Concorso ginecologi Usl, confermata in appello la condanna al primario Leo

14 Novembre 2022

Anche per la Corte d’Appello di Torino il primario del reparto di ginecologia-ostetricia del “Beauregard”, Livio Leo (59 anni), è colpevole di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio, in relazione al concorso bandito dall’Usl nel 2017 per l’assunzione di quattro ginecologi. La sentenza di secondo grado, che conferma al medico i 10 mesi di carcere (pena sospesa) inflitti dal Tribunale di Aosta poco più di due anni fa (era il 13 ottobre 2020), è giunta al termine dell’udienza di oggi, lunedì 14 novembre. All’epoca della selezione, Leo era presidente della commissione giudicatrice.

Confermata anche, per il condannato, la liquidazione di 5mila euro all’azienda sanitaria, parte civile nel procedimento con l’avvocato Corinne Margueret. Per un imputato, i magistrati piemontesi hanno rovesciato in parte l’esito decretato dal Gup di Aosta. Un altro medico componente della commissione del concorso, Enrico Negrone (62 anni, all’epoca era in servizio fuori valle), che in primo grado era stato assolto “per non aver commesso il fatto”, è stato giudicato in appello responsabile di abuso d’ufficio, con una pena di 8 mesi di reclusione (con sospensione condizionale e beneficio di non menzione).

Per gli altri quattro imputati, cioè i candidati risultati idonei al termine della prima prova scritta del concorso, poi annullata dall’Usl dopo alcune verifiche interne all’azienda, i dottori Veronica Arfuso, Andrea Capuano, Francesca Deambrogio e Riccardo Fiorentino, la Corte d’Appello ha ribadito l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”. A invocare, per loro, la conferma del pronunciamento di scagionamento giunto nell’ottobre 2020 è stato lo stesso sostituto procuratore generale.

Le indagini erano nate da un esposto dell’allora consigliera regionale Emily Rini. Se n’erano occupati, coordinati dal pm Luca Ceccanti, i militari del Gruppo Aosta della Guardia di finanza. A quanto appurato dagli inquirenti, il test era avvenuto tramite “quiz”, anziché con domande “aperte”, presentandosi così difforme alle norme in materia (da cui l’ipotesi di abuso d’ufficio) e la prova era stata preparata con ampio anticipo sulla data dell’esame, con i quattro concorrenti a conoscenza del suo contenuto (ravvisando quindi la rivelazione di segreto istruttorio).

Dalle investigazioni svolte era emersa, tra l’altro, la sostanziale identità dei voti riportati dai candidati, che Leo – era la conclusione dell’accusa – avrebbe inteso favorire anche per la provenienza professionale comune, in aziende sanitarie del novarese. Uno dei quattro partecipanti risultava, ad esempio, aver compiuto docenze sulle materie scelte dalla commissione per la prova orale (risultate riguardare tutte la stessa complicanza del parto), mentre altri avevano all’attivo pubblicazioni scientifiche sugli stessi organi del primario.

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