Due anni e sei mesi di carcere per il sesso a pagamento nel centro massaggi cinese a Châtillon
Nel processo celebrato oggi, mercoledì 6 giugno, sono stati sentiti in sei. A porte dell’aula chiuse, lontani dagli occhi del pubblico e dalle orecchie dei giornalisti, hanno raccontato ai giudici cosa accadeva nel centro massaggi “Nuova vita”, che aveva aperto i battenti a Châtillon all’inizio dell’estate 2016 e di cui erano clienti. Tutti hanno confermato che di terapeutico, una volta nella saletta dove incontravano delle ragazze cinesi, non avveniva poi molto. Wu Bihong, la 36enne che per il Comune era il gestore dell’attività, ma per la Procura reclutava le “massaggiatrici”, occupandosi anche di pubblicizzarne le “doti” su Internet, è stata condannata a 2 anni e 6 mesi di reclusione, oltre a 500 euro di multa, per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, in violazione della legge “Merlin”.
In realtà, le testimonianze dei frequentatori dell’attività, chiusa da Carabinieri e Polizia locale al termine delle indagini, non hanno fatto che confermare ciò che gli inquirenti avevano assodato negli accertamenti culminati nella denuncia dell'odierna imputata: il centro offriva prestazioni sessuali a pagamento. L’indagine, come ha ricostruito a processo un sottufficiale, era partita dopo che i militari del Nucleo Operativo Radiomobile della Compagnia di Châtillon/Saint-Vincent, notata l’apertura dell’attività (non senza un certo “clamore” in paese), avevano effettuato delle ricerche in rete, trovando annunci con foto di giovani ragazze, che non lasciavano spazio a dubbi. Erano quindi scattate alcune intercettazioni telefoniche, accompagnate dall’installazione di telecamere nascoste nella sala massaggi del “Nuova Vita”.
Da filmati e dialoghi, gli uomini dell’Arma avevano così ricavato che nel centro si prostituivano due donne, anche loro di origini orientali (ma non le stesse presenti nelle foto diffuse in rete). Ogni giorno, era stato ricostruito, ricevevano 4 o 5 clienti, tutti uomini, a tariffe dai 30 ai 100 euro. I soldi non venivano consegnati direttamente alle “massaggiatrici”, che figuravano formalmente quali dipendenti del centro, ma – ha sottolineato l’accusa – li incassava Wu Bihong, ritenuta quindi la vera e propria “maîtresse” della “casa chiusa” nella media Valle. La donna era difesa dall’avvocato Carlo Laganà del foro di Aosta. Il collegio giudicante del Tribunale era composto dai giudici Eugenio Gramola, Marco Tornatore e Paolo Romagnoli. L’accusa era rappresentata dal pm Carlo Introvigne.