per rimanere all’esistente, ci sono già trenta milioni della condanna di primo grado che, ovviamente, si farà ogni sforzo per recuperare e che, se recuperati, possono essere destinati a impieghi di interesse pubblico, soprattutto di interesse regionale”. In poche parole, soldi della comunità, che potrebbero tornare alla comunità. Tutta.