Dalla Cassazione l’assoluzione definitiva dell’ex pm Longarini
Assolto. Definitivamente. Dopo oltre quattro anni, l’ex procuratore capo facente funzioni di Aosta Pasquale Longarini vede chiudersi il processo in cui era imputato. La Corte di Cassazione, nella serata di oggi, giovedì 28 ottobre, si è pronunciata per l’inammissibilità del ricorso della Procura generale di Milano, cristallizzando così la non colpevolezza dell’oggi giudice civile ad Imperia, decretata un anno fa dalla Corte d’Appello meneghina. Lo stesso vale per i co-imputati Gerardo Cuomo, imprenditore alimentare del “Caseificio valdostano”, e Sergio Barathier, contitolare dell’Hotel Royal e Golf di Courmayeur.
La vicenda giudiziaria dell’ex pm della Procura di Aosta inizia il 30 gennaio 2017, quando il magistrato viene arrestato. Le accuse nei suoi confronti, scaturite da un’ordinanza di custodia cautelare in cui si parlava di un “intreccio di rapporti”, erano legate, da un canto, all’aver fatto pressioni su Barathier, mentre indagava su di lui per reati fiscali, affinché affidasse le forniture alimentari dell’albergo a Cuomo, facendo così ottenere all’imprenditore “amico” – era la tesi d’accusa, che contestava in questo caso l’induzione a dare o promettere utilità (in concorso tra a tutti e tre gli imputati) – una fornitura da 70mila-100mila euro.
Le altre imputazioni formulate al solo Longarini, cioè il favoreggiamento e la rivelazione del segreto d’ufficio, erano sostenute dalla Procura di Milano con riferimento alle indagini dei Carabinieri che sarebbero poi sfociate nell’operazione “Geenna” sulla ‘ndrangheta in Valle. L’Arma monitorava i rapporti tra Cuomo e il pluripregiudicato Giuseppe Nirta (assassinato in Spagna nel giugno 2017) e, notato il loro brusco interrompersi, la tesi accusatoria era che il magistrato, venuto a conoscenza dell’inchiesta, avesse “avvisato” il grossista alimentare delle “attenzioni” dell’Arma.
Accuse che sono state ritenute infondate in entrambi i gradi di giudizio. Il Gup del Tribunale di Milano Guido Salvini ha assolto tutti gli imputati “perché il fatto non sussiste” il 9 aprile 2019. Nella sentenza, finisce nero su bianco che il fascicolo d’indagine “molto ampio” conteneva elementi “sul piano quantitativo” di “scarso o nullo rilievo” per valutare le accuse. Nemmeno le “numerose intercettazioni e accertamenti patrimoniali bancari su Longarini, Cuomo ed altri soggetti” si presentava “utile in relazione alla prova delle accuse mosse”.
La Procura impugna quel verdetto e il 5 novembre 2020, al termine delle udienze alla seconda sezione della Corte d’Appello di Milano, Longarini e i co-imputati escono nuovamente con un’assoluzione da tutte le imputazioni. Nelle motivazioni si legge stavolta che il processo al magistrato trasferito in Liguria è stato “originato da quanto è stato riferito, contrariamente al vero” da un ufficiale dei Carabinieri (l’allora comandante del Reparto operativo del Gruppo Aosta, il tenente colonnello Samuele Sighinolfi) al pm Roberto Pellicano, che aveva sentito il militare durante le indagini della Procura di Milano su Longarini.
Un giudizio sul quale è arrivato il ricorso della Procura generale meneghina, che ha aperto le porte all’udienza odierna alla Suprema Corte, discussa in mattinata e con l’attesa del pronunciamento successivo alla Camera di Consiglio protrattasi fino alla tarda serata. Longarini, come dal primo grado di giudizio, era assistito dagli avvocati Claudio Soro e Anna Vittoria Chiusano. Cala così il sipario sulla vicenda che aveva, in origine, “decapitato” la Procura della Repubblica di Aosta (con il leader della Lega Matteo Salvini, in Valle in quei giorni, che si recò a parlarne proprio dinanzi a Palazzo di giustizia). Longarini, da stasera, potrà parlare dell’accaduto al passato. E, soprattutto per lui, farlo con indosso la toga che il processo non ha sgualcito.