Coronavirus, al Père Laurent 57 ospiti positivi. Un operatore: “Non siamo stati ascoltati”
“Non è il momento di trovare i colpevoli di questa situazione, che forse tutti abbiamo sottovalutato. Certo che se qualcuno ci avesse dato ascolto, potevamo forse contenere il contagio”. Sono parole di un operatore sanitario del Refuge Père Laurent, che chiede però di rimanere anonimo. Nella struttura, finita sotto i riflettori della Procura di Aosta, sono risultati positivi al coronavirus 57 su 120 ospiti. Fra gli operatori ci sono quattro infermieri positivi sugli otto in servizio (fra dipendenti e liberi professionisti) di cui una ricoverata in ospedale e almeno due Oss positive, una ricoverata in ospedale.
“Avevamo chiesto fin da subito di interrompere le visite e di sbarrare la struttura” ricorda l’operatore “ma non siamo stati ascoltati, si sono limitati soltanto a ridurre gli orari di visita. Allo stesso modo quando abbiamo avuto la prima ospite con febbre, per fortuna in una camera singola, e subito dopo abbiamo appreso che il marito era positivo, abbiamo chiesto di essere dotati dei Dpi necessari, ma ci è stato risposto che così facevamo terrorismo e spaventavamo ospiti e parenti. Siamo stati a contatto con lei, così come con altri che mostravano i primi sintomi, attrezzati solo di mascherine chirurgiche e di guanti.”. Secondo l’operatore sanitario, i dubbi e le paure di chi era a contatto con gli ospiti, più volte manifestati alla direzione della struttura, sono rimaste inascoltati.
“Avevamo già la certezza che diversi ospiti erano positivi, ma siamo sempre stati trattati come se fossimo degli esagerati”. Dei primi quindici decessi avuti in struttura, l’operatore è certo “a parte una signora di 101 anni, le altre morti, per il quadro clinico sono da ricondurre al virus. Avrebbero dovuto far anche a loro il tampone”.
Nel primo pomeriggio di oggi i dirigenti della struttura sono stati convocati in Regione per predisporre azioni finalizzate ad arginare la diffusione del contagio.