Stalking dopo la condanna per tentato omicidio, iniziato il processo

09 Gennaio 2024

Si è aperto nella mattinata di oggi, al Tribunale di Aosta, il processo in cui Stefano Corgnier – 43enne già condannato in primo grado per l’accoltellamento di un conoscente all’interno del bar di cui era titolare ad Aosta – è chiamato a rispondere di atti persecutori. La contestazione è relativa a condotte nei confronti di una giovane cui si era avvicinato alla fine del 2021 e che aveva poi scoperto intrattenere una relazione con l’uomo che, secondo l’accusa, lui aveva quindi provato ad uccidere.

La tesi d’accusa è che Corgnier non avrebbe smesso di scrivere alla ragazza, sia tramite la messaggistica WhatsApp, sia attraverso i social network. Sulla base di queste nuove accuse, lo scorso 12 agosto per l’imputato era scattata la misura cautelare della custodia in carcere. Parte dei messaggi – depositati oggi dal legale che assiste la giovane, costituitasi parte civile nel processo, l’avvocato Corrado Bellora – sono stati contestati dalla difesa dell’imputato (gli avvocati Valentina Zancan e Matteo Iotti) perché anonimi.

In aula sono poi sfilati diversi testimoni, tra i quali i genitori della ragazza. “Mia figlia era preoccupata, aveva timore. – ha affermato il padre – Aveva ricevuto sul telefonino dei messaggi sgradevoli, che non le piacevano. Erano quasi tutti anonimi. Erano tanti, mi ha detto”. La madre, invece, ha risposto alle domande del pm Giovanni Roteglia ripercorrendo due occasioni in cui ha riferito di essersi trovata l’imputato in ufficio.

Nella prima, precedente al processo per l’accoltellamento (apertosi nell’ottobre 2022), Corgnier – ha riferito la testimone – si era detto “dispiaciuto della situazione”, sostenendo però “che lui era innocente”, perché “era stato incastrato” (nel procedimento per tentato omicidio, aveva ribadito di essersi difeso e non di avere attaccato l’altro ragazzo). Nel secondo incontro, successivo alla sentenza (pronunciata nel dicembre 2022), “era totalmente diverso”.

“Lui era arrabbiato – è continuata la testimonianza – perché diceva che mia figlia aveva raccontato un sacco di bugie. Me lo ha proprio detto che ce l’aveva a morte con mia figlia. Lui ha detto che stava difendendo un assassino”. Quanto ai messaggi ricevuti dalla ragazza, ha riferito la madre, l’effetto è stato di un profondo stato di ansia, perché “abbiamo cominciato a guardarci intorno”.

“Avevamo paura di trovarcelo davanti a casa. – ha aggiunto – Abbiamo persino pensato di portarla via, in vacanza, fuori Valle. Quando una persona ti dice ‘basta’, è basta. Non è normale ricevere dei messaggi”. L’udienza è stata quindi aggiornata dal giudice monocratico Marco Tornatore al prossimo 6 febbraio, per l’esame dei testimoni citati dalla difesa.

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