Critiche sull’acquisto di turbine idroelettriche, assolto l’ex consigliere Tibaldi
Ad otto anni dall’inizio del giudizio, negli scorsi giorni l’ex consigliere regionale Enrico Tibaldi è stato assolto dalla seconda sezione civile della Corte d’appello di Genova, nella causa intentata dalla Water Gen Power srl, che sosteneva di aver subito una lesione dell’immagine da parte dal politico.
La vicenda risale al 2011, quando Tibaldi – in Consiglio Valle per il Popolo delle Libertà – durante una seduta dell’assemblea, nella discussione di un’interrogazione da lui presentata, criticò le condizioni del materiale acquistato da Cva (in particolare, delle turbine destinate alla centrale idroelettrica di Champagne) e prodotto in Cina, per un valore di 15 milioni di euro.
La fornitura era stata curata da Water Gen Power srl (nel frattempo fallita ed in liquidazione), che aveva quindi chiamato in causa il politico, producendo due articoli di giornali in cui si riportavano passi del dibattito in aula. Il magistrato di primo grado aveva ritenuto effettiva la lesione dell’immagine, condannando Tibaldi a risarcire l’azienda con 10mila euro.
L’ex consigliere ha impugnato la sentenza e i giudici d’appello, nel pronunciarsi per la fondatezza del suo ricorso, partono dal presupposto che è necessario che “la cronaca giudiziaria rispetti la verità dei fatti, anche soltanto putativa; la pertinenza dell’informazione consistente nell’interesse pubblico alla diffusione e conoscenza della notizia; la continenza intesa come utilizzo di una forma linguistica civile e mai offensiva”.
La Corte d’appello “ritiene che tali condizioni minime risultano rispettate negli articoli prodotti e che non sono state neppure esaminate nella scarna motivazione della sentenza” impugnata. Peraltro, si legge ancora, “le critiche avanzate nel testo sono del tutto attinenti a circostanze legate a fatti storici del momento e non contengono attacchi personali, diretti alla lesione dell’immagine della WGP, se non per quanto riguarda le criticate condizioni del materiale fornito”.
Nel ricorrere contro la sentenza di primo grado, Tibaldi aveva lamentato “l’omessa valutazione del contesto nel quale l’appellante ha pronunciato le critiche e, precisamente, nell’esercizio delle proprie funzioni politiche di consigliere regionale e in sede consiliare”, quindi con le garanzie previste dagli articoli della Costituzione e dello Statuto speciale sull’impossibilità di chiamare i consiglieri regionali a rispondere delle opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni.