Da un’agenzia di vigilanza spariti 109mila euro in monete: accusato ex dipendente
Anni di servizio (con pochissime interruzioni per ferie) e di fiducia da parte dei responsabili dell’azienda in cui lavorava, un’agenzia di vigilanza. Poi, a qualche mese dalla pensione, l’improvvisa sparizione, lasciando una lettera di dimissioni. In ufficio, dapprima incredulità, poi (anche a seguito di una risposta confusa dell’ex dipendente, nel frattempo rintracciato) i sospetti e la denuncia. Oggi, mercoledì 31 marzo, a seguito delle indagini della Procura di Aosta, il processo, in cui l’uomo è imputato di furto aggravato, per aver sottratto 109mila euro in monetine dalla ditta.
L’accusa, rappresentata dal Vpo Sara Pezzetto, ha chiesto una condanna a 2 anni e 8 mesi di carcere (e 400 euro di multa). Il giudice Marco Tornatore ha rinviato l’udienza al prossimo 9 aprile, giorno per cui è attesa la sentenza. I fatti risalgono al giugno 2020. L’uomo era addetto alla “conta” quotidiana delle monete ritirate dall’agenzia da una serie di clienti (attività commerciali, banche, ecc…). Una volta contabilizzate le somme, componeva quindi i “blister” che venivano conservati dall’azienda, per essere richiesti nuovamente dai proprietari.
Ognuno aveva valore di 500 euro, ma è in occasione di un conteggio approfondito (alla vigilia del quale avvengono le inattese dimissioni del dipendente) che ci si accorge come in alcuni “blister” non ci fossero monete, ma strisce di carta, di nessun valore. Scattano gli accertamenti e l’ammanco complessivo, iniziato in epoca impossibile da determinare, viene accertato in oltre 100mila euro. Nelle immagini della videosorveglianza, visionate dagli inquirenti, non si vede l’uomo impossessarsi di denaro. Tuttavia, per l’accusa, era l’unico che poteva entrare nella ditta dotato di uno zainetto ed il solo ad avere accesso al caveau non accompagnato.
Inoltre, ha ricostruito la Procura, essendo responsabile anche delle telecamere, era cosciente pure della periodica cancellazione delle memorie, oltre a non aver mai evidenziato gli ammanchi eventualmente riscontrati nel suo operato quotidiano. Il processo è, certo, altamente indiziario. L’imputato ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, che “cristallizza” la decisione del giudice agli elementi presenti nel fascicolo. L’avvocato Jacques Fosson, che difende l’imputato, ha puntato, nel richiederne l’assoluzione, proprio sull’assenza di prove concrete della sottrazione da parte del suo assistito, men che meno nelle immagini acquisite nelle indagini.