Un patteggiamento per il seppellimento di Jessica Lesto
Si è chiusa processualmente, nei giorni prima di Natale, la vicenda del seppellimento del cadavere di Jessica Lesto, la 32enne che era stata ritrovata senza vita lungo la Dora lo scorso 31 maggio. A portare gli investigatori al corpo era stata proprio una delle due persone per cui la Procura aveva chiesto il processo dopo le indagini, il 43enne Patrick Giuseppe Michel Bertucci. Dinanzi al giudice ha patteggiato due anni di reclusione, per l’accusa di soppressione di cadavere.
L’altro imputato è il marito della giovane, Matabara Dia, 37enne senegalese, resosi irreperibile dalla sera dei fatti, quando probabilmente ha intrapreso il viaggio per ritornare al Paese d’origine. Per lui, il procedimento è stato quindi sospeso (deve rispondere anche di maltrattamenti in famiglia). Bertucci, sentito in carcere dal pm Manlio D’Ambrosi aveva spiegato che, assieme all’amico, aveva scavato la fossa per nascondere la salma, dopo che la ragazza era morta – come stabilito dagli accertamenti medico-legali – per un’acuta intossicazione da cocaina, in una notte all’inizio di maggio.
L’accampamento di fortuna in riva al fiume, non lontano dalla piscina di regione Tzamberlet, era considerato dagli inquirenti uno dei luoghi di spaccio nell’ambito di un’inchiesta su un “giro” di crack, eroina e cocaina di cui la stessa Lesto era stata oggetto prima di perdere la vita e che ha condotto a sei misure cautelari (tra le quali, una allo stesso Bertucci, ancor oggi in cella). Nella confessione dell’imputato, lui e Dia avevano compiuto un primo seppellimento, ritenendolo però non sufficientemente profondo.
Successivamente, erano tornati sul luogo, con l’idea di scavare più a fondo, affinché il corpo non potesse essere notato, vista peraltro la vicinanza della zona alla pista ciclabile, parecchio frequentata sia di giorno, sia di sera. Tuttavia, non erano riusciti ad utilizzare più degli oggetti ritrovati dagli inquirenti sul posto, come pentole e rami. Bertucci, tre settimane dopo i fatti, aveva rivelato il nascondiglio, sostenendo di avvertire il peso dell’accaduto. Le indagini erano state svolte in collaborazione tra la Squadra mobile della Questura e il Nucleo investigativo dei Carabinieri.